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Swallow, guida contorta per assumere il controllo

Swallow parla di controllo e vi farà stare fisicamente male. Carlo Mirabella-Davis ha scritto e diretto (e parliamo, inspiegabilmente, di un’opera prima) un film dalla bellezza disarmante, caricato di una componente sensoriale che raramente capita di trovare. È per questo motivo che, laddove ciò che viene mostrato è sgradevole e non è filtrato dalla lente dell’empatia, ferisce. E vi ferirà.

Hunter (Haley Bennett) mentre prepara la camera per il bambino che aspetta

Sinossi

Swallow ci racconta lo spaccato più significativo nella vita di Hunter, una giovane casalinga sposata con un ricco-di-una-ricchezza-inquantificabile giovane e avvenente rampollo di una famiglia di successo, Richie. I due novelli sposi vivono in una casa da sogno fuori New York. La vita di Hunter, ci viene rivelato nei primi minuti di film, è una rincorsa alla perfezione per soddisfare suo marito, una fuga dalla frustrazione del non riuscire nella carriera di grafica che ha deciso di intraprendere¹ e che rifugge nel più totale e costante annebbiamento ricercato nell’intrattenimento televisivo o in giochi poco impegnativi da fare sul cellulare.

La vita di Hunter è, insomma, un costante tentativo di soffocare cosa si prova e chi si è: fingersi felici se non lo si può essere veramente.

Richie (Austin Stowell) e Hunter (Haley Bennett)

Le cose prendono una piega inaspettata quando la coppia scopre di aspettare il loro primo figlio e Hunter sviluppa un’inaspettata pulsione: il picacismo. Per dirla brevemente, Hunter ingerisce oggetti non commestibili.

[DISCLAIMER: da qui in avanti sono presenti importanti spoiler sulla trama di Swallow]

La parabola del controllo

La storia dietro a Swallow è stata ispirata dalle vicende accadute alla nonna stessa di Mirabella-Davis negli anni cinquanta. I nonni del regista hanno avuto un matrimonio di stampo classicamente patriarcale e sua nonna ha subito il controllo del marito per diversi anni. Questo l’ha portata a sviluppare una mania per la pulizia: la donna cercava occasioni per esercitare controllo sulle cose lì dove poteva. Questa sua ossessione la porta al punto di consumare quattro saponette al giorno e dodici bottiglie di alcol per pulire a settimana.

Il marito, perso il controllo sullo stato psicologico della moglie, decide di metterla in un istituto di cura dove viene lobotomizzata.

E così la nonna di Mirabella-Davis diventa Hunter: una cacciatrice che in realtà è preda di un sistema che non la vuole per ciò che è sin da prima che nascesse.

Il matrimonio della donna è una prigione.

Hunter dev’essere bella, infallibile, silenziosa. Per un po’ ci riesce. Le forme floride della Bennett sono strizzate in abiti striminziti per accentuarne l’essere donna e, potenzialmente, madre; il suo volto, però, non può che ricordare quello di una bambina e lo stesso si può dire della sua voce e delle movenze. È una femme fatale che si fa guidare per mano da chiunque lo desideri. Riesce a coniugare gli opposti con una fatica che non è ripagata in alcun modo.

In vita sua, Hunter non ha mai avuto il controllo su nulla. La gravidanza è solamente l’ultima cosa sulla quale non ha potere.

Il picacismo arriva come un’esperienza quasi religiosa. Hunter diventa potente, nessuno la può fermare.

La verità, però, è che la sua compulsione è un pretesto da un punto di vista duplice. Da una parte, Mirabella-Davis ha scelto un disturbo abbastanza cinematografico, dall’altra è la maschera del vero problema di Hunter.

Swallow, guida contorta per assumere il controllo
Alcuni degli oggetti inghiottiti da Hunter

La chiave della questione è inaspettata. Scopriamo che la donna è frutto di uno stupro. Sua madre – visto il background sociale profondamente conservatore – non poteva assolutamente abortire; Hunter ha una sorta di morboso attaccamento a quel padre biologico che non ha mai incontrato ma del quale conserva una foto nel portafogli.

