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Chibi-Robo e la non violenza nei videogiochi

Chibi-Robo e la non violenza nei videogiochi

  • Luca Rungi

  • 26 maggio 2023
  • noninteragire

Fin dagli albori del medium, uno degli obiettivi più popolari e diffusi nei videogiochi è stata la prevaricazione o la distruzione fisica di un qualsivoglia avversario o antagonista, diffusa in così tanti generi e contesti diversi da rendere una constatazione così elementare quasi nebulosa col passare del tempo. Se al termine “nemico” sostituiamo quello di “avversario”, persino Pong è riconducibile a questa macro categoria. Certo, in ogni caso nessuno si è mai fatto del male (escluse eventuali baruffe extra-diegetiche, chiaramente), ma l’obiettivo della prevaricazione su quelle che sono le proiezioni digitali degli altri utenti è comunque una costante tuttora diffusa.1

È più che naturale che ogni tanto, quindi, qualche game designer abbia espresso il desiderio di ribaltare gli equilibri, di mettere invece al centro dei gesti che comunicassero bontà, generosità, amore e cooperazione. Chibi-Robo (GameCube, 2005-2006) non ha assolutamente il primato in questo intento, ma ne rappresenta probabilmente uno fra gli esempi più curiosi e intriganti. Concepito in origine come avventura punta e clicca, fu l’interesse del produttore di casa Nintendo Kensuke Tanabe a farlo uscire da una situazione di stallo a causa dell’abbandono da parte di Bandai. Dopo averlo portato all’attenzione di niente meno che Shigeru Miyamoto, il “padre dei videogiochi” rimase colpito dal robottino di casa Skip e decise quindi di adottarlo a tutti gli effetti, assicurandosi che venisse finanziato e pubblicato dalla casa di Kyoto. Il gioco, nel frattempo, cambiò anche genere, diventando un’avventura in terza persona.

Telly Vision non perde tempo e mette subito in chiaro quale sarà la nostra missione nel corso dell’avventura.

Questo titolo tutto da scoprire, e che ha fatto riscoprire la gioia del videogiocare a chi scrive in un momento di profondo sconforto nutrito proprio verso il medium, si pone l’obiettivo non solo di ridimensionare completamente il ruolo della violenza nella sua struttura, ma persino di rendere divertente e appagante il fatto di dare una mano nelle faccende domestiche. Nel mentre, Chibi-Robo riesce a rendere intrigante l’esplorazione della dimora della famiglia Sanderson grazie a degli escamotage che tratteremo a tempo debito. La famiglia di cui dovremo occuparci (i Sanderson, appunto) sta passando un momento piuttosto delicato, e le tematiche affrontate dall’opera di Skip creano un gusto agrodolce del tutto particolare una volta affiancate allo stile grafico vivace e dai colori accesi che lo contraddistinguono.

Questo articolo sarà strutturato in modo da contenere informazioni sensibili riguardo la trama solo in un’ultima sezione debitamente segnalata, in modo da non rovinare l’esperienza a chiunque voglia scoprire questo titolo purtroppo passato in sordina fin dal giorno della sua pubblicazione. Proseguite pure la lettura senza paura. O, perlomeno, per un po’!

La scuola Love-de-Lic

A proposito di videogiochi non violenti, e per rimanere in tema a più livelli con Chibi-Robo, è doveroso citare sicuramente la trilogia sviluppata dallo studio Love-de-Lic (ラブデリック), così battezzato in onore dell’album Technodelic, 1981, degli Yellow Magic Orchestra. Lo studio, fondato da Kenichi Nishi nel 1995, riuscì a lanciare sul mercato giapponese tre titoli prima della chiusura:

  • Moon: Remix RPG Adventure (PlayStation, 1997)
  • UFO: A Day in the Life (PlayStation, 1999)
  • L.O.L.: Lack of Love (Dreamcast, 2000).

In particolare, Moon: Remix RPG Adventure rappresenta un esempio perfetto del tentativo di ribaltare i canoni, di mettere pesantemente in discussione le fondamenta del genere JRPG e il tutto, alquanto intrigante, per opera di diversi ex sviluppatori Square che, di conseguenza, avevano contribuito a reiterare le stesse nei progetti precedenti di punta della società giapponese ora nota come Square Enix. E non è tutto: Moon: Remix è stato infatti ripubblicato nel 2021, con tanto di traduzione in lingua inglese, ed è disponibile per Nintendo Switch, PS4, MAC e PC.

Le copertine dei tre giochi realizzati dallo studio Love-de-Lic.

Cosa succede davvero in un gioco di ruolo giapponese una volta che il giocatore non impersona più l’eroe di turno? Le gesta mostrate al giocatore sono davvero la realtà? Qual è il destino dei nemici sconfitti senza remore alcuna? Queste sono le domande che si pone Moon: Remix, un titolo che già nel 1997 costringeva i giocatori a interagire col suo mondo e i suoi personaggi in maniera molto diversa dal solito. Un tratto, questo, che troviamo anche proprio in Chibi-Robo.

Purtroppo, come anticipato, lo studio Love-de-Lic dopo la trilogia sopracitata sarà costretto a chiudere i battenti a causa dello scarso successo delle loro opere. Kenishi Nishi fonderà quindi un altro studio: Skip Ltd. È proprio in questa realtà che si troverà a co-dirigere Chibi-Robo insieme a Hiroshi Moriyama. Oltre a Skip, l’esodo dallo studio sfortunato farà nascere altre realtà come Punchline, in cui un certo Yoshiro Kimura2 sempre per rimanere in tema di giochi pacifici, creerà un videogioco totalmente incentrato sulla meccanica del bacio: Chulip3 (PlayStation 2, 2002). È degno di menzione, e piuttosto curioso, come egli sia anche la mente dietro una prima “bozza” di un titolo di cui si è parlato molto in Italia (seppur per le ragioni sbagliate): Rule of Rose (PlayStation 2, 2006). Se siete interessati a una panoramica più ampia dei videogiochi e dell’eredità dello studio Love-de-Lic, vi rimandiamo a un video splendido del canale italiano tutto da scoprire di Gekigemu.

Anche Chulip straripa di scuola Love-de-Lic e, come per Chibi-Robo, le musiche sono firmate da Hirofumi Taniguchi. Ne parleremo a tempo debito!

