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Io e Dracula siamo amici

Che ci crediate o meno, sono passati più di cento anni dalla prima proiezione a Berlino di Nosferatu eine Symphonie des Grauens (1922) di Friedrich W. Murnau, ben trenta da quella del capolavoro di Francis F. Coppola Dracula di Bram Stoker (1992), ormai molto più di un secolo dalla prima pubblicazione del romanzo. E sembra ieri.

Questo perché Dracula è uno dei mostri classici, intramontabili, che ha scandito le epoche del cinema – ma non solo, continua a riverberare impunemente in ogni medium – come nessun altro personaggio di fantasia (sempre se siamo d’accordo sul fatto che il vampirismo sia soltanto un’invenzione del folclore popolare. Come dite, no? Molto bene, ne sono lieto).

Dunque dicevo, io e il conte Dracula siamo amici di lunga data, o almeno, io l’ho sempre considerato tale. Nonostante non sia mai stato, purtroppo, un ospite formale del suo malmesso castello in Transilvania, mi reputo uno di casa: a tal punto da non farmi più alcun problema ad entrare e uscire a piacimento da tale dimora, a visitarne le stanze, i cunicoli e persino i sotterranei. A cenare sul tavolo di legno apparecchiato ormai da secoli, a riposare davanti all’immenso camino rigorosamente spento. A volte rimango solo a guardare dalle alte finestre, in direzione della valle, nella nebbia può capitare di vedere ancora qualche lupo grigio.

Dracula è un romanzo pubblicato sul finire del 1897 da Bram Stoker, un gentile signore irlandese con la fissa per le epidemie di colera del XIX secolo, che gestiva il famoso Lyceum Theatre di Londra, ma soprattutto noto per essere un magnifico scrittore. Il suo capolavoro – Dracula, appunto – è romanzo epistolare, e cioè un testo in cui il racconto è interamente affidato alla voce stessa dei protagonisti, che sia per mezzo di uno scambio di lettere o attraverso l’utilizzo del diario personale degli stessi. Un tipo di racconto, insomma, che ha la particolarità di assomigliare vagamente a un resoconto testimoniale degli eventi.

Si potrebbe forse dire che si tratti di un tipologia letteraria che manca dell’intromissione diretta dell’autore sul piano diegetico dell’opera e che, quindi, lascia un posticino in più al lettore (e suddetto posticino io l’ho occupato da subito). Una costruzione narrativa che, per fare un esempio ribaltato su un altro medium, in qualche modo strizza l’occhio al lato documentaristico del cinema. Si tratta di conservazione della memoria perché ne mostra, in un certo modo, lo stesso afflato; nel caso della narrativa dell’orrore, rende un particolare servizio alla facilità d’immersione del lettore, dato che i personaggi si esprimono principalmente in prima persona. Ancora meglio, ricordano – dunque rivivono – gli eventi già vissuti, quelli in cui in seguito il lettore si immedesimerà.

Ora, ricordare è un fatto molto personale, come del resto lo è la tendenza a creare un legame speciale con un’opera in particolare, se non con una saga o una serie di altro tipo. Insomma, sto parlando di quel modo di legarsi a doppio filo ad una storia in generale, un impulso normale e quasi scontato. Il funzionamento di questo meccanismo che, ripeto, è del tutto personale, è molto semplice: la storia si sostituisce ad una mitologia, adattandosi allo spirito del tempo in cui viene scritta o letta, e viene a cementarsi nell’intimo dell’individuo che ne apprezza il significato, le sfumature o anche solo le atmosfere. Questa correlazione che si crea tra opera e lettore – o fruitore in generale – è fondamentale per spiegare quel legame a cui accennavo a inizio editoriale.

Ma nel mio caso non è così semplice. Per dirla in un altro modo, Dracula è uno dei miei romanzi del cuore, ma non il mio libro preferito. Il racconto ormai senza tempo di Bram Stoker, ha tutto quello che serve per continuare ad affascinarmi per sempre, certamente anche per il resto della mia vita, ma nonostante questo, non è in cima alla mia classifica. È strano, ma è vero. La mia, per dirla in modo chiaro, è una vera e propria ossessione.

Ricordare è anche l’azione fondamentale di tutti i personaggi nel Dracula di Bram Stoker, pensate solo al povero conte quanto ha dimenticato, quanto vorrebbe dimenticare e quanto invece ha salvato nella propria memoria. Ricordare dunque, e guarda il caso, io sono sempre stato uno smemorato, e i ricordi nel mio caso, non fanno eccezione. Si potrebbe al contrario dire che sono un grande dimenticatore. Forse è questo il mio legame, in definitiva una contrapposizione. Insomma, oltre all’innegabile fascino dell’opera, all’archetipo perfetto che ne forma il personaggio immortale e al contempo maledetto, forse si può, a volte, ridurre tutto alla semplice capacità di ricordare.

