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Yellowjackets: un ibrido tra survival e teen drama che funziona

Va detto subito: Yellowjackets è una serie che funziona.
Forse perché unisce elementi di diversi generi o per il cast di tutto rispetto: ma, decisamente, non passa inosservata.

Le parole d’ordine? Horror, Thriller e Teen Drama. Perché, se proprio dobbiamo farlo rientrare in una categoria, Yellowjackets è anche questo.
Negli ultimi anni l’attenzione verso questo genere è aumentata di molto, preferendo un approccio meno superficiale ai problemi dell’adolescenza ma che anzi mettesse in luce dinamiche piuttosto cruente.
Siamo quindi passati dalle serie anni ‘90 come Beverly Hills 90210 e Dawson’s Creek, che si focalizzavano su tematiche classiche quali prime relazioni amorose e conflitti con i genitori, a vere e proprie tragedie capaci di mostrare lati umani crudeli e sadici.
Lo abbiamo visto già con Cruel Summer, ideata da Bert V. Royal e distribuita in Italia da Amazon Prime Video. Ed è proprio il caso di Yellowjackets, serie survival drama creata da Ashley Lyle e Bart Nickerson, che per le sue premesse è stata additata subito come “la nuova Lost con gli adolescenti”: ma basta vedere il primo episodio per capire che con Lost ha poco a che fare, e la serie di Showtime mostra fin da subito una volontà forte di emergere nel panorama televisivo.

La squadra pronta per il torneo nazionale

“Secrets have always been a part of us”

La serie vede come protagonista una squadra di calcio femminile liceale del 1996, le Wiskayok High School Yellowjackets, in partenza per Seattle per partecipare a un torneo nazionale.
Durante il volo, l’aereo precipita nel profondo dei boschi dell’Ontario, e le superstiti si ritroveranno ad attendere i soccorsi per 19 mesi. Nel cuore della natura selvaggia canadese, le ragazze scenderanno presto nella follia, dando sfogo a istinti primordiali di sopravvivenza fino a ricorrere al cannibalismo.
Venticinque anni dopo seguiamo quattro delle superstiti dell’incidente (Shauna, Taissa, Natalie e Misty) alle prese con i tentativi di superare un fortissimo trauma e soprattutto con la volontà di mantenere segreto quello che è successo.

Lo spettatore quindi si muove su una doppia sequenza temporale, tra passato e presente, in modo da avere un quadro completo degli eventi e scelte che hanno influenzato, e continuano a influenzare, la vita delle quattro donne.
Non manca un elemento soprannaturale che permea tutta la prima stagione e aumenta sicuramente la suspense, tanto da spingere lo spettatore a chiedersi se le ragazze sono spinte alla crudeltà da qualcosa di oscuro o dalla fame e dal loro istinto primitivo.

Da sinistra a destra: Melanie Lynskey (Shauna adulta), Tawny Cypress (Taissa adulta), Juliette Lewis (Natalie adulta), Christina Ricci (Misty adulta).

Facce dipinte e capelli lunghi

Viste le premesse è facile intuire da dove abbiano preso ispirazione i due autori per questo cocktail di teen drama, horror e crime.
La serie ricorda innanzitutto il disastro aereo del 1972 che vide il volo F571 precipitare sulla Cordigliera delle Ande. I sopravvissuti, bloccati sulla catena montuosa argentina per 72 giorni, dovettero affrontare prove fisiche e psicologiche disumane fino alla necessità di ricorrere al cannibalismo (dei compagni morti) per sopravvivere.

Ma è indubbio che Il Signore delle Mosche, di William Golding, giochi un ruolo primario come fonte di ispirazione.
Il libro, pubblicato nel 1954 e vincitore del Premio Nobel per Letteratura nel 1983, ha come protagonisti un gruppo di ragazzi inglesi che dopo un disastroso incidente aereo restano bloccati su un’isola deserta. I tentativi di autogovernarsi falliranno miseramente e ben presto la loro vita si trasformerà in un vero e proprio incubo.

“Gli umani producono il male come le api producono il miele”: questo era il pensiero di Golding. La sua concezione assolutamente pessimistica dell’uomo, per lui intrinsecamente cattivo sia in natura sia in società, si riversa nel libro. Collegandosi, a sua volta, a temi quali: gli impulsi umani in opposizione alla civiltà, lo scarto tra pensiero di gruppo e quello individuale, la razionalità in rapporto all’emotività e, ovviamente, il contrasto tra moralità e immoralità.

“We won’t be hungry much longer”

Yellowjackets riprende questi aspetti concentrandosi però nella rappresentazione di un’adolescenza feroce e dando una visione più profonda dell’amicizia femminile, specialmente in una situazione estrema come quella vissuta dalle ragazze.

