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Tide Child Trilogy di R.J. Barker, una nuova serie in Italia

Nell’articolo di oggi parleremo di una trilogia inedita in Italia, ma che in pochi mesi sarà sugli scaffali delle nostre librerie: la Tide Child Trilogy, serie fantasy di R.J. Barker.

The Bone Ships, pubblicato in Gran Bretagna dalla Orbit nel 2019, poi seguito da Call of the Bone Ships e The Bone Ship’s Wake, rappresenta il nuovo lavoro di Barker dopo la Wounded Kingdom Trilogy. Di quest’ultimo, soltanto il primo è stato tradotto da Mondadori con il titolo L’Età degli Assassini, ma The Bone Ships ha da subito incuriosito autori e lettori di tutto il mondo.

R.J. Barker, autore della trilogia Tide Child

Dal momento che il primo romanzo sarà disponibile in italiano nei prossimi mesi, useremo in questo articolo i termini presenti in lingua originale (inglese) e, all’occorrenza, vi daremo una breve spiegazione del loro significato. Non vogliamo intaccare la traduzione di Francesco Vitellini, che avrà l’arduo compito di trasportare nella nostra lingua tutta l’originalità linguistica del worldbuilding.

Dopo questa doverosa premessa, avventuriamoci nelle Hundred Isles.

Di cosa parla The Bone Ships?

Nel mondo creato da Barker, nel corso dei secoli sono state costruite navi utilizzando le ossa di antichi draghi marini, per una guerra che va avanti da tempo: quella tra le Hundred Isles e le Gaunt Islands. A causa di questo, i draghi sono ormai scomparsi, al contrario del conflitto che non sembra vedere una fine. A un certo punto, però, il primo drago marino viene avvistato ed entrambi gli schieramenti ambiscono a ritrovarlo, poiché chi riuscirà ad avere il drago non solo vincerà la guerra, ma otterrà la gloria eterna.

La mappa presente all’inizio di ogni volume della Tide Child Trilogy, disegnata da Tom Parker

La sinossi ci parla di un conflitto comune nella narrativa fantastica: la lotta per il potere. Ci fornisce, inoltre, ulteriori elementi intriganti, il più importante dei quali è sicuramente l’utilizzo dello scheletro dei draghi marini per produrre le navi. Infatti, quelle costruite con altri materiali non sono adatte alla navigazione quanto le loro controparti ossee.

Tuttavia, la fantasia di Barker non si è limitata a questo: le navi – the boneships – si dividono in bianche e nere. Le prime sono quelle ordinarie della flotta, mentre le seconde sono dipinte di questo colore per arruolare i condannati, destinati a servire fino alla loro morte. Queste persone sono già considerate come cadaveri. Ma non è l’unica ragione per cui si distinguono: sulle navi bianche, infatti, aleggiano delle luci create con il sacrificio di bambini.

Una società matriarcale

La struttura della società nelle Hundred Isles è di tipo matriarcale ed è regolata dalla facoltà delle donne di generare figli in salute senza a loro volta morire di parto. In base a questo, vengono divise in diverse classi: appartengono alle Bern se sono sopravvissute alla nascita del bimbo e se il nascituro non presenta malformazioni. In caso contrario la classe di appartenenza sarà Berncast. Qui finiscono non solo i bambini nati malformati, ma anche figli sani le cui madri sono morte durante il travaglio: il loro sangue viene considerato debole.
Sono frequentissimi i decessi e le malformazioni; i nascituri sani sono visti come miracoli e perciò, spesso, il primogenito viene dato in sacrificio alle navi.

Ci sono alcune eccezioni per cui si può salire di casta. Una donna Berncast, infatti, può dar vita a figli sani – spesso donati alle navi – oppure un maschio può entrare a servizio di un Bern, diventando un appartenente alla casta Kept (letteralmente tenuto, mantenuto).

Esempio di boneship secondo Tom Parker

La vita sulle navi e alcune questioni linguistiche

La società non è regolamentata solo sulla terra ferma: trattandosi di una popolazione dedita alla navigazione, è proprio sui velieri che sono presenti leggi ferree.
La catena di comando rispecchia nei ruoli più o meno quella del nostro mondo. Tuttavia, la sua nomenclatura è totalmente nuova e sono presenti tante accortezze linguistiche. Prima fra tutti, la nave – sostantivo femminile sia in italiano sia in inglese – diventa un sostantivo maschile. Quindi non ci si riferisce alla nave come she, né tantomeno come it, ma il pronome utilizzato è he. Partendo da questo, il comandante assume il titolo di shipwife, e ciò vale sia per il genere maschile che per quello femminile. Seguendo lo stesso principio, il o la comandante della flotta è Shipmother.

Nella gerarchia troviamo parole somiglianti tra loro:

  • Il primo ufficiale ha il titolo di deckkeeper;
  • Il secondo ufficiale è un deckholder;
  • Deckmother è responsabile della disciplina a bordo;
  • Il marinaio semplice si chiama deckchild;
  • Un termine generico che si riferisce a un membro dell’equipaggio è deckchilder.

Insomma, gli ufficiali hanno cariche il cui significato è tenere o mantenere il ponte, mentre i membri più semplici sono figli. Curioso che deckmother, colui o colei che controlla i comportamenti dell’equipaggio, abbia la parola madre come significante.

Altri esempi di boneships, da un disegno di Tom Parker

Sulle navi però, come anche nel mondo reale, vigono delle regole che mirano a governare un mondo fondamentalmente separato. Un esempio è la legge secondo cui sono permesse relazioni tra i membri dell’equipaggio soltanto tra persone dello stesso sesso, allo scopo di evitare gravidanze. Oltre al fatto che la donna possa non volere a prescindere un figlio, il periodo di gestazione e specialmente il parto mettono a rischio la salute della madre, come abbiamo già visto. Tali complicazioni porterebbero anche alla perdita di un valido membro dell’equipaggio. La pena conseguente all’infrazione di suddetta legge è la morte. Come accennato, però, i rapporti di per sé non sono vietati e il partner prende il nome di shipfriend, termine richiamante girl/boyfriend.

