Disco Elysium
[DISCLAIMER: questo articolo contiene anticipazioni sull’esperienza di Disco Elysium.]
Cosa penserebbe Kras Mazov, il padre della rivoluzione socialista e del materialismo storico, della misera metafora messa in scena in uno scalcinato club di lettura comunista di Revachol? Cosa penserebbe di una metafora che rappresenta la fragilità del sistema sociale tramite l’inevitabile collasso di una struttura interamente costruita con scatole di fiammiferi, costruita per noia o per divertimento nell’attesa che la prossima riunione inizi, proprio da alcuni adepti alle teorie della dottrina stessa? Penserebbe probabilmente che il fallimento della rivoluzione sia ironicamente intrinseco al percorso della storia.
A dire il vero, questa è solo una delle possibili metafore che possono essere scovate tra le righe dell’intricato mondo in perenne conflitto sociale di Disco Elysium. Prima ed unica opera videoludica dello studio ZA/UM (scritto da Robert Kurvitz), concepita con la consapevolezza di essere il passo successivo nel genere di appartenenza. Senza disdegnare gli evidenti rimandi all’epoca d’oro dei giochi di ruolo occidentali e dell’Infinity Engine.
Letture possibili
Un’ulteriore possibile lettura di Disco Elysium, è quella di un poliziotto alcolizzato all’ultimo stadio che annega nella sua stessa vergogna e nell’atroce consapevolezza della sua “ufficiale” inutilità, vera e propria nullità sociale, nella consapevolezza che la Legge a Revachol sia ormai nient’altro che un vezzo dello stato ultraliberale, a cui pochi nei quartieri poverissimi di Martinaise possono ancora permettersi il lusso di credere spontaneamente. Un poliziotto talmente sconvolto dall’alcol e dalle droghe – dopo una notte di solitario divertimento in una festa talmente privata da essere ad invito unico, ovvero se stesso – il quale cerca di distruggersi fisicamente e moralmente nel bel mezzo di un’inchiesta ufficiale, a proposito di un brutto omicidio. Anche quest’ultimo simbolo rappresenta un nichilismo sociale portato alle proprie estreme conseguenze.
Martinaise, un distretto di Revachol (o piuttosto Ravachol?), è infatti quel posto dove un cadavere rimane appeso per diversi giorni ad un albero all’interno del cortile dell’albergo di quartiere. Dove i cittadini comuni sono a proprio agio fumando una sigaretta al balcone proprio di fronte al cadavere in decomposizione, dove gli stessi cittadini non hanno nessuna repulsione a convivere con l’appeso mentre lo spogliano degli averi e dei vestiti, dove dei ragazzini giocano con il cadavere da diversi giorni. Ed infine, dove l’unico che fatica anche solo ad avvicinarsi è proprio il poliziotto stesso, bloccato fatalmente dai propri incontenibili conati di vomito. Un poliziotto ammaestrato da tanti anni di esperienza sul campo, ma che si ritrova senza risorse, colpito da un’imbarazzante amnesia che lo rende deficitario delle proprie caratteristiche analitiche, mentali, della propria autorità, che sono senza dubbio la base stessa per poter svolgere il lavoro che gli è stato affidato.

Privati della memoria, ci si ritrova a chiedere spiegazioni ovvie di natura comune, sul passato, sulla storia, su che giorno sia in quel determinato momento se non perfino l’anno, sul posto in cui ci si trova o sulla prossima mossa da fare. Se ci sia stata la guerra e chi sia stato il vincitore. Se siete socialisti o piuttosto liberisti, se vi repellono le etnie diverse dalla vostra, se siete corrotti e corruttibili, se pensate che il male del mondo siano i grandi agglomerati industriali e finanziari. Se siete dalla parte dei vincitori o dei perdenti. Se pensate in definitiva di essere o no dalla parte giusta della storia. E se, al contrario, voleste giocare la carta dell’orgoglio e dunque non fare domande banali a sconosciuti che vi guardano come uno che dovrebbe impersonare la legge, per non scalfire l’immagine di voi stessi che faticosamente cercate di mantenere con dignità, ebbene sarete semplicemente al buio.
Ci si ritrova come l’uomo senza talento di Yoshiharu Tsuge, sprovvisto della benché minima volontà di affrontare un giorno di più di lavoro, di reagire ad un evento, di avere un moto di intraprendenza. Si è spaesati in un paesaggio geograficamente piatto, caotici nella riorganizzazione della propria vita e degli eventi. Per di più, accompagnati dal proprio sistema limbico – che dovrebbe in teoria garantire la vostra sopravvivenza quale valore primario – che vi invita costantemente al suicidio, e al proprio cervello rettile che predica quotidianamente la violenza come soluzione al minimo problema relazionale o anche solo lavorativo. Ma non ci si ferma qui, perché tutte le caratteristiche del personaggio interagiscono come fossero scisse dal personaggio stesso e si manifestano costantemente in un meraviglioso party da gioco di ruolo classico. Un’interessante schizofrenia, quasi un multi-personaggio non giocante, che vede la possibile malattia mentale diventare le varie parti che compongono il gruppo di cui il videogiocatore ha, più o meno, il controllo.
L’interazione di tipo testuale avviene persino con gli oggetti trovati nella mappa di gioco, colmi di dialoghi che si incastrano perfettamente con il resto della storiografia (è proprio il caso di dirlo), con le quest, i personaggi e gli eventi. È dunque una creazione del personaggio dissimulata in modo magistrale nelle maglie degli eventi, nelle domande che si riceveranno e nelle risposte che saranno date durante tutto il tempo di gioco. Se si sarà considerati fascisti, corrotti, idioti, benevoli, intelligenti o comunisti sarà solo per merito o demerito proprio.

