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Tag: Bethesda

Prey, ovvero la memoria come parte dell’essere

Prey, ovvero la memoria come parte dell’essere

  • Vito Carluccio

  • 5 marzo 2021
  • noninteragire

Di Prey si è discusso molto da quando è stato rilasciato nel 2017: si è parlato del lavoro incredibile fatto nel level design di Talos I, di quanto il gameplay sia una summa dei migliori immersive sim e di come il game design sia costruito in modo tale da evitare qualsiasi dissonanza ludonarrativa.

In questa sede invece, vorremmo far notare come Arkane sia riuscita a sfruttare la perdita della memoria del protagonista, il più vecchio degli espedienti narrativi, per costruire qualcosa di più profondo.
Il tema centrale di Prey è rappresentato dalla stretta correlazione tra memoria e personalità umana: questo concetto è stato esplicitato magnificamente dal legame tra videogiocatore ed avatar, come mai prima d’ora.

In Fallout New Vegas la perdita della memoria è totale e ci permette di ruolare in modo completo.

Memoria e personalità.

In Prey, prima cosa che viene domandata al videogiocatore è se sia un uomo o una donna: tale scelta non impatterà sul nome del/della protagonista, Morgan Yu. Come il nome “Jack” visto in BioShock e Metal Gear Solid 2 richiamava il “connettore Jack” con il giocatore, qui la connessione con Morgan viene data dal singolare cognome “YU”, ovvero You (“tu” in inglese).

Non c’è nulla di casuale: sia l’anagrafica che la scelta del sesso sono funzionali proprio al discorso sull’interpretazione del ruolo e sul peso della memoria come parte integrante di questo processo.

Il nome del nostro avatar non cambia in base alla scelta del sesso.

Il gioco inizia nell’appartamento di Morgan: ci svegliamo, ci guardiamo intorno, facciamo una doccia, leggiamo le mail o guardiamo la tv. Poi nostro fratello Alex ci chiama: dobbiamo fare dei test.
Sia Morgan che il videogiocatore non sanno bene cosa stia accadendo: si procede per inerzia, seguendo le indicazioni di Alex e del Dr. Bellamy. Gli esami vengono effettuati, e palesemente non avviene quanto previsto: un alieno ammazza il buon Dr. Bellamy. Panico, sveniamo.

Ci risvegliamo sempre nel nostro appartamento, sembra tutto uguale. Ma non è così, qualcosa è andato storto: usciamo dalla caverna di Platone scoprendo una realtà diversa da quella che ci era stata presentata. Eravamo nel Matrix ma ora siamo liberi di muoverci e liberi di scegliere.

Durante i primi passi nel mondo reale ci accorgiamo che Morgan Yu ha perso la memoria, come Geralt nel primo The Witcher, come il capitano di The Outer Worlds o il corriere di Fallout New Vegas. Sembra il classico espediente per permettere di esplorare la stazione di Talos I come se fosse la prima volta sovrascrivendo la personalità di Morgan con quella del videogiocatore: lui non ricorda chi è, sono io che scelgo per lui.
In parte è così, ma Prey va oltre. Nel corso dell’avventura saranno svelati i motivi per il quale Morgan fosse rinchiuso lì in appartamento, in quel ciclo di test infinito. La vecchia personalità di Morgan tornerà a disturbare l’avatar, le scelte e l’interpretazione del ruolo.

Siamo sicuri che la scoperta dell’inganno dietro l’appartamento di Morgan sarà ricordata negli anni a venire.

