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The Square: i labili confini di arte e morale

Christian (Claes Bang) è il curatore di un museo di arte contemporanea a Stoccolma, l’X-Royal, ma è trattato quasi alla stregua di una rock star. È un uomo che sembra avere tutto: è apprezzato, decisamente abbiente, affascinante, istruito. È potente. Eppure Ruben Östlund, regista di The Square ci rivela già nella seconda inquadratura di questa pellicola che Christian sta per perdere tutto: alla fine del film avrà smarrito la certezza su chi sia, nonché la sua posizione di potere.

Claes Bang in The Square

The Square, film del 2017, non è solo una satira pungente sull’élite culturale ma è anche una dimostrazione di come i nostri confini siano precari: fino a che punto l’arte è considerabile tale? qual è l’azione che smette di farci essere brave persone?

[Da qui in poi sono presenti importanti spoiler sulla trama di The Square]

The Square: l’etica e la realtà

L’X-Royal decide di acquistare the Square, opera realizzata da un’artista argentina, Lola Arias. Come suggerisce il titolo, è un quadrato di quattro metri per quattro delineato da una striscia di led. Niente di così elaborato se non fosse per la frase iscritta su una targa poggiata ai piedi dell’opera:

Il quadrato è un santuario di fiducia e amore. Al suo interno abbiamo tutti gli stessi diritti e gli stessi doveri.

Lola Arias, The Square

Per presentare The Square, Christian tiene un discorso nel quale parla del messaggio universale dell’opera – con tanto di finta commossa improvvisazione – per una folla di ospiti del museo, composta per lo più da anzianotti impettiti poco interessati alle opere quanto più all’occasione sociale. Un messaggio positivo, di amore e fratellanza. Parallelamente, però, Östlund ci propone costantemente immagini di uomini e donne invisibili ed ignorati: clochard. Il regista ci racconta la bivalenza di quella frangia perbenista e intellettualoide della società, incarnandola nella persona di Christian.

All’inizio del film, infatti, assistiamo all’innesto di un meccanismo pericoloso. Christian sta camminando per una piazza piuttosto affollata quando delle urla di terrore attirano l’attenzione dei più; una donna si precipita in mezzo alla gente dicendo che qualcuno la vuole uccidere. Con pochi secondi di ritardo la piazza è nuovamente scossa da grida, stavolta maschili e furiose. Christian e un passante difendono la donna che, alla fine, sparisce inosservata così come il suo aguzzino. Dopo qualche scambio fra sollievo e incredulità, svanirà anche il passante. “Che storia!” pensa il nostro paladino mettendosi le mani nelle tasche adesso svuotate da portafogli e cellulare: è stato vittima di una truffa.

Attraverso il GPS del cellulare, il truffatore è rapidamente individuato: deve trovarsi in un palazzone della periferia. Che fare però? Christian e un suo collaboratore, attraversati da un’ebbrezza di giustizia, decidono di scrivere una lettera nella quale si rivolgono al ladro intimandolo di restituire la merce e lasciarla in un locale vicino alla stazione. Ne stampano cinquanta copie e ne fanno scivolare una nella cassetta di ogni appartamento del palazzo. Dopo circa una settimana, al 7-Eleven della stazione viene recapitato un pacchetto con dentro gli averi di Christian: il portafogli è addirittura integro. L’uomo si sente potente. Esce dalla macchina e, irrorato da nuovo entusiasmo, dà tre banconote ad una mendicante, le stringe la mano e sfreccia via, verso il suo regno. Alcuni giorni dopo, però, gli arriva una nuova chiamata dal 7-Eleven: è stata recapitata una lettera per lui.

È così che ci troviamo di fronte a un bambino furibondo. La lettera del curatore museale ha fatto credere ai suoi genitori che lui sia un ladro; adesso, si trova a pagare le conseguenze per qualcosa che non ha fatto. Vuole delle scuse.

Christian rifiuta di vedere il suo accusatore, manda dei suoi sottoposti ad incontrarlo e quando il bambino, desideroso di giustizia, arriva, a sua volta, a casa dell’uomo per confrontarlo, Christian lo spinge giù per le scale lasciandolo agonizzante a chiedere aiuto per quelle che sembrano essere ore.

