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Love, Death & Robots: John Scalzi e il prezzo della risata

Nell’era d’oro delle serie televisive, quella che da qui a qualche anno stiamo vivendo, un tipo specifico di prodotto si sta timidamente facendo largo nei palinsesti dei maggiori distributori online: le serie antologiche.

Che siano storie che si esauriscono nell’arco di una stagione (American Horror Story) o anche solo di un episodio (Black Mirror, Modern Love, Easy) questo equivalente audiovisivo del racconto breve, proprio grazie alla sua fugacità, riesce a catapultare lo spettatore in un microcosmo credibile e incisivo.

La locandina realizzata per Il dominio dello yogurt

È in questo panorama che si colloca uno dei più interessanti esperimenti narrativi degli ultimi tempi: Love, Death & Robots.

Fincher, Miller & Heavy Metal

La serie nasce dall’incontro di David Fincher (regista, fra i tanti, di Fight Club e Il curioso caso di Benjamin Button) e Tim Miller (Deadpool). Verso la fine degli anni 2000 i due decidono di iniziare a lavorare ad un rifacimento del film d’animazione Heavy Metal, opera dei primi anni ’80 con delle caratteristiche atmosfere cyberpunk che andrà a costituire l’ispirazione per molti prodotti multimediali futuri ¹.

Trovare una casa di produzione interessata a investire nel progetto sembra però quasi impossibile. Inoltre, procedendo nell’elaborazione dell’idea, Fincher e Miller si rendono conto che un film non è il medium più adatto a sviluppare la loro visione: servono dei corti a episodi.

È solamente con l’entrata in scena di Netflix che i due possono dare vita a Love, Death & Robots.

La serie, ad oggi, conta all’attivo due stagioni (Volume I e Volume II) per un totale di 26 episodi – 18 nella prima e 8 nella seconda. Gran parte sono adattamenti di racconti brevi.

Oltre alla durata delle storie (l’episodio più lungo dura 18 minuti), al fatto che ogni corto sia realizzato con la tecnica dell’animazione (eseguita da studios diversi) e alla presenza di almeno uno fra amore, morte o robot, fra i vari episodi i punti di incontro non sono poi tanti. Eppure ciò che si crea è un accordo ben riuscito di temi, ambientazioni, umori e stili.

La serie è anche stata un banco di prova per Netflix che l’ha usata, proprio in virtù del suo essere antologica, per sperimentare come un diverso ordine degli episodi potesse influenzare gli utenti; in un primo momento molti avevano attribuito un collegamento fra l’arrangiamento delle puntate e l’orientamento sessuale dei possessori dei singoli account. Una smentita di Netflix non ha tardato ad arrivare.

Una dichiarazione di Netflix circa l’ordine degli episodi di Love, Death & Robots

Non è un mistero che il colosso dell’intrattenimento faccia largo uso di dataficazione per incontrare i gusti dei propri clienti nella maniera più mirata possibile. Questo, però, non sembra essere il caso.

Love, Death & Robots: l’umorismo rivelatore di John Scalzi

In (quasi) ogni episodio di Love, Death & Robots è possibile trovare una morale più o meno importante, più o meno evidente. Persino nei corti tratti dai racconti di John Scalzi – famoso per la sua penna umoristica – sebbene al limite del demenziale, si cela il più tetro e concreto dei messaggi.

La locandina realizzata per l’episodio Tre robot

Tre Robot racconta la storia (avete indovinato) di tre robot in gita sul nostro pianeta. La vita umana è ormai estinta da secoli e, a testimoniare il nostro passaggio, sono rimasti solo artefatti di uso quotidiano e cadaveri. La vita felina, invece, sembra passarsela alla grande.

Il secondo episodio di Scalzi, Il Dominio Dello Yogurt, è la storia di un ceppo di batteri per fare lo yogurt che diviene senziente e assume il dominio del mondo; a seguire abbiamo Alternative Storiche, un episodio nel quale ci troviamo al cospetto di Multiversity, “la prima piattaforma di fantastoria d’America!”, uno strumento che ci permette di esplorare come i diversi esiti di alcuni dei più importanti eventi della storia moderna possano cambiare in base a diverse simulazioni della morte di Adolf Hitler: ciò che otteniamo sono sei minuti e mezzo di comici effetti farfalla.

La locandina realizzata per l’episodio Alternative storiche

L’ultimo episodio tratto dal lavoro di Scalzi, Servizio Clienti Automatico, è presente nella seconda stagione. Un’anziana – ma decisamente pimpante – residente della comunità di riposo Sunset City si ritrova a dover fronteggiare il proprio robot per le pulizie (un Roomba molto intelligente ed estremamente arrabbiato dal nome di Vacuubot): il servizio clienti non si rivelerà essere di grande aiuto.

Le storie di Scalzi sono accomunate da una visione dell’umanità molto poco lusinghiera.

Siamo dipinti come fautori delle nostre disgrazie: talmente sciocchi da donare ai gatti il pollice opponibile ²; totalmente dipendenti da macchine che dotiamo anche di un sistema per poterci, potenzialmente, uccidere; soggiogati da latticini super intelligenti che, alla fine, decidono di abbandonarci perché non necessari.

La visione dell’autore descrive (ed estremizza) una conseguenza reale del progresso tecnologico. Stiamo diventando sempre più incapaci di muoverci nella realtà senza ausili esterni ai quali deleghiamo ormai ogni cosa. Siamo sempre più pigri e meno adattabili. In poche parole: sempre più stupidi.

Non dobbiamo, però, fare l’errore di credere che il progresso sia la nostra condanna. Prima dell’invenzione della scrittura le nostre capacità mnemoniche erano di gran lunga superiori di quelle attuali. Eppure, senza l’uso della scrittura, non avremmo trasmesso con la stessa efficacia la stessa mole di informazioni di cui disponiamo oggi, non saremmo stati in grado di disporne, di rielaborarla e non avremmo prodotto ulteriore conoscenza.

La questione non prevede una soluzione semplice: non possiamo affidarci alla tecnologia senza sacrificare una parte di noi. Non possiamo rinunciare al progresso perché significherebbe smettere di conoscere.

Ma non c’è solo questo. L’altro problema dell’essere umano è il suo credersi eterno e inarrestabile, proprio questo conduce alla fine della sua vita sulla terra.

È stata l’arroganza a mettere fine al loro regno. La convinzione di essere il culmine della creazione li spinse ad avvelenare l’acqua, ad uccidere la terra e a soffocare il cielo. Alla fine non servì l’inverno nucleare ma solo il lungo autunno del loro egocentrismo.

(11-45-G)

Lo sfruttamento incontrollato delle risorse è un argomento del quale oggi si parla molto. Il rischio di trattare un tema del genere è, ormai, quello di cadere nella banalità. Forse, la scelta di mostrare le conseguenze delle nostre azioni non vuole essere un monito a cambiare ma solo l’affermazione di una sorte che ormai abbiamo deciso, scioccamente, di abbracciare.

Ciò che è stato qui preso in considerazione è solamente una piccola parte di ciò che un progetto amato e voluto come Love, Death & Robots può offrire ai propri spettatori. Se ancora non l’avete fatto, vi consigliamo di recuperare questa particolarissima visione su Netflix.

BV

Note

¹ Heavy Metal è anche omaggiato in un episodio di South Park.

² E sappiamo tutti che il 90% ci tollera in quanto maestri dell’antica arte dell’aprire scatolette di cibo.