Per l’economia di questo articolo, invece, gli elementi che si ritrovano in Chibi-Robo riconducibili a questa filosofia di sviluppo sono sicuramente i seguenti:

un ciclo giorno/notte in cui si inseriscono routine diverse sia dei personaggi umani che dei giocattoli presenti nella storia. Talvolta, questo si traduce nel bisogno di dover rispettare degli appuntamenti, dai criteri temporali più o meno stringenti a seconda del titolo, al fine di poter proseguire nell’avventura. Chibi-Robo, nel merito, è di maglia larga in quanto alterna azioni da dover/poter compiere nelle ore diurne o notturne.

Un limite all’esplorazione effettuabile dal giocatore all’inizio dell’avventura puntualmente contestualizzato, in modo da permetterci di familiarizzare con l’ambiente in maniera graduale;

Un’interazione con l’ambiente e i personaggi particolare, che costringe ad adottare e a sviluppare un nuovo modo di relazionarsi sia con lo spazio che con gli attori che vi si trovano. Il giocatore è spinto a entrare in sintonia, a conoscere e ad aiutare gli altri attori della storia sempre tramite approcci e processi positivi o, comunque, di natura non violenta.

A ciascun personaggio è assegnato un gruppo di suoni, o per meglio dire “versetti”, riprodotti in maniera casuale durante i loro dialoghi, che quindi risultano intellegibili solo grazie ai sottotitoli. Ciò permette una caratterizzazione particolare e ulteriore, che può permettersi di andare al di là di ciò che potrebbe essere il semplice timbro o l’accento del doppiaggio tradizionale sfociando, tra l’altro, in derive anche comiche, e talvolta squisitamente grottesche, inaspettate.

Un piccolo robot, grandi responsabilità

È sera, e la famiglia Sanderson, cane Tao compreso3, è riunita intorno al tavolo del soggiorno per un’occasione molto speciale: l’ottavo compleanno della loro figlia Jenny. L’atmosfera è allegra e animata e la tavola è imbandita di bevande, cibi vari e una torta molto invitante. Eppure, fin da subito appare qualche ombra nel rapporto di questa famiglia: la moglie Helen, per esempio, rimprovera al marito i soldi spesi non appena scopre il regalo che il marito George ha preso per la figlia. Inoltre, Jenny indossa un costume da ranocchia e non parla mai, rispondendo sempre invece col gracidio di una rana (“Ribbit! Ribbit!”), un comportamento che viene rimproverato in maniera leggera sempre dalla madre. Il padre George, invece, sembra molto più spensierato e con una atteggiamento laissez-faire. Da cosa deriva tutto ciò? Difficile dirlo ancora, e tuttavia Chibi-Robo, fin da subito, mette in bella mostra alcune crepe del rapporto della famiglia Sanderson e che verranno sempre più a galla col proseguire dell’avventura.

La prima scena di Chibi-Robo è perfetta per calarci nel contesto della storia a più livelli.

Come potete immaginare, il regalo molto costoso che George ha deciso di fare a Jenny (ma probabilmente anche a se stesso) siamo proprio noi: un Chibi-Robo! Quanti videogiochi conoscete in cui impersoniamo un regalo di compleanno? E non un regalo qualunque, ma un robottino iper-tecnologico e pieno di risorse prodotto dalla Citrusoft Robotics in grado di aiutare nelle faccende di casa. E non è tutto! Compreso nel prezzo è presente anche il nostro manager svolazzante Telly Vision, che di fatto si occuperà di parlare per noi. Chibi-Robo, infatti, è in grado solo di dire di sì e di no (a discrezione del giocatore, ben inteso) facendo uscire un simpatico cartello dalla testolina metallica. Una testolina che, tra l’altro, a quanto pare è in grado di miniaturizzare gli oggetti raccolti a dismisura e che fungerà da inventario.

Dopo un’entrata in scena con tanto di luci e musica, Telly Vision verrà assalito da un tormento incredibile: siamo arrivati nel mezzo di una festa di compleanno a mani vuote! In quella che è a tutti gli effetti una piccola fase di tutorial ben congegnata, Chibi-Robo non dovrà fare altro che salire su un paio di oggetti posti sul tavolo e recuperare una rosa da dare in dono a Jenny. Sarà proprio questo piccolo gesto la fonte dei nostri primi punti felicità (Happy Points), una risorsa che ci permetterà di scalare una classifica condivisa con tutti gli altri robottini della Citrusoft. A scanso di equivoci, questa classifica non è condivisa con gli altri giocatori, ma si tratta di un modo simpatico ed efficace di spingerci a fare del nostro meglio in quanto, una volta raggiunti alcuni traguardi, verremo ricompensati con batterie più capienti che permetteranno esplorazioni più lunghe prima di doverci ricaricare tramite le prese di corrente (pena il collasso temporaneo, con tanto dispiacere e fiumi di lacrime di Telly Vision). Tutte le prese di corrente presenti nel gioco, tra l’altro, fungono anche da punti di salvataggio.

In quanto regalo di compleanno di Jenny, saremo incoraggiati a interagire con lei fin da subito. La figlia dei Sanderson è inoltre la protagonista di una quest secondaria che spingerà all’esplorazione della casa, oltre naturalmente ad avere un arco narrativo tutto suo.

I punti felicità vengono elargiti piuttosto spesso a fronte di qualsivoglia azione positiva, come togliere una macchia dal pavimento o buttare una cartaccia in un cestino; oltre a ciò, ogni tanto saremo ricompensati con la valuta presente in gioco, ovvero i Moolah (recuperabili anche tramite l’esplorazione), da usare nel negozio presente nella Chibi-House. Questa non è altro che la “confezione” tecnologica in cui torneremo per verificare la nostra posizione in classifica al termine di qualsiasi ciclo diurno o notturno (così come dopo un game over “energetico”). Oltre ad acquistare eventuali strumenti e oggetti, al giocatore è data la possibilità di variare la durata dei cicli diurni e notturni (5, 10 o 15 minuti) semplicemente comprando l’oggetto corrispondente a un prezzo più che politico.

