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Far Cry 2 – 2008/2024: Affinità-Divergenze Postcoloniali tra il compagno Hocking e noi

Far Cry 2 è un anomalo oggetto pop. La sua uscita sul mercato, avvenuta in un momento di profondo cambiamento dell’industria del videogioco, del racconto giornalistico e dell’analisi critica e accademica a essa associati, è stata tanto snobbata dal grande pubblico quanto soggetta a un numero importante di approfondimenti e studi. Nonostante sia un capitolo negletto di un franchise che continua tutt’oggi con un discreto successo commerciale, è sicuramente quello che ha avuto maggiore influenza su una leva di autori che andava formandosi in quel periodo1.

È un’opera sovversiva ma al tempo stesso conservatrice, figlia del suo tempo: una ribellione verso un immaginario di spettacolarizzata violenza che è sì politica ma soprattutto etica ed estetica. Un dualismo che copre tutti gli aspetti del titolo, dal gameplay alla narrazione, e che lo smarca dalla consuetudine di quella generazione videoludica di ispirarsi al medium cinematografico per abbracciare completamente la forma del romanzo. Con luci e ombre, come è nella sua natura.

Do, don’t show!

Dopo aver terminato, con non poca fatica, i lavori su Splinter Cell: Chaos Theory nel 2005, il designer Clint Hocking aveva bisogno di un completo cambiamento creativo. Decide quindi di spostarsi su una serie da poco acquisita dal suo publisher Ubisoft, Far Cry, e con un piccolo team di pre-produzione individua subito il nucleo del nuovo progetto: realizzare uno sparatutto in prima persona che mantenesse la tensione e la progressione narrativa dei giochi del periodo, inserite però in un contesto open world che permettesse al giocatore di averne il pieno controllo.

The game’s meaning couldn’t just be a nicely-worded set of bullet points on the back of the box. To go back to the M-D-A model – Mechanics give rise to the game’s Dynamics, which in turn is experienced by the player as an Aesthetic experience – whatever the player took away as a message at the end of his time in our little world needed to be a direct output of these rich systems we were designing. The meaning needed to be there, even if we never said what it was explicitly (or, more likely, if the player didn’t bother to listen to what we were “telling” him.2

Patrick Redding, story designer di Far Cry 2

Lo sviluppo prosegue spedito nonostante l’utilizzo di un engine creato ad hoc e le tante sperimentazioni sistemiche, come il depotenziamento del giocatore tramite l’usura delle armi e la malattia. Tutti elementi che meriterebbero un approfondimento a parte ma che saranno toccati da questo articolo solo in relazione alla loro funzione dinamica-estetica.

Il gioco rappresenta anche la risposta alle critiche mosse da Hocking stesso nei confronti di Bioshock in un post sul suo blog, post che portò alla nascita della definizione “dissonanza ludonarrativa”. Far Cry 2 doveva contestare quelle opere che generavano una distanza nell’immedesimazione con un conseguente conflitto tra il gameplay e le loro premesse tematiche.

Il Dunia engine all’opera.

È questo uno dei motivi principali che ha spinto a guardare alla letteratura come fonte di ispirazione. Volendo raccontare una storia sulla violenza e sulle sue derivazioni, proponendo agli utenti un viaggio alla scoperta di loro stessi, la scelta cade su Cuore di Tenebra di Joseph Conrad. Ciò permette l’uso di un setting con basi realistiche e riconoscibili, anche se attraverso un filtro orientalista, inserendo il fruitore in un ambiente capace di trasfigurarlo attraverso le azioni compiute tramite il suo avatar.

Cuore di Tenebra

Per comprendere le criticità del contesto proposto da Far Cry 2 bisogna necessariamente accennare alla fonte di ispirazione e al processo di analisi a cui è stata sottoposta negli anni.

Joseph Conrad pubblicò Cuore di Tenebra come un romanzo a puntate sulla rivista Blackwood’s Magazine nel 1899, dopo aver visitato lo Stato Libero del Congo negli anni ’90 del XIX secolo. Un’apparente storia di avventura che, mentre mostra un atteggiamento critico verso i movimenti di colonizzazione, racconta di valori europei che inevitabilmente degradano nell’atmosfera oppressiva della giungla africana.

