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Cos’è veramente un videogioco di ruolo?

Giacomo Temperini
29 ottobre 2019

Anni ’70.

Nella lande americane due valorosi eroi stavano lavorando a qualcosa che li avrebbe resi immortali leggende del mondo ludico: quei due eroi erano Gary Gygax e Dave Arneson e ciò che crearono è, ovviamente, Dungeons & Dragons.
D&D fu un fulmine al ciel sereno. Non era solo un gioco da tavolo e non era solo un gioco di miniature, era qualcos’altro, era un nuovo tipo di gioco: era quello che sarebbe stato definito RPG (Role-Playing Game), o GDR (Gioco di Ruolo) in italiano.
Proprio negli stessi anni un altro nuovo modo di giocare stava nascendo, affacciandosi timidamente con titoli come Pong: i videogiochi. Ci misero un po’ di più ad ingranare visto che dovevano sottostare alla tecnologia dell’epoca, ma già negli anni ’80 a qualcuno venne una bella idea: e se trasportassimo D&D all’interno di un videogioco? Nacquero così i Videogiochi di Ruolo, degli RPG pensati appositamente per essere video-giocati. Evidentemente la cosa piacque molto ai giocatori, perché l’ibridazione tra i due mondi venne sempre più accentuata, fino ai giorni nostri. Ormai non è raro trovare elementi considerati tipici dei GDR, in un qualsiasi genere videoludico.
L’errore comune però è sempre in agguato: qualsiasi gioco che abbia componenti RPG non è necessariamente RPG. Definireste platform ogni gioco in cui si può saltare? Ovviamente no.
Però per i GDR la distinzione non è così immediata come può esserlo per un platform, la cosa è un po’ più complessa e spesso si fa una gran confusione.
Cerchiamo di fare chiarezza.

The Witcher 2 – Assassins of Kings.

Gli RPG nei videogiochi

Come abbiamo già detto, i GDR esistono e sono nati come modello a sé stante, sono i cosiddetti “RPG cartacei”; si è poi cercato di traslarli all’interno del mondo videoludico, ma fu subito chiaro che la cosa non era immediata. Innanzitutto il GDR nasce come gioco da fare in compagnia, necessita di un Master che coordina il gioco e da una libertà di gioco praticamente totale.
Questo era il problema più semplice da risolvere: il gioco stesso avrebbe fatto da Master al giocatore, coordinando tutto in modo anche più efficiente di una essere umano.
Le altre persone vennero eliminate, mettendo o un solo personaggio, o facendo controllare tutti i personaggi dal giocatore o dal gioco stesso.
Rimaneva il problema più grosso, la libertà quasi totale. Il videogioco è limitato a ciò che i creatori hanno inserito per il giocatore durante la creazione, ed è qui che vengono fuori le più grosse differenze tra un videogioco di ruolo e un RPG cartaceo. Questo limite è ancora presente oggi, chissà se nel futuro tramite IA e nuove tecnologie non si riuscirà ad aggirarlo.
Tenendo conto di queste differenze, c’era poi da inserire tutto ciò che rende un GDR tale. Ecco infatti una cosa importante da ricordare: RPG non è propriamente un genere, è una componente di gioco che si porta dietro determinate meccaniche. Un videogioco può, quindi, essere più o meno GDR, in base a come implementa tali meccaniche. Senza la presenza di quest’ultime, però, non può essere definito tale.

Le meccaniche proprie di un RPG

Ma quali sono queste meccaniche che un videogioco deve avere per essere considerato un RPG?