Tuttavia, la fonte più intrigante di questi punti felicità è probabilmente l’interazione con la famiglia Sanderson (cane compreso) e con i giocattoli sparsi per la casa, che si animeranno ogniqualvolta non ci saranno esseri umani nei paraggi. Ciascuno di essi è caratterizzato deliziosamente sia a livello musicale che a livello di personalità, e non mancheranno di strappare qualche sorriso, sorpresa e, perché no, anche un piccolo momento di commozione. Come avrete forse già intuito, il punto sarà quello di capire ciò che li turba e portare anche a loro un po’ di gioia. E non è tutto: Chibi-Robo, infatti, riesce persino a infilare un paio di messaggi inaspettati in serbo per chi porterà a termine l’avventura.

Questioni di prospettiva

Tanto per essere chiari e fugare ogni dubbio, tutta l’avventura di Chibi-Robo si svolge all’interno della casa dei Sanderson, giardino incluso. Gli spazi esplorabili, di per sé, non sono molto numerosi: si tratta, dopotutto, di una casa a due piani abbastanza nella norma (per quanto deliziosamente realizzata). E tuttavia, ciò che rende accattivante persino girovagare sulla superficie di un tavolo o sui fornelli della cucina sono, banalmente, le dimensioni stesse del nostro avatar. Chibi-Robo è infatti alto appena dieci centimetri, e chi di dovere a Skip non si è lasciato sfuggire questa opportunità per dare una marcia in più all’esplorazione: ci troveremo infatti ad aprire file di cassetti pieni per formare dei gradini e raggiungere posti più elevati; ci arrampicheremo sul cavo di una lampada per raggiungere ripiani per poi planare dolcemente grazie al “chibi-cottero” verso luoghi altrimenti inaccessibili; anche gli oggetti sparsi sul pavimento e persino i pomelli dei cassetti potranno costituire un punto di appoggio. Insomma, fin da subito risulta lampante come le aree della casa siano state realizzate a misura di Chibi-Robo, rendendo l’esplorazione mai scontata e spesso piacevole.

La visuale in prima persona mostra anche gli oggetti chiave disposti nell’area, il che è un’ottima cosa considerata la prospettiva limitata del nostro avatar. Da notare anche il contatore della batteria in basso a destra.

Le nostre primissime deambulazioni inoltre, come anticipato, sono limitate da una batteria energetica contenuta (oltre che al soggiorno di casa), ma che potrà essere potenziata in men che non si dica dandosi giusto un poco da fare nelle pulizie. Questa scelta fa un grande favore sia al gioco che ai giocatori, in quanto valorizza al massimo i primissimi luoghi esplorabili e costringe, ma senza farlo pesare, a sviluppare un approccio consapevole ed efficiente con il nostro avatar. Ogni azione di Chibi-Robo, infatti, consuma energia gradualmente, costringendoci quindi a fare delle scelte di economia, a pianificare le nostre prime micro-esplorazioni e a familiarizzare quindi con l’ambiente come meglio crediamo ma, comunque, in libertà. Come possiamo raggiungere la sommità del divano? E quel ripiano laggiù?

E anche curioso e ingegnoso notare come il titolo usi talvolta la spazzatura da raccogliere come “faro”, spronandoci a perlustrare sempre nuovi angoli in virtù del nostro compito. Portare felicità? Beh, sì. Ma anche raccogliere rifiuti e pulire le macchie su pavimenti e muri. Per nostra fortuna, grazie a un marito poco attento e a un cane Tao iperattivo, la casa si sporcherà puntualmente ogni giorno, dandoci sempre un sacco di opportunità per scalare la classifica e di guadagnare qualche soldo mentre ci rechiamo verso la prossima destinazione. Man mano che si andrà avanti nella trama subentrerà anche qualche minigioco in modo da spezzare la routine; inoltre, da un certo punto in poi potremo piantare e far crescere delle rose da dare in dono a Helen o Jenny.

Sophie è il primo giocattolo animato che incontreremo. Nel pieno delle turbe amorose per un altro balocco della casa, offrirà da subito diversi spunti comici.

Come anticipato poco fa, il soggiorno costituisce una specie di tutorial allargato ma comunque fondamentale nell’avviare i primi eventi della trama, un luogo strutturato consapevolmente e che ci permetterà di familiarizzare (nonché apprezzare) i controlli una volta per tutte e anche di incontrare i primi esemplari di giocattoli animati. Ma anche questo limite spaziale sarà presto rimosso, permettendoci di esplorare gradualmente anche il resto della casa per conoscere tutti i giocattoli (e non solo) strambi e memorabili che la abitano. Oltre ad approfondire, naturalmente, l’equilibrio molto precario in cui si trova quella che piano piano diventerà anche la nostra famiglia.

E tuttavia, finora abbiamo trascurato probabilmente uno degli aspetti che rende Chibi-Robo un gioco molto particolare non solo da giocare, ma soprattutto da ascoltare. Oltre ad avere una colonna sonora strepitosa ed eclettica per opera di Hirofumi Taniguchi, il titolo si avvale di un approccio estremamente originale dal punto di vista degli effetti sonori.

La musica dei gesti

Quello di Hirofumi Taniguchi è un nome che si trova spesso dietro alle colonne sonore di altri titoli della scuola Love-de-Lic (come i già citati Moon, UFO e Chulip), ma egli in realtà si è fatto valere anche nell’ambito di videogiochi ben più noti di casa Konami quali Suikoden, Castlevania e Contra. Una carriera di tutto rispetto insomma, e il suo spirito musicale estremamente eterogeneo ben si sposa con la filosofia di Chibi-Robo. Come già accennato, ogni personaggio possiede il proprio tema musicale personale, puntualmente diverso rispetto agli altri sia nel genere adottato che nell’estro più o meno eccentrico eppure, puntualmente, in grado di costituire una costellazione musicale coesa ed efficace una volta affiancato al resto dei brani presenti nell’opera. Passare da una sigla da super sentai a brani di tutt’altro estro e respiro è la norma per Taniguchi.