The show is a metaphor for teenage hierarchy. These girls were already ravaging one another in 1996.

Lyle, in un’intervista a Forbes

La serie approfondisce il discorso dell’adolescenza, senza limitarsi a parlare superficialmente di ragazzi e vestiti, ma dando una visione complessa dei rapporti e delle relazioni negli anni della formazione.
Le ragazze si trovano infatti ad affrontare non solo il trauma dell’incidente e della morte delle loro compagne, ma anche tradimenti e amicizie messe a dura prova nel tentativo di restare vive. Quello che ne emerge sono rancori e sensi di colpa che anche venticinque anni dopo continuano a scavare nell’animo delle quattro donne; ormai abituate a nascondere il loro segreto, vivono infatti di bugie e impulsività e nascondono il loro vero io sotto una maschera di finta normalità. Celando a tutti, se non a loro stesse, quello di cui sono capaci.

Quasi sembra che vada tutto bene…

Proprio per il loro realismo sono personaggi che seppur problematici e con cui è seriamente difficile empatizzare, esercitano un fascino magnetico sullo spettatore.
Non a caso in scena abbiamo una caratterizzazione estremamente realistica. Si evita di racchiudere le ragazze in schemi prestabiliti e soprattutto ci si allontana dai tropi narrativi tipici dei teen drama.
Non abbiamo quindi una divisione netta tra “buoni” e “cattivi”, quanto piuttosto una dualità che evidenzia la volontà dei due autori di mostrare le donne come persone multidimensionali.
Emergono infatti personaggi femminili complessi, stratificati e sfaccettati. Brave, educate e talentuose ma in grado di commettere atti orribili ed egoistici quando si tratta di affrontare caos e tragedia.

La perdita della bussola morale

[DISCLAIMER: questo paragrafo contiene SPOILER sugli ultimi tre episodi della serie.]

Vi è un evento in particolare che segna come uno spartiacque la discesa delle ragazze verso la brutalità.

Nell’episodio 8 “Il volo del calabrone” (Flight of Bumblebee) Laura Lee decide di provare a far volare un vecchio aereo precipitato nel folto della foresta, chissà quanti anni prima.
La speranza si riaccende e tutti contribuiscono a sistemare il vecchio velivolo, preparando anche una pista per il decollo rimuovendo sterpaglie e ostacoli.
Forse a causa del carburante vecchio o, se vogliamo guardare al soprannaturale, a una volontà che non vuole che le ragazze lascino la foresta, l’aereo esplode in volo. La flebile speranza del gruppo di essere recuperato va in fumo.

Una festa con risvolti oscuri

Quello di Laura Lee è un personaggio basato su gentilezza e forte fede. Si dedica alla cura delle sue compagne e nello specifico a tenerle sotto controllo e stabili psicologicamente; ciò vale soprattutto per Lottie, la quale è spesso in preda a visioni premonitrici.

La sua morte è un freno rimosso che dà il via alla frenetica discesa delle ragazze verso la follia.
Non a caso nell’ episodio successivo “Condanna Party” (Doomcoming) il ballo preparato dalle ragazze, per cercare una parvenza di normalità, si trasforma in una caccia oscura. Ricorda quasi una celebrazione del dionisiaco, con le ragazze nel ruolo delle baccanti. Quasi un rito orgiastico che vede l’ascesa proprio di Lottie come Regina delle Corna.

La Regina delle Corna

Allegoricamente il messaggio è chiaro, così come il riferimento a Il Signore delle Mosche.
Nel libro di Golding, la lotta tra Ralph (ragione) e Jack (impulso) è vinta da quest’ultimo: il ragazzo è stato in grado di sfruttare la paura ancestrale del gruppo verso la bestia.
Jack gioca quindi su un piano emotivo, individuando la debolezza del gruppo e decidendo di alimentare questa paura per ottenere il potere.

Yellowjackets cambia le dinamiche ma riprende proprio questo concetto.
Venuto meno l’aspetto razionale della comunità, racchiuso nel personaggio di Laura Lee, è facile cedere all’istinto e all’emotività lasciandosi guidare da Lottie.
“Let the darkness set us free”: questa sua frase, che segna la fine dell’ultimo episodio “Sic Transit Gloria Mundi”, non lascia infatti presagire nulla di buono.

[FINE DISCLAIMER]

Tra vecchi rancori e rimpianti seguire la storia delle Yellowjackets è un turbinio di emozioni contrastanti. Il mix di tensione, mistero e azione fanno di questo teen drama una serie accattivante in grado di incollare allo schermo un target vastissimo.
Il cast riuscitissimo, con le straordinarie Christina Ricci e Juliette Lewis è solo la ciliegina sulla torta di questa serie più che promettente.

CC