1) Il Ruolo
Come suggerisce il nome, gli RPG sono giochi in cui vieni chiamato ad interpretare un ruolo. Questo non significa semplicemente “controllarlo” tramite dei comandi di input, dato che muovere e pilotare un personaggio è la base di (quasi) ogni videogioco. Ruolare (o interpretare) ha un senso ben preciso: significa mettersi nei panni di un PG (Personaggio Giocante) e giocare come se noi fossimo lui. È una recita in piena regola, uno sceneggiato in cui noi facciamo finta di essere un personaggio inventato: specifichiamo però che questo PG non siamo noi stessi, ha delle sue specifiche caratteristiche fisiche e mentali, un suo specifico pensiero. Nel momento in cui si ruola un PG, siamo chiamati ad interpretarlo nel migliore dei modi, seguendo il profilo del PG.
Poniamo caso che Pippo sia un personaggio malvagio, fisicamente impressionante, ma un po’ stupidino. Nel ruolarlo, anche se siamo tipi dall’indole buona e innocente, con un quoziente intellettivo altissimo, dovremo favorire le azioni atte a far del male agli altri, senza articolare pensieri troppo complessi. Se Pippo aiutasse una vecchietta ad attraversare la strada o ideasse un agguato anziché buttarsi nella mischia, staremmo ruolando il PG in un modo avverso al suo carattere. Ovviamente all’interno di un videogioco di ruolo è importante che ci siano gli strumenti adatti per poter interpretare un PG.
È importante dividere il concetto di giocatore – colui che sta giocando e ruola un PG – e di personaggio, l’avatar fittizio che siamo chiamati ad interpretare. Similmente è doveroso far notare che un PG non deve essere per forza inventato dal giocatore, la presenza di un personaggio fisso, e l’assenza di un editor del PG, non esclude automaticamente la componente RPG.
2) Scelte e decisioni
Quando si interpreta un ruolo è assolutamente necessario che il PG possa fare delle scelte e agire come la sua indole meglio suggerisce in una data situazione. Negli RPG cartacei il giocatore può interpretare il PG con enorme libertà, gli unici limiti sono quelli intrinseci al personaggio che si sta ruolando, come detto in precedenza. In un videogioco, però, c’è un limite tecnico da rispettare: le decisioni e le biforcazioni che si possono prendere sono limitate; ciò, però, non esclude il fatto che debbano esserci. Un gioco che non permette di risolvere varie situazioni in più modi, perde quasi totalmente la sua componente RPG. E’ infatti difficile, se non impossibile, interpretare un PG correttamente se non puoi fargli fare le scelte giuste.
Se, ad esempio, il nostro PG è molto diplomatico, cercherà sempre la via meno violenta. Se il gioco non da altre vie alternative oltre al combattimento, almeno nelle situazioni più cruciali, non si potrà ruolare bene. In sintesi senza la possibilità di scegliere l’approccio che più si confà al nostro PG, allora è difficile definire RPG un videogioco.
Attenzione a non cadere nel più classico dei tranelli: i giochi-bivio, come Heavy Rain, Life is Strange ed altri, sebbene permettano una variegata gamma di scelte, non sono RPG. In primo luogo perché lì non siamo chiamati a interpretare alcunché, sono quesiti posti direttamente al giocatore. Inoltre in quei giochi difettano delle tre caratteristiche successive della nostra analisi.
Altra cosa da chiarire riguarda la trama del gioco. Non è obbligatorio che un RPG abbia più finali, né che la trama cambi radicalmente in base alle scelte (sebbene sia preferibile). L’importante è poter ruolare il proprio PG e avere libertà d’approccio nella maggior parte delle situazioni.

Pillars of Eternity.