Morgan è co-proprietario insieme ad Alex della Transtar, una società pioneristica nel campo della tecnologia e creatrice delle neuromod: questi gingilli futuristici non sono altro che dei chip da impiantare nel cervello, creati con lo scopo di acquisire conoscenza istantaneamente. Vogliamo imparare a suonare il piano? C’è una neuromod. Vogliamo apprendere grandi nozioni di matematica o fisica? C’è una neuromod. Tutto questo però ha un costo: se un domani volessimo disinstallarne una, perderemmo all’istante tutti i ricordi accumulati dal momento in cui ci è stata impiantata. Inoltre, alcune neuromod potrebbero avere malfunzionamenti, l’organismo potrebbe rigettarle o magari ci si può semplicemente stufare di suonare l’arpa. In tutti questi casi, se si dovesse scegliere di rimuovere il chip, si perderebbero parte dei propri ricordi, parte di se stessi. Per approfondire il senso, dobbiamo scomodare la psicologia e il concetto di memoria autobiografica.

Grazie alle neuromod, un pianista affermato può trasmettere la sua abilità ad una persona che non ha mai studiato musica.

Come è ben noto, la memoria e i nostri ricordi sono parte integrante della nostra personalità: saremmo quelli che siamo se non avessimo avuto una certa infanzia? O se dieci anni fa non ci fossimo lasciati con il nostro fidanzato? Questo concetto è definito come memoria autobiografica.
In pratica, le informazioni desunte dalla propria storia di vita diventano un archetipo che dirige la capacità di decidere per il presente e per il futuro, fungendo da ancora a cui l’individuo può aggrapparsi nei momenti di incertezza (Baddley, 1988; Bluck e al., 2005).
L’insieme di tutte queste informazioni – di tutti i nostri ricordi, esperienze e memorie – costituisce il bagaglio di conoscenza che ognuno di noi possiede contribuendo alla costruzione della nostra personalità. Il nostro carattere, il nostro io, dipende dalle nostre memorie e dalle nostre esperienze.

In psicologia si studia la memoria autobiografica e la sua relazione con la rappresentazione del sé.

Chi è Morgan Yu?

Proseguendo nel gioco, scopriamo che Morgan si era offerto volontario per testare varie neuromod, tra cui quelle ricavate da un organismo alieno, i Typhon. Queste applicazioni sperimentali hanno l’obiettivo di sbloccare abilità estranee all’essere umano: non più suonare la chitarra ma utilizzare la psicocinesi o la telepatia, trasformarsi in qualsiasi oggetto e altre stupefacenti capacità.

Morgan, sottoponendosi a questi continui montaggi e smontaggi di neuromod, ha compromesso la propria memoria e personalità.

Grazie alle neuromod basate sui Typhon è possibile acquisire la loro capacità di imitare degli oggetti.

In Prey, il concetto di memoria come base per costruire il proprio io viene portato allo stremo dai tre operatori che possiamo incontrare sulla stazione: October, December e January. Ognuno di essi conserva un pensiero specifico di Morgan in un preciso momento durante gli esperimenti. Possiamo supporre che le ripetute cancellazioni della memoria che ha subito Morgan l’abbiano portato a diverse reazioni e considerazioni su quello che gli stava accadendo: se consideriamo la memoria e i ricordi come base per la costruzione della propria personalità possiamo pensare che ogni nuova cancellazione, potenzialmente, vuol dire una nuova personalità.
Nel concreto, il gioco ci mette a conoscenza di almeno tre personalità differenti di Morgan attraverso gli operatori costruiti da Morgan stesso, e potrebbero essere solo alcune di quelle effettivamente sviluppate. Per quanto ne sappiamo i tre operatori potrebbero essere gli unici rimasti e non necessariamente gli unici che Morgan sia riuscito a costruire.

Il montaggio e lo smontaggio continuo di neuromod ha danneggiato irrimediabilmente i ricordi e l’essenza di Morgan Yu.

October è il primo operatore, quello più “anziano” che vediamo nel gioco: in realtà non è fisicamente presente nella stazione perché nel momento in cui giochiamo è già stato distrutto. Veniamo a conoscenza della sua esistenza solo tramite un file audio chiamato “se le cose dovessero mettersi male”.