Taniguchi dimostra di aver compreso appieno lo spirito di questo gioco, riuscendo ad andare ben oltre il semplice compito di realizzare una colonna sonora di tutto rispetto e accattivante. Non appena il simpatico robottino farà la sua primissima apparizione a schermo, infatti, farà sentire subito il suono dei suoi passi. No, non stiamo parlando di impatti semplici e discreti, ma bensì di note musicali vere e proprie, coerenti con la tonalità della traccia che accompagna l’azione. Inoltre, lo strumento musicale che darà voce alle esplorazioni di Chibi-Robo cambierà a seconda della superficie: avremo, per esempio, degli archi pizzicati per il pavimento e il suono morbido di una fisarmonica per le superfici accomunabili a questo aggettivo.

Lo spazzolino non è un oggetto qualunque: è infatti a forma di Space Hunter Drake Redcrest, il superoe preferito del padre di Jenny (che incontreremo ben presto in forma di giocattolo).

Ma poteva forse fermarsi qui l’ingegno di Taniguchi? Certo che no! La sua intenzione era infatti quella di restituire l’idea di un protagonista robotico, ma comunque in grado di compiere delle azioni inaspettate e originali: per questo motivo, qualsiasi gesto compiuto da noi sarà puntualmente accompagnato da piccoli motivetti composti da strumenti musicali e rumori meccanici solo sporadicamente, in cui l’altezza delle note sarà sempre coerente con la “direzione” dell’azione compiuta: quando si raccoglie un oggetto da terra per poi riporlo nella nostra testolina metallica, per esempio, il punto di riferimento per il “percorso” musicale sarà il movimento dell’oggetto stesso nello spazio.

A seconda dell’accessorio usato per rimuovere la macchia di turno, inoltre, Taniguchi provvede a impiegare uno strumento e un motivetto musicale diversi sempre puntuali che non potranno che farvi sorridere: strofinare il pavimento con uno spazzolino da denti, per esempio, scatenerà alcuni arpeggi deliziosi di chitarra classica. Tornando al suono dei passi, non è un caso che i temi di sottofondo del ciclo diurno e notturno non abbiano melodia: siamo infatti noi stessi, mentre giochiamo, ad andare a riempire quello spazio.

Tutta questa attenzione nel far risuonare le azioni del nostro avatar in maniera così vivace e allegra è profondamente coerente con quella che è la missione principale di Chibi-Robo: portare la felicità. E lo è talmente tanto da infrangere lo schermo e riuscire a portarla anche ai videogiocatori. Chi ha avuto dei cuccioli di animali da compagnia in casa sa benissimo come il semplice vederli scorrazzare in giro porti il buon umore e a posare uno sguardo nuovo anche su luoghi in cui siamo cresciuti. Chissà, forse Taniguchi pensava anche a questo mentre, giorno per giorno, andava a costruire questo amalgama di musica ed effetti sonori memorabile. Non bisogna scordare, inoltre, come Chibi-Robo non possa parlare direttamente con gli altri personaggi. Si può quindi concludere, probabilmente, come siano i suoi gesti, tradotti appunto in note musicali, a parlare per noi.

Quando Chibi-Robo solleva la sua spina viene riprodotto questo motivetto. Ora concentratevi sugli spinotti e provate a immaginare un pentagramma dietro alle immagini di gioco. Chiaro il ragionamento, no? Tutti i suoni dell’interfaccia di gioco, inoltre, sono vocalizzi di Taniguchi stesso.

Se leggendo fino a questo punto vi siete incuriositi anche un poco su questo titolo, noi non possiamo che esserne più che lieti.5 La storia di questo piccolo capolavoro semisconosciuto di Skip difficilmente potrà deludervi, grazie a un insieme di personaggi molto particolare e ben caratterizzato a più livelli (come già accennato).  Chibi-Robo è un’opera con un buon equilibrio tra comicità e dramma, tra spensieratezza e parentesi più sentite, che crea un amalgama potente e accattivante che permane anche diverso tempo dopo la fruizione.

E tuttavia, concludere questo articolo senza alcuna riflessione riguardo le tematiche trattate nel gioiello di casa Skip sarebbe veramente un peccato. Se quindi siete sensibili ai cosiddetti spoiler e non volete giustamente saperne di più, correte a dare una mano in casa Sanderson e chiudete la pagina!

[Da qui in poi l’articolo contiene spoiler nel testo ed è stata quindi operata una “grassettatura” più selettiva.]

Il prezzo dell’efficienza

Finora siamo stati molto vaghi riguardo il rapporto burrascoso tra i genitori di Jenny6 e le altre dinamiche presentate in questo titolo, ma è giunto finalmente il momento giusto per essere un po’ più schietti. Ci sono due ragioni dietro questa tensione coniugale: George ha rinunciato al suo lavoro di punto in bianco e, a peggiorare la gravità delle cose, continua imperterrito a spendere un sacco di soldi in giocattoli (e non necessariamente per la figlia, per intendersi). Nel corso del gioco, dopo l’ennesimo acquisto compulsivo dello sposo, la moglie Helen arriverà a barricarsi in camera da letto in segno di disperazione e protesta. Il marito, che tra l’altro fino a quel momento era stato costretto a dormire sul divano ogni notte (Chibi-Robo, e noi, testimoni), riceverà un ultimatum: o inizierà a occuparsi un po’ delle faccende di casa o sarà il divorzio.

Come è facile immaginare, tutto ciò non farà che pesare ancora di più sullo stato d’animo della piccola Jenny, tanto che a un certo punto potremo vederla piangere sulle scale in piena notte ma, al tempo stesso, pronta a ricacciarle non appena vedrà Chibi-Robo. Tale disparità tra il tipo di situazioni presentate nell’opera, un elemento che potremo chiamare “escursione emotiva”, è sicuramente uno dei punti di forza della vicenda. La varietà di situazioni crea infatti un contrasto potente che, in quanto gestito correttamente, va a rafforzare in egual modo sia le situazioni più scanzonate che quelle più pregne e drammatiche della storia. Queste ultime, come accennato in principio, provocano un piacevole attrito ulteriore con lo stile grafico del gioco.

Non passerà molto tempo prima che Chibi riuscirà a riscattarsi anche con Helen, la madre di Jenny. Il rapporto si evolverà con l’avanzare della trama.