3) Statistiche, caratteristiche, abilità e skill check
Un assunto fondamentale: se ci sono abilità, caratteristiche o statistiche di qualunque tipo, non siamo necessariamente di fronte ad un RPG; molti GDR riducono all’osso questa componente, mentre altri la espandono in maniera esponenziale, la decisione è totalmente discrezionale. Lo scopo principale dei “numeretti” negli RPG è uno e solo uno: dare un valore preciso alle componenti fisiche, mentali, ideologiche del PG che andremo a ruolare. Questi parametri pongono dei paletti necessari per rendere l’interpretazione effettiva e basata su qualcosa di concreto. Sono gli strumenti indispensabili a cui si accennava quando parlavamo del Ruolo. In genere ad ogni azione che il PG tenta di fare, viene associato uno skill check, cioè una prova basata sui suoi parametri. Lo scopo è attestare se il personaggio può effettivamente riuscire in quell’azione, con le sue capacità.
Parliamo di nuovo del nostro PG, Pippo, un idiota che va velocemente alle mani. Ipotizziamo che si trovi in una situazione che si risolverebbe facilmente con una bella chiacchierata. Purtroppo il nostro PG è troppo stupido, quindi ecco che nel momento di cercare il dialogo, lo skill check sulla dialettica fallirà al 99%. Il povero Pippo non riuscirà praticamente mai ad usare la diplomazia. D’altra parte lui è una macchina da guerra, quindi… fuoco alle polveri, Pippo decide di distruggere tutti a ceffoni, e qui gli skill check andranno quasi sicuramente benone.
Ogni RPG può gestire questi valori come meglio crede, purché rendano possibile e coerente l’interpretazione del PG da parte del giocatore. È ovvio che in videogiochi in cui le skill hanno l’unico scopo di darti combo o colpi speciali, non possiamo parlare di parametri da RPG.
4) Mondo di gioco
Può sembrare un elemento di sfondo, ma in un RPG il mondo di gioco in cui i PG si muoveranno è una parte essenziale. Come si può interpretare bene un personaggio se non sappiamo usi e costumi della razza a cui appartiene, o della città da cui proviene, o della religione a cui crede? Non solo, il mondo di gioco deve essere costruito per permettere di ruolare. I PG, muovendosi all’interno dell’ambientazione, devono trovarsi a fronteggiare scelte e decisioni importanti, che stimolino la recitazione e l’immedesimazione. Per farlo ci si serve di Personaggi non Giocanti (PNG), dialoghi, lore, fazioni e tutto ciò che occorre per far si che ci siano montagne di opportunità interessanti in cui ruolare.
Attenzione a non confondersi: gli RPG non devono essere per forza Open World. Anche un mondo lineare può essere adatto ad un GDR, purché sia sempre costruito sulla base dell’interpretazione.
C’è dell’altro: l’ambientazione deve rispondere alle azioni dei PG in modo narrativamente coerente. Come già detto prima, ciò non è indicativo del fatto che la trama debba cambiare, ma che il mondo nel suo complesso deve avere una reazione a ciò che i PG combinano, anche minima.
Un esempio rapido: se il PG decide di distruggere una città, il videogioco deve tenere conto di questa decisione: quella città non sarà più accessibile, innanzitutto. Potrebbe poi accadere di incontrare un PNG che si è salvato, ma ha perso tutto ciò che possedeva, aprendo magari nuove possibilità. In tutto questo la trama può benissimo continuare in maniera lineare, se la città non era necessaria.

Fallout.