The Square – Il bambino che aspetta Christian nelle scale del suo palazzo

Il bambino scompare. L’uomo lo prova a chiamare, gli registra un video di scuse, lo cerca a casa. Nulla da fare. Ormai, quella facciata di etica ferrea così in linea con The Square – l’opera – è sostituita da un dubbio lancinante: cosa ho fatto? Chi sono veramente?

I limiti dell’arte:

Parallelamente a questa vicenda, un altro livello narrativo percorre la pellicola. Per sponsorizzare The Square, infatti, l’X-Royal assume due creativi che decidono di scegliere una via ben precisa. Dal momento che i valori dell’opera sono così universalmente condivisibili, è necessario creare del conflitto.

I due producono un video smaccatamente – e ridicolmente – cinico che, nel giro di pochissimo, diviene virale. Östlund usa questo livello narrativo per discutere di come, ad oggi, sia necessario utilizzare una retorica molto polarizzata per essere ascoltati ed avere attenzione. Il video porterà alla perdita del lavoro di Christian. Da qui si generano polemiche di due tipi, sia per il messaggio del video in sé che per le dimissioni del curatore, viste come un atto di autocensura. Ma “l’importante non è che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli”. Infatti, alla conferenza stampa in cui l’uomo annuncia la sua decisione di lasciare l’X-Royal, è di The Square che si parla: l’opera che ha generato tutto questo.

The Square- Oleg Rogozjin (Terry Notary) durante la sua performance

Se un brutto video promozionale può far precipitare un uomo dal piedistallo, diversamente accade per delle strane opere artistiche. Un tema del film è quello riguardante la riconoscibilità dell’arte ed in particolar modo di quale sia il reale confine dell’arte contemporanea. La performance di Oleg Rogozjin (interpretato da Terry Notary, artista della motion capture in film come Lo Hobbit e Avengers: Endgame) solleva dei dilemmi di tipo etico¹.

A una cena inaugurale al museo, infatti, Rogozijin è chiamato per emulare una sorta di uomo-scimmia. Se dapprima il pubblico è divertito dall’interpretazione, il limite dell’intrattenimento è ben presto superato per lasciare il posto alla totale immedesimazione. Sulla sala cala un denso silenzio confuso e spaventato al culmine del quale Rogozijin afferra una donna per i capelli e la trascina per terra con fare animalesco. I commensali, arrabbiati, si scagliano su di lui ed iniziano a colpirlo. Una voce femminile intima loro di ucciderlo. È arte o è un’aggressione?

Allo stesso modo, ad inizio film, ci viene mostrata un’opera composta da pile di ghiaia poste di fronte ad una scritta luminosa: “You have nothing”. Un addetto alle pulizie smonta accidentalmente una delle montagnole. Una collaboratrice di Christian, costernata, va dall’uomo per comunicargli che l’opera è stata danneggiata ed è necessario chiamare l’assicurazione. Chrisitan è di tutt’altro avviso:

Facciamo così: ci vediamo giù fra cinque minuti. Tu porti le fotografie della ghiaia e insieme sistemiamo tutto senza dire niente a nessuno.

Christian, The Square

È in questo momento che l’opera smette di essere un’acuta provocazione e diviene solo un mucchio di sassolini. 

Chi siamo?

The Square è un film lungo e fittamente compartimentato: parla di classe, di pregiudizi, di arte, di identità, di rapporto uomo-donna (dove la donna in questione è Elisabeth Moss), forse di paternità, di comunicazione pubblicitaria, del perdere tutto.

Lo fa, però, in maniera molto organica. Ci diverte ma lo fa mettendoci a disagio; ci propone personaggi ridicoli, che falliscono, ma che non analizza con una lente cinica quanto più con un metodo sociologico. Östlund vede Christian come un’incarnazione di tutti: la maggior parte di noi crede, infatti, nei valori di The Square. Sono semplici, buoni e condivisibili. Basta, però, un dilemma morale (come comportarsi dopo il furto) per far emergere un lato di noi che ignoravamo. Christian è una sovrapposizione di valori positivi e azioni spregevoli, di bene e di male, esattamente come avviene nella realtà. Non siamo persone che commettono gesti deplorevoli ma che nel profondo sono buone. Siamo la totalità delle nostre azioni.

Note:

¹ Il personaggio di Oleg Rogozijin è ispirato a quello di Oleg Kulik

BV