Kenishi Nishi si esprime proprio a questo proposito con queste parole:

Se ci si concentra solo sul divertimento e l’allegria, ne risente la profondità. Non c’è nessuna sorpresa in serbo per il giocatore se un titolo si mostra come un gioco allegro e l’esperienza dimostra di esserlo altrettanto. Non vi è più spazio per la sorpresa o tutto ciò che è inaspettato.

Liberamente tradotto dall’inglese dal numero 201 di Nintendo Power (2006), p. 33

Tornando al marito George, il suo ex-lavoro presso la Macroware Robotics Inc. è legato a doppio filo con una presenza che si limiterà in principio a farci solo qualche dispetto, per poi diventare sempre più invadente: gli Spydorz. Si tratta di piccoli esseri robotici a 3 gambe da cui Chibi-Robo dovrà talvolta difendersi grazie a un cannoncino energetico attivabile sul braccio (forse un piccolo omaggio a Samus Aran?). Distruggendoli si ricaveranno dei rottami, una risorsa da poter riciclare per costruire delle piccole infrastrutture al fine di raggiungere nuovi luoghi della casa prima inaccessibili.

L’aspetto più interessante, tuttavia, risiede nel fatto che questa minaccia inaspettata doveva essere in origine un amico e alleato degli innumerevoli Chibi-Robo presenti in tutto il mondo proprio per volere di George. Le cose, però, sono cambiate per volontà della società stessa, che li ha resi invece ostili e portandolo quindi alla decisione di dimettersi.

È interessante notare come la manifestazione di una certa forma di violenza all’interno di Chibi-Robo sia dovuta a una manipolazione in cattiva in fede di un progetto che era previsto come di tutt’altra natura. Non è chiaro perché la Macroware Robotics abbia fatto questa scelta: forse per spirito di competizione? In ogni caso, non è questo il punto. A noi piace pensare che l’intento di Kenichi Nishi e Hiroshi Moriyama fosse il seguente: mostrare come il capriccio di una ditta potesse cambiare completamente lo spirito di un’opera per qualsivoglia ragione contro la volontà del suo stesso creatore, tanto da costringere un protagonista di natura pacifica a difendersi con la forza e cambiando quindi gli equilibri di gioco stabiliti in origine.

Questi simpatici soldatini a forma di ovetto (i Free Rangers) saranno una delle nostre prime conoscenze e torneranno più volte nel corso dell’avventura.

Gli Spydorz sarebbero quindi dovuti essere pacifici proprio come noi, ma questo non avrebbe dato forma a quegli scontri per cui tanto, ancora oggi, si preme nelle grandi produzioni videoludiche. Si tratta forse quindi di una frecciatina/critica meta-referenziale? Il fatto che George abbia abbandonato la ditta, invece, potrebbe essere forse ricondotto al primo esodo da Square, da cui nacque lo studio Love-de-Lic di cui abbiamo già parlato.

La rosa dei personaggi presenti in questo gioco offrirebbe davvero moltissimi spunti riguardo altre tematiche, ma sarebbe impossibile affrontarle tutte senza mettere a dura prova la vostra pazienza. Vi è però un punto principe che bisogna assolutamente affrontare, ovvero quello ambientale.

Nella seminterrato della casa degli Anderson, infatti, è presente un Giga-Robo non funzionante a causa della sua batteria completamente vuota. Si tratta di un modello precedente a Chibi-Robo, molto più grande e che per un po’ fece da compagnia ai Sanderson portando, proprio come noi, un po’ di allegria in casa. Tuttavia, a causa dell’enorme mole di energia di cui necessitava, è stato spento per sempre e abbandonato in cantina. Prima che avvenisse tutto ciò, Giga-Robo ebbe però la fortuna di avere uno di quegli incontri del terzo tipo. Ebbene sì, l’opera di Skip non si fa mancare proprio nulla! Dopo aver salvato una piccola astronave mentre precipitava grazie a una presa tempestiva, gli alieni (che tra l’altro giocheranno un ruolo fondamentale anche per Chibi-Robo a tempo debito) offrirono di poter esaudire due desideri. E Giga-Robo fece le sue scelte: il primo fu quello di poter dare un’anima ai giocattoli, mentre il secondo di dare a tutti i Giga-Robo nel mondo un corpo che non necessitasse di energia per funzionare.

Purtroppo quest’ultimo desiderio non venne esaudito, in quanto gli alieni non avevano più “sfere di luce” (ball of light), necessarie proprio per esaudirli. Promisero quindi di tornare al loro pianeta, recuperare un’altra sfera e tornare non appena possibile. A causa di ulteriori difficoltà, che dovremo risolvere proprio noi nei panni di Chibi-Robo, questa soluzione al problema energetico è stata rimandata indefinitamente nella trama.

La situazione finanziaria dei Sanderson è probabilmente la fonte delle tensioni familiari, acuita da elementi collaterali quali l’atteggiamento generale del marito George e da come la loro figlia Jenny decide di estraniarsi da questo contesto, percepito ormai come ostile.

Si potrebbe pensare che il problema, tuttavia, fosse legato esclusivamente al grande fabbisogno energetico dai Giga-Robo. Purtroppo non è così: nell’ultima parte del gioco, un servizio del telegiornale Faux News dichiarerà come il gran numero di Chibi-Robo stia creando proprio lo stesso problema, ed è proprio in questo momento che si comprende il genio dietro quest’opera. Skip infatti prende proprio l’azione del ricaricarsi per poter continuare a funzionare, l’azione più importante e ormai scontata per noi, e la pone al centro del dibattito, di un problema molto serio e che minaccia conseguenze funeste per il futuro. Quante azioni compiamo durante la giornata che potremmo fare meglio o con più coscienza o lungimiranza? E quanti dispositivi sono diffusi oggi che però richiedono delle ricariche costanti per poter essere utilizzati? Ecco, forse è in questo istante che risiede il messaggio più potente di tutto il gioco, una chiosa incredibile e inaspettata su quello che già era un gioco molto speciale.