Alla luce di questi pochi termini, si può intuire come il lavoro di traduzione presenti delle sfide difficili. Il motivo è semplice: non solo bisogna portare il testo da una lingua a un’altra, ma occorre offrire un’esperienza di lettura agli italiani il più vicina possibile a quella anglofona. In alcuni casi, però, questo non è fattibile. Per esempio, il cambiamento di genere grammaticale di nave suonerebbe strano con qualsiasi soluzione. Sostituire l’articolo sarebbe ridicolo, e allo stesso modo usare veliero fa sì che non si avverta comunque la variazione di genere. In poche parole, è necessario fare delle scelte sapendo già in partenza che qualcosa andrà perso.

Flora e fauna, un’immaginazione infinita

Per quanto riguarda la flora, un materiale naturale spesso citato è il gion, usato per costruire le navi in mancanza di ossa, ma troppo fragile per poter competere con esse.
In ogni isola visitata dell’arcipelago, inoltre, l’autore descrive la vegetazione nel dettaglio e, nonostante i nomi siano inventati, Barker ci trasporta con maestria nell’ambientazione: compito non facile all’interno di un mondo nuovo e sconosciuto. Siamo perfettamente consci di cosa circonda i personaggi, pur non conoscendo piante e animali. L’ambientazione è un qualcosa a cui tutti noi lettori di fantasy prestiamo particolare attenzione, e in questo non rimaniamo affatto delusi.

R.J. Barker crea un vero e proprio mondo alternativo fatto di isole strane, una vegetazione peculiare e animali unici nel loro genere. A partire dai draghi marini e l’uso che si è fatto del loro scheletro, l’autore non usa solo il termine generico sea dragon per definirli, ma anche Arakeesian o Keyshan – famoso diventa l’urlo di avvertimento del topboyKeyshan Rising!” all’avvistamento dei draghi – sfruttando appieno le potenzialità della lingua utilizzata.


Arriviamo poi ai Guillaime, creature magiche in grado di controllare i venti e usate dagli umani per poter navigare anche in assenza di correnti d’aria. Essi non hanno la capacità infinita di governarli, ogni tanto devono “ricaricarsi” in isole dov’è presente un windspire, una specie di pinnacolo naturale che ridà vigore al Guillaime.

Sono esseri capaci di parlare – qui Barker dà una particolare voce ai Guillame con un inglese coerentemente sgrammaticato in tutti e tre i libri – che vengono accecati alla nascita per poter essere più facilmente assoggettati al controllo umano.

Disegno di Guillaime secondo Tom Parker

Nella trilogia Tide Child è proprio un Guillaime a essere tra i protagonisti, acquisendo un ruolo di fondamentale importanza. Purtroppo non possiamo scendere in particolari, al fine di non rovinarvi l’esperienza di lettura. Sappiate che, pur essendo un solo esemplare della sua specie, questa creatura ha un potere e delle caratteristiche speciali che la rendono uno dei nodi da sciogliere nel complesso mondo che Barker ha creato.

Uno scorcio sui protagonisti e le tematiche principali

Dopo questo piccolo viaggio nell’ambientazione, è tempo di conoscere i personaggi di quest’avventura.

Joron Twiner è il protagonista che troviamo da subito come shipwife della nave di ossa Tide Child – veliero nero molto grande – disperato dalla piega che ha preso la sua vita. Incontriamo immediatamente anche Meas, la quale sfida Joron per la carica di shipwife. Man mano che procediamo con la lettura conosciamo anche tutti gli altri membri dell’equipaggio, ognuno con un ruolo e una propria storia, i cui rapporti sono tra i punti focali della Tide Child Trilogy.

Joron è un personaggio con cui può risultare complicato empatizzare, è vittima della sindrome dell’impostore e le sue lamentele sono frequenti. Ciononostante, osservare la sua crescita è un viaggio continuo. Ovviamente ci sono alti e bassi, ma quello che terrà insieme tutte le redini è il rapporto di fiducia e di amicizia. Meas è vista un po’ come una persona inarrivabile, ma anche lei avrà la sua occasione per mostrarsi come un normale essere umano con punti di forza e debolezze.
Sacrificio e spirito di squadra sono un fil rouge per tutta la Tide Child e tutto è in costante evoluzione.

Shipwife con il caratteristico cappello, illustrazione di Tom Parker

Non mancano tematiche importanti e contemporanee, prima fra tutti la schiavitù e la moralità che ne consegue, ma quello che si percepisce fin dalla prima pagina è il tema della ricerca del proprio posto nel mondo. E questo vale per tutti: da Meas a Joron, da Dynil a Farys, dalla madre di Meas a Solemn Mufaz. Tutto ciò acquisisce una dimensione non solo individuale, ma anche e soprattutto collettiva, cercando di trovare un riscatto per una vita che non ha fatto sconti e provando sempre a migliorarsi. Perché tutti hanno bisogno di una seconda occasione e la possibilità di mostrarsi per quello che realmente sono.

Non vogliamo anticiparvi più di tanto i protagonisti, dal momento che scoprire pian piano le loro sfaccettature fa parte del viaggio stesso. Non lasciatevi scoraggiare se all’inizio la narrazione appare confusionaria e ci sono tante parole nuove da ricordare: una volta stabiliti i concetti principali, Barker accelererà i ritmi narrativi e ci saranno tanti risvolti capaci di tenervi con il naso incollato alle pagine.

MS