Morgan Yu: Ok. Quindi la mia voce è ovviamente familiare. Probabilmente sembra più stanca del solito. Non finisco mai di creare stanze e protocolli per testare le nuove mod. Il rischio è notevole. Ma se ci riusciremo, copiare le reti neurali dai Typhon alle menti umane cambierà tutto. Così, mi sto mettendo nel Simulatore. Ho fatto tutto il possibile per assicurarmi di non finire lobotomizzato. Un’ultima misura di sicurezza: Permettetemi di presentarvi October. Dì Ciao.

October: ​​Salve, dottor Yu.

Morgan Yu: October ti aiuterà a ricordare cosa dovresti fare se le cose dovessero mettersi male.

October: ​​una volta iniziati i test non si torna indietro. Se- quando disinstallano le mod e ripristinano il test, mi riavvolgerà. Dimenticherò tutto.

Morgan Yu: Teoricamente potrebbero farmi rivivere lo stesso giorno più e più volte e non lo saprei mai. Se stai ascoltando questo, probabilmente è quello che è successo. Significa anche che non so se posso fidarmi di mio fratello. Ad Alex non piacerà quello che ho da dire dopo. Ho iniziato a progettare un prototipo di Null Wave abbastanza forte da uccidere tutti i Typhon su Talos I. Ho nascosto una copia del piano in cima alla torre dei dati vicino alla sedia spaventosa. Sai quello di cui sto parlando. Alex ha accettato di esplorare l’idea … ma conosco mio fratello. Primo segno di guai, preferirebbe far saltare tutto in aria e incolpare qualcun altro. Quindi, probabilmente sei da solo. C’è molto in gioco qui. Troppo tardi per ficcare la testa nella sabbia. Sai cosa fare.

Se le cose dovessero mettersi male.

October racchiude il pensiero di Morgan prima di iniziare i test: non si fidava pienamente di suo fratello Alex e l’ha sviluppato proprio per avvisare sé stesso nel caso avesse perso la bussola in seguito alle rimozioni delle neuromod. Sta al fruitore, poi, negare la fiducia ad Alex e detonare la bomba nullwave in grado di spazzare via l’organismo Typhon dalla stazione.

L’operatore December è stato costruito clandestinamente da Morgan durante il periodo in cui era sottoposto ai test. Ormai non era più lo stesso Morgan calcolatore e freddo che ascoltiamo nel file audio in cui ci presenta October. In December, Morgan pone un messaggio molto più semplice e diretto: scappare dalla stazione.
Probabilmente, durante i test è accaduto qualcosa: le neuromod installate potrebbero aver mostrato a questa versione di Morgan dei poteri orribili, oppure potrebbe essere stato sottoposto a torture. Ancora, potrebbe aver semplicemente notato dei comportamenti ambigui da parte del fratello: non possiamo saperlo. Al contrario, siamo coscienti del fatto che Morgan abbia vissuto delle esperienze negative e, seguendo il concetto di ricordo autobiografico, abbia sviluppato un altro carattere, o quantomeno una nuova sfumatura della sua personalità. Il giocatore potrebbe seguire quindi le indicazioni di December, scappando dalla stazione.

Infine abbiamo l’operatore più complesso e più recente: January. Quest’ultimo è stato costruito da Morgan proprio per aiutarlo ad uscire dal loop dei test; in effetti, è proprio grazie a January che il giocatore riesce a ricordare quello che è successo con il Dr Bellamy all’inizio del gioco.
Di nuovo, è appannaggio del videogiocatore seguire le indicazioni di January e distruggere sia Talos I che lo stesso Morgan Yu.

Se il Morgan di Ottobre era un freddo calcolatore, pronto a detonare la nullwave e distruggere i Typhon senza compromettere la stazione, quello di Gennaio era pronto a far saltare la stazione di Talos I, suicidandosi insieme all’equipaggio per insabbiare le ricerche sulle neuromod Typhon.
Nel mezzo abbiamo Dicembre: Morgan è nel panico e pensa solo a sé, volendo scappare via sulla Terra per lasciarsi alle spalle la stazione e tutte le ricerche.