Non bisogna inoltre scordare come in casa Sanderson la continua produzione di rifiuti e sporcizia sia “positiva” a livello diegetico per noi, ma è facile intravedere anche in questa costante quotidiana una critica ulteriore allo stile di vita in cui ormai ci troviamo tutti.  L’ultimo titolo di Love-de-Lic L.O.L.: Lack of Love, dopotutto, aveva questo titolo proprio per sottolineare una mancanza d’amore del genere umano verso la natura e l’ambiente

Se siete arrivati fin qui con la lettura ci avete appena donato ben 500 punti felicità! E anche se ora sapete tutto, credeteci quando diciamo che vale comunque la pena di fare un giro su questo titolo. Paradossalmente chi scrive, in questo momento, vorrebbe quasi dimenticarsi degli eventi della vicenda per poterlo affrontare come la prima volta.

LR


NOTE:

1 A onor del vero, e riflettendoci un attimo, questo approccio accomuna un po’ tutti i giochi di società tradizionali, molti giochi da tavolo, compresi i più moderni, e le attività sportive: in tutti questi casi, la competizione attiva verso un certo obiettivo è una costante. E tuttavia il videogioco, considerando anche il percorso che ha compiuto e che compie tuttora, è comunque degno di una analisi in questo senso in quanto si basa sulla creazione e riproposizione di un contesto virtuale creato da zero, in cui quindi le regole e le consuetudini potrebbero potenzialmente essere più facilmente ignorate a favore di approcci al di fuori dalla norma. Tuttavia si tratta di un discorso molto complesso e su cui l’autore di questo articolo non è assolutamente preparato. A scanso di dare l’impressione di un approccio eccessivamente superfluo alla questione, tuttavia, valeva la pena aprire una piccola parentesi al riguardo.

2* Dopo un periodo difficile, Yoshiro Kimura è riuscito a riaffermarsi fondando lo studio Onion Games grazie al quale, tra l’altro, è riuscito a pubblicare la riedizione di Moon: Remix RPG Adventure nel 2021.

3 È doveroso sottolineare come il “bacio” non sia da intendere in chiave erotica o sessuale, ma semplicemente come uno schiocco di labbra innocente con cui il protagonista dovrà riuscire a conquistare l’affetto e l’amore degli svariati personaggi fuori dal comune quali pali della luce animati, creature del soprannaturale e strani esseri sotterranei diffusi per la città (oltre ai personaggi umani). Questa meccanica è derivata dal fascino che Kimura provava verso questo gesto molto diffuso in altri Paesi del mondo rispetto al Giappone, dove invece è considerato un’invasione dello spazio personale inappropriata.

4 Tao è anche il nome del cane di Kenichi Nishi e fa diverse apparizioni nelle sue opere. Purtroppo è venuto a mancare nel 2009, ma grazie ai videogiochi si può dire che abbia raggiunto l’immortalità.

5 Il titolo al momento non è ufficialmente reperibile in alcun modo, ma nulla a cui l’ottimo emulatore Dolphin non possa rimediare.

6 Jenny, tra l’altro, la ritroveremo ormai adulta nel seguito per Nintendo DS 「おかえり!ちびロボ! ハッピーリッチー大そうじ!」 (“Okaeri! Chibi-Robo! Happy Rich Oosouji!”). Il titolo non è mai stato pubblicato ufficialmente al di fuori dal Giappone, ma è disponibile in rete una traduzione in lingua inglese realizzata da terzi. Sono anche stati pubblicati altri titoli in seguito con Chibi-Robo come protagonista, ma non diretti da Kenichi Nishi. Non è un caso che si siano via via allontanati dallo spirito originario, se non abbandonandolo del tutto. Il punto più basso probabilmente è Chibi-Robo! Zip Lash, un platform con ben poco da dire e in cui figura addirittura una marca di caramelle realmente esistente.


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  • 16 aprile 2021
  • noninteragire

Prima di addentrarci nelle gelide strade di Silent Hill, è importante presentare una brevissima introduzione al genere di cui fa parte. Sottoinsieme dell’horror, quello psicologico è basato sulle paure dei personaggi e sull’instabilità emotiva e solitamente utilizza i disturbi mentali per creare tensione. Nel cinema ve n’è traccia fin dagli anni Trenta con The Black Cat prodotto dalla Universal, tratto dal celeberrimo racconto scritto da Edgar Allan Poe; le luci della ribalta arriveranno, però, solo dagli anni Sessanta in poi. Questo periodo sarà infatti segnato dall’uscita di due capolavori che rappresenteranno uno spartiacque per l’affermazione e la riconoscibilità dell’horror psicologico: Repulsione (1964) e Rosemary’s baby (1968), entrambi diretti da Roman Polanski.

I due film citati sono considerati la quintessenza del genere e le basi sulle quali si è costruito un intero filone ancora fertile ai giorni nostri. Basti pensare a film apprezzatissimi che hanno letteralmente fatto incetta di premi e registrato considerevoli incassi, quali il Cigno Nero (2010), Babadook (2014), It Follows (2015), Get Out (2017), Hereditary, La Casa di Jack (2018), Midsommar e The Lighthouse (2019).

Una scena iconica tratta da Repulsione (Polanski, 1965). Non sfigurerebbe se fosse inserita in qualche Silent Hill.

Il corrispettivo nei videogiochi può essere identificato in Silent Hill del 1999. Sebbene il capitolo in questione nascesse come la risposta di Konami a Resident Evil (Capcom, 1996), è molto semplice comprendere le sostanziali differenze che presentano questi due capisaldi del survival horror e di come la lezione di Silent Hill fosse diversa.

Si passava, infatti, dall’orrore concreto, disgustoso, rumoroso e splatter dato dagli zombie di Resident Evil al sottile incubo, misterioso, terrificante e a tratti incomprensibile di Silent Hill. Non più squadre speciali, poliziotti, fucili e granate, ma un uomo qualunque intrappolato in un incubo, con pochi proiettili e poca preparazione. Questa diversa rappresentazione dell’horror proposta dal Team Silent, più intimista e psicologica, raggiunse l’apice con Silent Hill 2 pubblicato nel 2001.

La storia di James Sunderland e Maria ha certamente saputo sorprendere per crudezza dei temi trattati e per la rappresentazione estetica delle paure e insicurezze del protagonista. Questo secondo capitolo in particolare è considerato da molti l’apice del genere in ambito videoludico.

La scena iniziale di Silent Hill 2 è ormai storia. Lo specchio sarà centrale in altri momenti e capitoli della serie.

