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Effetto notte (1973): l’importanza dei titoli di coda

Effetto notte(La nuit Americane) è un film del 1973, scritto-diretto e interpretato dal celebre regista François Truffaut, vincitore del Premio Oscar come Miglior Film Straniero nel 1974.

La pellicola è considerata tra i più grandi capolavori della storia del Cinema ed è stata inserita dalla rivista Time tra i 100 migliori film di tutti i tempi nel 2005. È considerato anche il testamento artistico del suo creatore, il quale morirà tragicamente a seguito di una grave malattia nel 1984. “Effetto notte” riprende temi e modi de “La regola del gioco (1939) di Jean Renoir.

Effetto notte (1973)

“Effetto notte”: un film nel film

Un film è un prodotto finale di un processo che richiede l’intervento di svariate persone: non solo di attori, ma anche di tutta l’èquipe che si occupa di fare in modo che tutto vada secondo i piani. Chi è rimasto in sala a guardare un film fino alla fine? Per “fino alla fine” si intende proprio quello che non guardiamo (a meno che non siano film della Marvel): i titoli di coda.

Nella lista che occupa gli ultimi minuti della pellicola, prima del buio, sono riportati i nomi (spesso raggruppati in ambiti e in ordine alfabetico) di coloro che hanno partecipato alla realizzazione del film: non solo il regista, gli attori o gli sceneggiatori ma anche i tecnici, i fonici, gli addetti al trucco e gli assistenti di regia. È partendo dai titoli di coda, per mostrare cosa c’è dietro le quinte, che si muove il capolavoro di Truffaut.

Truffaut concepisce “Effetto notte” come una matrioska: allo spettatore sembra di guardare due film. Viene proiettato a Nizza, negli studi cinematografici La Victorine, nei quali il regista Fernand (Truffaut) sta girando “Vi presento Pamela”. Il trailer italiano – la pellicola arrivò nella primavera del 1973 – recitava:

Per la prima volta al cinema… Il cinema. Per la prima volta in un film… Quelli che fanno un film. Per la prima volta la vita privata… Di quelli che non hanno mai una vita privata. Un film sulla verità? Un film sulla menzogna? Un film sulla verità e sulla menzogna!

Trailer italiano di “Effetto notte”

Ed effettivamente è così: “Effetto notte” mostra, in maniera quasi documentaristica, ciò che succede durante le riprese di un film. Davanti allo spettatore si intersecano quindi due storie: quella raccontata all’interno della cinepresa e quella dietro di essa.

Effetto notte (1973)

Accanto alla vicenda di “Ti presento Pamela”, dalla trama comica-drammatica, si intersecano le giornate della troupe, costellate da vicende e problemi personali: ciò che è impossibile, appunto, da notare, quando si guarda il prodotto finito.

Va precisato, in quest’ottica, anche la spiegazione del titolo della pellicola, “Effetto notte”: l’effetto notte è la tecnica cinematografica che consiste nel porre un filtro scuro davanti alla cinepresa, per riprendere le scene ambientate di sera.

Effetto notte: una dichiarazione d’amore al Cinema

Effetto Notte (1973)

Ciò che non passa sicuramente inosservato, costituendo il testamento artistico di Truffaut, è la sua dichiarazione d’amore per il Cinema: “Effetto notte”, infatti, nel raccontare il “dietro le quinte”, pone al centro dell’attenzione la magia che si crea nel momento in cui un gruppo di persone, con ruoli diversi, si ritrova a dover girare un film. Questa atmosfera non si ferma solo agli attori o al regista, ma coinvolge tutti. Infatti, al termine del lavoro, si lasceranno con un misto di affetto e nostalgia, ripromettendosi di lavorare insieme, di riprovare quelle sensazioni.

L’evidente dichiarazione d’amore per il cinema si nota anche dalle citazioni che Truffaut usa, prendendole dai suoi film preferiti: a cominciare dalla dedica del film a Lilian e Dorothy Gish, le due grandi attrici del muto; il sogno che fa Fernand all’inizio del film è un riferimento a Quarto Potere, di Orson Welles del 1941. Oppure l’attrice protagonista Julie Backer, dai nervi fragili che ha sposato il proprio dottore, è un’allusione chiara al destino di Audrey Hepburn. O, ancora, i manuali impilati nell’ufficio di Fernand sono i manuali di Cinema di allora.

Il rifugio della finzione

“Effetto notte”, chiariti gli intenti principali, vuole scavare più a fondo nel significato di Cinema: esso è finzione, tutto deve andare per forza bene.

Riprendendo le parole di Fernand/Truffaut:”

I film sono più armoniosi della vita, Alphonse: non ci sono intoppi nei film, non ci sono rallentamenti. I film vanno avanti come i treni, capisci? Come i treni nella notte. La gente come me e come te, lo sai bene, siamo fatti per essere felici nel nostro lavoro del cinema. Mi dispiace di farla morire ancora una volta.

Fernand ad Alphonse

Ascoltando queste considerazioni, si nota come il Cinema sia, in realtà, un rifugio: nella vita vera, se si sbaglia, non si può ripetere la stessa scena ma accettarne le conseguenze e andare avanti. Al contrario, la bellezza del Cinema sta proprio nel ripetere e ripetere ancora, finché non è perfetto.

Nel Cinema si può inscenare qualsiasi situazione, finanche la morte. È una dimensione parallela che prende spunto dal reale. Ma non è reale. Per far si che funzioni, bisogna tenere tutto fuori dal set e immergersi nella finzione e nella ripetitività che può dare.

L’esempio italiano: Boris (il film)

Boris – il film (2011)

Spostandoci nel nuovo millennio, in riferimento a film che parlano di film, in senso più critico ma con un modus operandi simile, si ricorda “Boris – il film”, del 2011: la trasposizione cinematografica della fortunata serie, ormai alla sua quarta stagione.

“Sia nella serie che nel film, si intersecano, come in “Effetto notte”, le vicende della troupe e del prodotto che stanno girando. Se il film di Truffaut è un inno genuino del fare e vivere Cinema, Boris è una spietata satira e denuncia a ciò che è il cinema italiano è diventato: dietro le risate, costellate da tormentoni che ben conosciamo, c’è la critica a un Cinema vuoto e volgare (quello dei cinepanettoni), che non intrattiene neanche ma diminuisce la capacità collettiva sia di chi lo fa, sia di chi lo guarda.

Si va oltre la semplice commedia, criticando aspramente la bassezza morale nella quale è caduto un certo cinema italiano: non è solo il pubblico ma anche chi è dall’altra parte, dalla regia agli attori, a essere accomunato nel nome del consumo e degli incassi al botteghino. Per chi non vuole abbassarsi alle regole del gioco, c’è la fame. Boris, film e serie, è una denuncia militante contro l’arte del compromesso e della corruzione: attraverso una risata amara, rappresentata dalla troupe che abbiamo imparato a conoscere, vuole sensibilizzare alla verità. Meno incassi e più contenuti.

I titoli di coda

Sulla base di quanto è stato detto i titoli di coda, accennati all’inizio, assumono una connotazione nuova: dietro quei nomi non associabili a volti, ci sono tante storie, tante persone che contribuiscono a creare la pellicola proiettata. Questi nomi meritano dignità, o almeno di essere letti. Specialmente dopo aver guardato “Effetto notte”, un’opera sentimentale e genuina, una lunga serenata del suo regista alla Settima Arte.

AS