L’unica volta che la madre di Hunter fa capolino nel film, è per rifiutarla e abbiamo tutti i motivi per credere che sia uno schema emblematico nella loro relazione.

Non una singola donna, all’interno di Swallow, è mostrata in controllo, artefice del proprio destino. Persino la madre di Richie, per quanto ci appaia quasi come una guardiana della nuora, è in realtà succube della vita matrimoniale e del ruolo materno.

Ma Hunter non ci sta. Vuole interrompere quel circolo vizioso e arriva, inarrestabile come un fiume in piena, all’origine. Affronta il suo padre biologico.

La vita stessa della donna è una sorta di contrappasso: dato che è nata dalla sopraffazione di un uomo su una donna, è come se fosse destinata ad essere sopraffatta da chiunque. È solo prendendo il controllo sul Padre, l’uomo per eccellenza, che la donna ottiene le risposte che cerca: lui non si vergogna di lei, sebbene rappresenti un atto del quale è pentito. Lei non è come lui.

La parabola del potere in Swallow funziona come se avessimo una tesi – Hunter che non ha controllo- un’antitesi – Hunter che sviluppa picacismo per avere controllo – e una sintesi – Hunter che arriva all’origine del problema.

La nostra paladina inghiottisce l’ultimo oggetto significativo: delle pillole per abortire.

Hunter assume il controllo sulla sua vita e sul suo corpo.

Sensazioni sensazionali

La prima grande svolta del film è l’ingestione di una biglia. La cosa, in un primo momento, non sembra portare a nessuna particolare conseguenza. Hunter è affascinata dall’oggetto, lo scruta attraverso la luce delle sue finestre; poggia la biglia sulla lingua, e la lascia lì, la esplora per qualche secondo. Poi la butta giù.

Nessuno l’ha vista, nessuno lo sa. È la piccola cosa nuova e inaspettata che ha deciso di fare oggi – è il suo segreto.

Ben presto, però, ad Hunter torna quella voglia di potere. Vuole sentirsi di nuovo in controllo di qualcosa. E così inghiottisce una puntina da disegno e a quella seguono altri oggetti variegati, da piccoli soldatini di plastica a batterie.

Swallow non ce li presenta come appetitosi o desiderabili ma ci mostra il desiderio nel volto di chi li brama. Sembra quasi che Hunter si droghi e, in effetti, è a una compulsione che siamo di fronte.

Questi momenti non sono piacevoli da guardare; si va dalla confusione alla repulsione (vedere qualcuno che soffoca dopo aver mangiato un cacciaviti, beh, non è un granché) e la dimensione sensoriale diventa cruciale, quasi come ci trovassimo di fronte a una soggettiva libera indiretta.

Il piccolo cacciavite che Hunter ingoia rischiando di soffocarsi

Interessante è l’elemento sonoro. I rumori in Swallow sono pieni e amplificati. Gli oggetti più piccoli producono suoni netti e distinti che li rendono difficilmente ignorabili dallo spettatore almeno quanto lo sono per Hunter.

Dal punto di vista visuale, già da prima della manifestazione del picacismo di Hunter, Swallow presenta una fotografia splendida, dai colori freddi e vibranti.

L’unica scena che, effettivamente, è baciata da toni caldi è quella in cui Hunter prende il controllo e ottiene una risoluzione: è il momento in cui si confronta con il suo padre biologico.

Haley Bennett è sia donna che bambina

È pomeriggio, siamo in una cucina invasa dal sole e i primi piani di Haley Bennett e Denis O’Hare si tingono d’oro mentre affrontano una conversazione che Hunter ha aspettato, con smania e timore, per una vita intera e che suo padre, probabilmente, non ha mai nemmeno presagito.

Dopo questo confronto, è come se la pellicola si spegnesse. Le cromie perdono di brillantezza, la bellezza nella quale siamo stati immersi finora lascia il posto alla normalità.

Hunter ha trovato una chiusura e se ne va lontano da tutti e dal nostro sguardo, come la donna qualsiasi che, finalmente, si può permettere di essere.

BV

Note:

¹ Il fatto che le aspirazioni personali di Hunter siano solamente accennate nel corso della storia ci parla di quanto poco l’individualità della donna sia rilevante nel contesto che vive.