Silent Hill 2 ha giocato il ruolo di “fratello scomodo” per tutti i seguiti e qualsiasi capitolo uscito successivamente ha sempre vissuto nell’ombra di questo gigante. Nonostante ciò, il Team Silent ha smesso di lavorare sulla serie dopo Silent Hill 4: The Room, probabilmente a causa delle intenzioni di Konami, che ha provato a rinfrescare la serie in chiave più action e incaricando delle software house occidentali. I risultati non hanno mai convinto appieno critica e pubblico passando per veri e propri fallimenti (Silent Hill Homecoming e Silent Hill Downpour su tutti).

C’è però un capitolo che è forse riuscito a prendere il buono di Silent Hill 2 (atmosfera, temi ed estetica), eliminando il cattivo (combat system e struttura un po’ dispersiva) per creare il perfetto horror psicologico, in grado di scavare dentro la nostra mente e sorprendere anche l’utente più smaliziato. Il titolo in questione è Silent Hill: Shattered Memories.

Una genesi travagliata.

Nella seconda metà degli anni Duemila, Sam Barlow (conosciuto per Her Story, 2016), lead designer e scrittore principale di Climax Studios, era a lavoro su un progetto chiamato Brahms PD. Spin-off dell’ormai franchise Silent Hill, Brahms PD partiva da una formula di base conosciuta, la ricerca del partner da parte un detective affetto da amnesia, ma con l’intenzione di andare oltre. Infatti al gameplay classico ma ancor meno action, affiancava l’idea di implementare sequenze in cui si prendeva a parte a sessioni con uno psichiatra della polizia. Il concetto era quello di creare “il primo horror psicologico veramente interattivo al mondo”. Questo progetto non trovò l’approvazione di Konami.

Tempo dopo, i Climax Studios proposero alla SH giapponese un vero e proprio capitolo principale, riprendendo l’idea di Brahms PD. Il nome era Silent Hill Cold Heart, ma anche la nuova storia di questa studentessa di psicologia affetta da depressione non convinse Konami.

Climax ha rilasciato online dei documenti che mostrano il lavoro che avevano svolto per Silent Hill Cold Heart.

Il passo successivo fu però quello vincente. Climax Studios ebbe l’idea di trasformare questo concept in una rivisitazione del primo Silent Hill, un’idea che sapeva essere apprezzata da Konami perché già suggerita e bene accolta al tempo del precedente lavoro dello studio sul brand, e cioè durante la fase preparatoria di Silent Hill Origins.

Qui nacque ufficialmente il progetto Shattered Memories. Si decise di usare alcuni elementi e i personaggi dal primo capitolo della serie per creare qualcosa di totalmente nuovo. Sarebbero stati eliminati i combattimenti e si sarebbe posta una grande enfasi sull’ambientazione, sull’immersività e sul lato psicologico del giocatore stesso.

Come vedremo più avanti, la scelta di ispirarsi al primo capitolo senza creare seguiti o spin-off costituirà la base per una storia universale, in grado di strizzare l’occhio ai fan della serie, ma soprattutto di risultare perfettamente fruibile anche dai neofiti.

Copertina ufficiale di Silent Hill Shattered Memories.

Vecchie conoscenze, nuove personalità.

L’incipit è molto semplice anche se fortemente straniante per ogni fan della serie: Harry Mason, il protagonista del primo capitolo, perde il controllo della sua auto e si schianta vicino ad una discarica di Silent Hill. Perde i sensi, e si risveglia nel bel mezzo di una bufera di neve. Proprio come nel predecessore del 1999 scopre che sua figlia è scomparsa dall’auto ed esce a cercarla avventurandosi in questa Silent Hill coperta di neve e ghiaccio.

Nel corso della ricerca, Harry incrocerà diversi personaggi già noti ai fan. Questi ultimi però saranno in qualche modo diversi, come se non ricordassero gli eventi passati, come se non li avessero mai vissuti. In un primo momento sembrerebbe quasi un remake/reboot, o meglio, una re-immaginazione della storia vissuta nel 1999: insomma, come se gli stessi attori stessero interpretando altri ruoli simili al passato, ma non perfettamente identici. La sensazione di straniamento che il gioco provoca si rafforza ancor di più quando hanno inizio alcune sezioni in soggettiva in cui si conosce il Dr Kaufman, uno psicologo. In queste sezioni non verrà interpretato Harry: la visuale passa in prima persona e proietta il videogiocatore all’interno della storia. Lo psicologo si rivolge direttamente a noi, cercherà di ricostruire la storia di Harry e lo farà scavando nella nostra mente.

All’atto pratico il gioco è strutturato in due sezioni ben distinte. Mentre in una impersoneremo Harry Mason alla ricerca di sua figlia per le strade buie e innevate di Silent Hill, nell’altra sezione invece ci troveremo in prima persona nella stanza del Dr Kaufman. Qui ci toccherà rispondere alle sue scomode domande ed effettuare dei test psicologici. Le due sezioni si alterneranno per l’intero corso dell’esperienza e il filo che le lega è la vera forza e particolarità di questo capitolo.

I capitoli in cui ci confronteremo con lo psicologo modificheranno quelle in cui useremo Harry, ma non solo: il gioco terrà conto di come ci comporteremo e traccerà il nostro profilo psicologico in maniera spaventosamente profonda e intima.

Il primo test che effettueremo definirà moltissimi elementi dell’ambientazione e le personalità di alcuni NPC.

Il sistema “Psych Profile”.

Il gioco presenta un complesso sistema che determina e plasma la nostra esperienza di gioco: questo sistema è detto “Psych Profile System”. Le risposte ai test, il nostro modo di interagire con gli NPC, il nostro modo di giocare e le strade che sceglieremo di prendere avranno un impatto diretto sulle aree di gioco, sui mostri e sul comportamento e aspetto degli NPC. In particolare, man mano che proseguiremo nel gioco, verrà definito il nostro profilo psicologico e i mostri cambieranno aspetto in modo da rispecchiare le nostre debolezze.