Succede anche, a volte, di essere talmente affascinati da un’opera, da cercarne ogni possibile iterazione: su pellicola, su carta, in musica. Nel caso di Dracula, l’operazione diventa particolarmente facile, visto che è il personaggio tra i più ricorrenti in assoluto per quanto riguarda il genere horror e non solo. Dal Nosferatu, eine Symphonie des Grauens di F. W. Murnau, il capolavoro muto ed espressionista del 1922, al Dracula interpretato da un sinistro, ma seducente, Bela Lugosi nel 1931. Dalle sperimentazioni esagerate e ultra-pop degli anni ’70 e ’80, uno su tutti Blacula del 1972 – un degno rappresentante della blaxploitation – per arrivare infine al kolossal moderno e sfarzoso del 1992 con Gary Oldman.

A tal proposito, vi lascio una breve lista di titoli, a mio parere imperdibili, almeno se si vuole diventare un collezionista di apparizioni draculesche, in basso all’articolo.

Come dicevo poco più su, trent’anni fa, veniva proiettato per la prima volta al cinema il Dracula di Francis Ford Coppola. Una pellicola capace di una messa in scena formidabile, con costumi ricchissimi e scenografie sontuose degne del miglior Visconti. Coppola mette un’attenzione particolare a rivelare il sottile erotismo contenuto nel romanzo di Bram Stoker, su cui pochissimi avevano mai messo prima l’accento in modo così rispettoso dell’opera originale – il romanzo gotico del resto è proprio questo, l’unione tra l’orrido e il romantico – e che ricalcava inoltre quelle atmosfere ottocentesche così tipicamente a cavallo tra l’antichità e la modernità.

Francis F. Coppola fa del romanzo nero di Stoker un discorso puramente estetico, come forse nessun altro autore. Dilatando una storia d’amore gotica, ad un tripudio onirico e maledetto. E imprime così, nell’immaginario comune, l’antieroe malinconico e disilluso per eccellenza. Un antieroe capace di superare completamente la definizione stessa di Alain Robbe-Grillet – quando si riferisce a “questi eroi senza naturalezza e senza identità” – e che funge anch’esso da tramite tra i Dracula in bianco e nero del passato e il cinema contemporaneo.

Dracula è tutto questo, ma è anche un personaggio che ormai viene declinato in tantissime sfumature e accezioni diverse. Perché partendo da presupposti forti – in questo caso mi riferisco a elementi precisi: radici gotiche europee, ingiustizia, una spiccata religiosità innata, ma anche rinnegata, una precisa mistica del sangue e della morte, una storia d’amore che travalica lo spazio e il tempo – Dracula è diventato ormai universale.

Ci sarebbero poi da riempire intere pagine per poter anche solo elencare tutte le opere in cui Dracula ha messo il mantello, per non parlare di film, libri, fumetti e videogiochi dove sono presenti anche solo dei vampiri.

Ma di questo parleremo forse un’altra volta. Ora devo andare al castello.

Cosa potete guardare per diventare anche voi amici del conte:

Nosferatu eine Symphonie des Grauens (1922) di Friedrich W. Murnau. Tutto inizia qui e potrebbe pure finirci, ma chi sono io per dire basta?
Dracula (1931) di Todd Browning. Fate molta attenzione all’irresistibile fascino slavo di Bela Lugosi. Per il resto, lasciatevi pure andare a teatrali svenimenti da belle époque. (Lo so, lo so, il film gemello di George Melford è meglio perché bla bla bla. Non mi importa. No, davvero, va bene così.)
Blacula (1972) di William Crain. Un principe africano chiede il vostro aiuto…
Nosferatu Phantom der Nacht (1979) di Werner Herzog. Tutto quello che dovete sapere è che Klaus Kinski in questo periodo della sua vita sembrava particolarmente, ma anche innaturalmente, sereno. E poi ci sono le musiche dei Popol Vuh.
Horror Of Dracula (1958) di Terence Fisher. Solo un indizio: Christopher Lee.
Fracchia contro Dracula (1985) di Neri Parenti. Giandomenico Fracchia, il ragionier Filini e Giucas Casella in un’unica, sconvolgente, pellicola.
Dracula di Bram Stoker (1992) di Francis F. Coppola. Mi raccomando non rovinate le tende di velluto.
L’ombra del Vampiro (2000) di Elias Merhige. Se vi piacciono i what if, ma anche se non vi piacciono.
Dracula 3D (2012) di Dario Argento. Se desiderate una guida passo-passo di come non si dovrebbe fare un film ispirato a Dracula. Mai.

Cosa potete ascoltare una volta a cena dal conte: (non sarà un granché, visto che mangerete comunque da soli. In ogni caso, fate attenzione quando tagliate il pane):

VV