L’autentica personalità di Morgan non esiste più: le nuove esperienze e i nuovi ricordi hanno creato almeno tre versioni di se stesso, con tre diverse personalità.
Ed qui che entriamo in gioco noi: il giocatore non è altri che una nuova personalità di Morgan, creata in base ai ricordi che abbiamo, in base alle conoscenze che acquisiamo durante il gioco e materialmente svincolati dal Morgan originale.

Potremmo scoprire October, December e January durante la nostra partita e potremmo decidere di non seguirne nessuno. Potremmo costruirci la nostra nuova identità, la nuova personalità di Morgan Yu (you). Morgan siamo noi.

Gli operatori ci forniscono delle linee guida sulla base dei vecchi spunti dati da Morgan, ma saremo noi a scegliere.

Sfruttando il concetto di memoria autobiografica, Arkane è riuscita ad inserire il giocatore nella narrazione in maniera naturale ed originale: le scelte del videogiocatore non potranno mai tradire il personaggio e non potranno mai creare dissonanze proprio perché è diventato legittimamente il nuovo Morgan. In base ai ricordi e alle informazioni che troveremo sulla stazione potremo plasmare la sua nuova personalità, interamente basata sulla singola esperienza, conoscenza e moralità di colui che è al di là dello schermo.
Ad esempio non è obbligatorio incontrare October o December; January direbbe al videogiocatore di distruggere tutto e suicidarsi, ma non per questo sarebbe doveroso seguirlo. Si potrebbe benissimo decidere di aiutare Alex, di uccire il Dr. Igwe, di salvare Mikhaila o di ignorare tutti e tirare dritto. Allo stesso tempo, sarebbe possibile scegliere quali neuromod utilizzare o di non utilizzarle affatto. Una volta compreso il funzionamento e la natura delle neuromod, non sarebbe strano accantonarle in virtù di valori etici e scelte personali: il gioco lo tiene in conto.

Talos I è piena zeppa di scelte e decisioni, piena di personaggi con cui si può interagire scegliendo se e come farlo.  Un capolavoro di scrittura, possibile solo attraverso i videogiochi.

Fine e inizi.

[DISCLAIMER: SPOILER ALERT]

Anche il plot twist si incastra perfettamente in questo complesso di meccaniche: dopo aver preso la scelta conclusiva, il risveglio avverrà in una stanza un po’ decrepita, avendo di fronte un Alex leggermente invecchiato. In quel momento, il videogiocatore scopre di essere un Typhon.

Nel finale le nostre scelte saranno giudicate: Alex sembra quasi un Game Designer che valuta il nostro operato.

L’intera avventura non è stata altro che una simulazione costruita da Alex: un videogioco. Appare chiaro che Alex abbia cercato di cancellare la memoria ad un Typhon, impiantandone i ricordi di Morgan e cercando di cambiargli la personalità.
Il suo intento era quello di costruire una personalità pacifica in un Typhon, sfruttando il concetto di ricordo autobiografico. Non a caso sarà soddisfatto solo se il videogiocatore ha scelto di aiutare gli esseri umani e rifiutare in larga parte le neuromod Typhon; se dovessimo arrivare al finale dopo aver ucciso gran parte dell’equipaggio, magari ottenendo diversi poteri Typhon, saremo uccisi a nostra volta perché incapaci di realizzare l’obiettivo che Alex si era prefissato. Dopotutto, non è riuscito ad addomesticare l’alieno.

Questo finale chiude perfettamente la riflessione sui ricordi e sulla stretta relazione che hanno con la personalità di un individuo. Scoprire di essere un Typhon non cancella quello che abbiamo fatto: le nostre esperienze, i nostri ricordi, la nostra conoscenza e la nostra moralità determinano chi siamo, non la semplice nascita.

VC


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