Dovessimo perdere tempo ad esplorare senza focalizzarci sulla ricerca di nostra figlia, Il sistema potrebbe ritenerci distratti. Abbiamo detto al Dr Kaufman che amiamo bere alcol per rilassarci? Durante il gameplay troveremo alcolici sparsi per la mappa. Il gioco risponde in modo imprevedibile, ma coerente, ai nostri input. Moltissime altre nostre azioni, sia attive che passive, saranno prese in considerazione per definire il nostro profilo psicologico. Guardare o meno il seno o il sedere dei personaggi con cui interagiremo avrà un impatto, aspettare pazientemente che un personaggio si cambi d’abito senza sbirciare ne avrà un altro. Addirittura smettere di nuotare in una determinata scena, perché siamo troppo stanchi, potrebbe contribuire a definirci un po’ pigri e poco determinati (nuotare con il Wiimote può essere molto stancante).

In base ai risultati dei nostri test gli NPC possono cambiare totalmente aspetto e atteggiamento.

Chiaramente l’idea è mutuata dal sistema dei finali già visto in Silent Hill 2 – anch’esso si basava su scelte inconsapevoli fatte dal giocatore – ma in Shattered Memories è estremamente più complesso e stratificato. Ogni run può presentare una nuova esperienza, intere sezioni di gameplay potranno variare e sicuramente giocarci a distanza di anni potrà generare dei profili psicologici adeguati ai nostri cambiamenti.

Lo Psych Profile System esploderà in tutta la sua complessità nel finale. Quando il Dr Kaufman stilerà un rapporto molto lungo e dettagliato sul nostro profilo psicologico, potrà davvero sorprendere e spaventare per accuratezza. Non è raro trovarsi di fronte a lati di noi stessi che nascondiamo ma che sappiamo di avere. La valutazione sarà molto ricca, abbracciando diverse sfere della nostra personalità: il nostro atteggiamento, le relazioni con gli altri, le nostre aspettative e come vogliamo essere visti. Non aspettatevi solo risultati lusinghieri: è facile incappare in critiche o valutazioni che possono risultare offensive e molto intime.

Il disclaimer iniziale ci mette in guardia: questo Silent Hill ci metterà a nudo.

Motion Controller: il cuore vibrante dell’esperienza.

Un altro elemento che contribuisce enormemente all’immersione è la scelta di sviluppare questo gioco su Nintendo Wii. Il sistema di controllo offerto dalla coppia Wiimote + Nunchuck è il fulcro dell’intera esperienza interattiva: controlliamo la torcia di Harry in modo realistico, indirizziamo lo sguardo con precisione (e sarà importante nella valutazione finale), utilizziamo il cellulare di Harry come se ce l’avessimo in mano scattando anche le foto, con tanto di audio proveniente dalle casse del controller durante le chiamate. Nelle sezioni dedicate alla seduta con lo psicologo vengono simulate delle matite per disegnare ed è sempre possibile utilizzare o spostare gli oggetti direttamente con le nostre mani per risolvere i diversi test.

Si può utilizzare il cellulare in qualsiasi momento: fare foto, controllare i messaggi, cambiare le impostazione ed effettuare chiamate. Tutto in tempo reale tramite il Wiimote.

I mostri che ci perseguitano non possono essere affrontati in modo diretto. Non siamo armati e dobbiamo fuggire cercando di evitarli e rallentarli. A tal scopo, possiamo tirare giù armadietti. distributori di bibite e ostacoli vari grazie all’utilizzo dei sistemi di movimento dei controller. Se dovessero catturarci è possibile scrollarceli di dosso dimenando il Wiimote e il Nunchuck. In alcune sezioni particolari verremo chiamati a compiere azioni uniche, come nuotare, risolvere puzzle a leve o interagire con un auto dall’interno. Insomma, i controller di movimento del Nintendo Wii sono stati sfruttati in maniera eccellente e ne consegue un alto livello di coinvolgimento.

Un Game Design al completo servizio dell’immersività.

In Silent Hill Shattered Memories ogni elemento di game design è posto in maniera impeccabile. Si concentra tutto per avere un fine ben preciso: l’immersività e la reattività. Certamente non è il primo e nemmeno l’ultimo titolo che si focalizza su elementi immersivi, ma in questo caso l’intero sistema di gioco, dai controlli alle scelte che vengono proposte, calzano precisamente con il genere dell’horror psicologico costruendo un incubo in grado di adattarsi perfettamente al giocatore.

Silent Hill Shattered Memories è il perfetto horror psicologico, realmente in grado di coinvolgere il fruitore a 360 gradi. Riesce a farlo grazie al lavoro coordinato di tutti i suoi elementi: la trama ci immerge nella ricostruzione di una mente umana (la nostra); l’ambientazione innevata riesce a trasmettere il concetto dei ricordi congelati e frammentati; i controlli di movimento possibili grazie al Nintendo Wii riescono restituire un feedback immersivo d’impatto e le sessioni in cui bisogna confrontarsi con i test psicologici, capaci di scavare nel profondo del nostro io.

Durante i titoli di coda scorrerà in video la valutazione del nostro profilo psicologico.

Il sistema che regola le nostre scelte, sia attive che passive, è più unico che raro. Il gioco risponde in maniera sorprendente e imprevedibile ai nostri stimoli, accentuando il fatto che quella Silent Hill è la nostra personale versione, modellata in base al nostro essere.

Climax Studios è riuscita a catturare l’essenza della trilogia originale sviluppata dal Team Silent, pur discostandosi molto dal punto di vista dell’interattività e del gameplay. Shattered Memories funziona perfettamente anche se giocato senza conoscere la serie e questo non può che non essere un punto di forza del lavoro di Sam Barlow.

Sebbene siano stati fatti dei porting su PlayStation 2 e PSP l’esperienza risulta estremamente più immersiva su Wii. Questo particolare Silent Hill andrebbe riscoperto proprio in questa sua versione, in quanto l’intera struttura ludica si sposa perfettamente con il genere: il coinvolgimento del giocatore è totale.

Come dicevamo all’inizio di questa analisi, l’horror psicologico è basato sulle paure dei personaggi e sull’instabilità emotiva. Ebbene, Silent Hill Shattered Memories gioca direttamente con noi, con le nostre paure e con le nostre emozioni. Riesce farlo con un comparto ludo-narrativo di alto livello e questo lo rende il miglior horror psicologico del nuovo millennio. Un capolavoro.

VC


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