La storia fatta a pezzi
Nella piazza al centro di Revachol si trova un monumento equestre di gusto classico, un vecchio residuo della storia di cui nessuno conosce più il significato. La scultura fu ricucita insieme dopo che un’esplosione, durante la guerra, l’aveva fatta a pezzi. Se sia ritratto un eroe di guerra, un soldato ignoto, un intellettuale a cavallo delle sue idee, un semplice operaio o l’ultimo re (come in effetti è, si tratta di Philippe III), non ha nessuna importanza ormai. Non è un caso infatti che sia stata rappezzata a forza, lasciandola però come se fosse ancora ed eternamente esplosa in aria. Come se qualcuno avesse voluto cementificare una fotografia simbolica di quello che rappresenta oggi Revachol, dilaniata, divisa nel profondo ma tenuta insieme da sottili nervature di metallo che sanno di maldestra chirurgia d’emergenza. Revachol non è più in guerra, ma lo scontro sociale non si è mai fermato. Non si è mai firmata una tregua tra le diverse classi sociali, tanto che Martinaise è controllata dal sindacato portuale, che agisce da collante tra la popolazione, da polizia interna, da pacificatore in caso di problemi di ordine sociale, da welfare e ovviamente da organizzazione operaia. Elargisce mazzette, privilegi, progetta gli spazi cittadini e detta le regole di vita non scritte che saranno la barriera contro cui Harrier Du Bois – il poliziotto, cioè il rappresentante dell’ordine costituito, cioè la malattia mentale, cioè voi che videogiocate – si scontrerà costantemente, cercando di intaccare il guscio di incomprensione e incomunicabilità di una comunità che tende naturalmente a proteggere se stessa da un elemento di disturbo percepito come esterno.
La scrittura di Disco Elysium è brillante. Le meccaniche da gioco di ruolo lo sono altrettanto, nonostante rimangano quasi invisibili al videogiocatore. La visione politica di ognuno conta, la vostra pure, i pregiudizi, l’ignoranza, le scelte affrettate, la logica mancata, l’onore e la vergogna, tutto vi viene riversato come un secchio di escrementi caldi sulla testa. E vi viene anche, gentilmente, chiesto di sorridere. Non è mica morto nessuno, in fondo.

Noir e psicoanalisi
Invece sì, perché il vostro lavoro consiste proprio nel diramare la matassa in un caso di omicidio. Insieme all’assistente Kim Kitsuragi – la vostra ombra, il comune moralizzatore, il senso della misura – si dovrà risalire, come intrepidi salmoni, il torrente di menzogne e mezze verità che vi verranno addosso per dipanare il mistero dell’uomo impiccato. Ma vi accorgerete presto che l’omicidio non ha praticamente nessuna importanza. A nessuno importa del morto e in fondo nemmeno a voi. Tantomeno al morto importa più di se stesso, questo è evidente.

Lo scopo diventerà, prima di quanto si possa immaginare, inabissarvi nella vostra stessa anima, psicoanalizzando il vostro alter ego, rimanendo inesorabili con in mano un pugno di risposte senza senso e scalciando via alcuni dubbi persino su quello che pensate normalmente di voi stessi come persone. Disco Elysium è un videogioco che indaga la personalità alla stregua di un’ideologia politica. Spargendo al vento, come fossero molecole velenose, quattro diverse ideologie di cui prima o poi sarete preda: Comunismo, Fascismo, Liberismo, Moralismo (la morale considerata superiore al diritto), le quattro teorie che sono insite in uno qualsiasi dei dialoghi di Disco Elysium.
Va da sé che il percorso che si viene a delineare è suscettibile di cambiamento in base alla costruzione del personaggio. A titolo di esempio, la mia esperienza è stata piuttosto una questione di ferrea volontà, di un buon impiego di logica e di inaccettabili mancanze fisiche.
Harrier Du Bois è un poliziotto che ha perso il proprio distintivo (cioè il principio di autorità) e la propria arma (cioè la forza coercitiva). L’aver perso anche la memoria diventa quindi il giusto sotterfugio, abbastanza banale a dire il vero, per permettere ad una lavagna bianca di essere riempita. E non mancheranno di certo punti esperienza da assegnare, statistiche e gustosissimi bonus sotto forma di pensieri da sviluppare (il cosiddetto Thought Cabinet) in un dato periodo di tempo, per poter riempire a piacimento gli spazi vuoti dell’alter ego fino a trovargli una precisa collocazione sociale.
Ed è questo il punto di arrivo. Harrier Du Bois, senza il vostro imprinting mentale non riuscirebbe ad esistere in alcun modo. Non starebbe in piedi né fisicamente, a causa dei propri eccessi con l’alcol e le droghe, né mentalmente, a causa delle défaillance previste dagli sviluppatori. Un piccolo buco, costruito appositamente, dove inserire un pezzetto della vostra vera personalità. Questa è, in definitiva, l’esperienza che vuole regalare in primis Disco Elysium.
VV
[…] tal senso, la scelta di Disco Elysium non è casuale: data la complessità del titolo di ZA/UM sia in termini narrativi-tematici che puramente ludici, anche in questo caso il filtro del Sublime risulterà appropriato per coglierne il discorso […]