5) Gameplay basato principalmente sul PG
Un RPG puro nelle meccaniche di gameplay lega qualsiasi azione ad uno skill check. Questo ha solo due componenti che lo influenzano: la fortuna e i parametri del PG. La bravura del giocatore è totalmente esterna, infatti lui si “limita” a pilotare la battaglia (generalmente dando ordini), ma è il personaggio che la combatte. Un attacco ad un nemico avrà successo in base alla bravura con la spada del personaggio: ma la sfortuna può metterci lo zampino, si sa, anche il migliore spadaccino può sbagliare. La ricerca di qualcosa sarà fruttuosa se il PG ha un ottima vista, ma anche al più infallibile scrutatore può sfuggire qualcosa. Insomma, la componente casuale è una componente generalmente importante e presente (lo è sempre nei GDR cartacei).
I videogiochi di ruolo “classici” (Neverwinter Nights, Baldur’s Gate e simili) che ricalcano in maniera più precisa possibile i GDR cartacei, applicano questa regola. Per quelli più moderni il discorso è differente: di solito alterano il tutto con delle componenti action o strategiche che danno rilevanza alla bravura effettiva del giocatore, soprattutto nei combattimenti. Sono infatti definiti Action-RPG. Comunque finché i parametri del PG rimangono decisamente influenti, tanto che un nemico di alto livello risulta imbattibile, anche se il giocatore è bravissimo a giocare, allora possiamo ancora parlare di RPG.
Un gioco dove puoi finire tutto anche a livello 1, senza alzare nessuna statistica, ma solo usando la propria bravura da giocatore, risulterà essere agli antipodi rispetto a quest’ultima caratteristica.
6) Un’ultima considerazione
C’è un punto extra da tenere in considerazione, e non è una meccanica di gioco ma è un concetto importante per non cadere in confusione: decidere arbitrariamente di ruolare in qualsiasi videogioco, non significa trasformare ogni videogioco in un GDR. Giocare, ad esempio, Dishonored tutto in stealth senza uccidere nessuno – perché si vuole interpretare il protagonista come un uomo buono – non lo rende un videogioco di ruolo. Gli RPG devono permetterti di ruolare tramite le meccaniche di gioco intrinseche e tramite i parametri messi a disposizione.

Ultima I – The First Age of Darkness.

Qualche esempio finale

Tenendo conto di tutte le meccaniche esposte, facciamo degli esempi. Mettiamo a confronto tre giochi: Rogue, Ultima I e Dragon Quest. Rogue (1980) fu uno dei primi tentativi di emulare un GDR nel mondo videoludico. Il gioco riprendeva la tematica dei dungeon da esplorare in un’ambientazione fantasy medievale in maniera eccellente. Divenne molto popolare e il suo particolare sistema di randomizzazione creò anche un genere a sé stante, il Roguelike. Però non era ancora un RPG, era “solo” un primo passo. In Rogue non si ruola nulla, sebbene il gioco sia molto legato alle caratteristiche del personaggio (in questo caso l’equipaggiamento), non si ha possibilità di interpretazione, né un mondo di gioco in cui calare tale interpretazione.

Ultima I (1981) è considerato il primo vero Videogioco di Ruolo. Possiede le meccaniche fondamentali che lo definiscono tale, anzi, ha praticamente inventato i paletti che dividono Gioco di Ruolo da Videogioco di Ruolo. Sebbene sia così, Ultima I, per limitazioni dell’epoca, principalmente, non è un RPG “puro” al 100%, anche se rimane comunque un gioco con una spiccata componente GDR. Si può infatti interagire con il mondo di gioco interpretando il proprio personaggio e le caratteristiche sono fondamentali nel gameplay.
Dragon Quest (1986) venne creato ispirandosi proprio ad Ultima, ma cercando di renderlo più immediato e di facile utilizzo. Quello che fecero per riuscirci, fu proprio epurare molte delle componenti RPG, ricavando un gioco che ormai non era più un GDR. Infatti da Dragon Quest nacque un nuovo genere, il JRPG (Japan Role-Playing Game, cioè Gioco di Ruolo alla Giapponese), chiamato così per le sue radici, ma che all’atto pratico ha poco a che fare con gli RPG: infatti in questo genere di giochi i personaggi sono già scritti e non si può ruolarli.
Potremmo continuare citando i grandi RPG classici (Fallout, Baldur’s Gate, ecc.) o anche RPG più moderni (Dragon Age: Origins, Pillars of Eternity, ecc.) oppure i giochi action che comunque conservano una buona componente RPG (The Witcher 3, Mass Effect, ecc) o giochi considerati erroneamente RPG (Dark Souls, Diablo, ecc.), ma il punto non è questo.
Il punto è saper riconoscere a cosa si sta giocando e saper usare i giusti termini: dopotutto essere GDR non è un pregio o un difetto, è solo uno dei vari modi in cui si può giocare.
 
GT

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