Charles Marlow, un marinaio inglese, viene assunto da una compagnia belga per guidare una spedizione lungo il fiume Congo con l’obiettivo di raggiungere un misterioso responsabile di un avamposto commerciale, Kurtz, il cui comportamento è diventato oggetto di speculazioni e preoccupazione. L’ambiente che accoglie Marlow e la seguente traversata lo segnano profondamente, mostrandogli l’ipocrisia dei principi dei colonialisti contrapposti alla violenza primordiale dei nativi. Il protagonista si scontra con l’indolenza degli europei a capo delle varie stazioni di posta, ormai condizionati dalle abitudini e dalla disorganizzazione locale. Tramite loro comincia però ad acquisire le prime informazioni su Kurtz, che più che un individuo assurge a figura mitica. Tutto, dalla sua nascita, alle aspettative che la compagine belga nutre nei suoi confronti, al rispetto che gli altri ufficiali gli riservano pur se a volte a malincuore, fino alle lettere che compongono una sorta di manifesto, atterriscono ma al tempo stesso affascinano Marlow al punto da rendere la ricerca un’ossessione.

Il tanto atteso incontro tra i due si trasforma in qualcosa di completamente inaspettato. Kurtz, funestato nel corpo e nella mente dagli effetti terminali della sua malattia, ha abbandonato i principi della società civile per abusare della propria autorità ai danni della popolazione del luogo per i propri fini. Da personaggio idolatrato, lodato, “dignitoso”, Kurtz si mostra come l’esempio terrificante di quello che accade quando due mondi agli antipodi si scontrano.

Dopo aver provato inutilmente a riportarlo indietro Marlow torna in Inghilterra, dove sceglierà di mantenere il segreto su quello che è realmente successo in Congo e a Kurtz, cercando di reinserirsi nell’ambiente a cui appartiene.

“I had got a heavenly mission to civilize you”3

Quest’opera, pur avendo conosciuto un successo postumo come tutta la produzione di Conrad, venne e viene tutt’ora considerata come uno snodo per capire non solo l’evoluzione della letteratura inglese dal romanzo vittoriano al modernismo, ma soprattutto come una disamina del potere nelle sue fogge meno ovvie. Prendendo in prestito le parole di Keith Bookeril libro affronta questioni come l’imperialismo, il capitalismo, la razza e il genere che erano molto presenti nei discorsi europei di fine secolo. L’ambivalente trattamento di Conrad di queste tematiche è estremamente rappresentativo del modo in cui venivano affrontate nelle innumerevoli analisi europee del tempo4.

Pertanto Cuore di Tenebra funge da introduzione alla letteratura coloniale, tematicamente incentrata sull’espansione coloniale e sulle teorie riguardanti la superiorità della cultura occidentale esprimendo il punto di vista degli imperialisti.

Bisogna quindi esplicare cosa si intende per colonialismo. Secondo Lois Tysonl’ideologia colonialista […] era basata sull’assunzione da parte dei colonizzatori della propria superiorità, che contrastava con l’ipotetica inferiorità dei popoli nativi (indigeni), gli abitanti originali delle terre invase5. I colonizzatori considerano la propria cultura estremamente civilizzata e, per questo, definiscono gli autoctoni come individui non sviluppati ritenendosi di conseguenza migliori. Inoltre si reputano un esempio virtuoso, per cui gli aborigeni “venivano considerati ‘altri’, diversi, e quindi talmente inferiori da risultare meno che umani6. Questo è il motivo per cui le potenze coloniali dividono il mondo in due parti: noi, i civilizzati, e loro, i selvaggi.

William Small – The Submission of King Prempah: The Final Act of Humiliation.

Per sottolineare ulteriormente le peculiarità di Cuore di Tenebra e la sua natura binaria, sia nei temi che nella ricezione, è necessario specificare la distinzione tra letteratura post-coloniale e postcolonialismo. La prima intende un movimento letterario sviluppatosi principalmente dopo la seconda guerra mondiale, mentre il termine postcolonialismo, usato nell’ambito degli studi umanistici, identifica la scrittura come strumento di opposizione all’Impero7 e come un modo per contrastare le pulsioni colonialiste analizzando criticamente le relazioni tra colonizzatore e colonizzato8. Studiando gli effetti duraturi del colonialismo e delle dinamiche di potere nelle società si evidenzia come queste influenze si riflettano in vari aspetti della contemporaneità, ad esempio nelle forme attuali di globalizzazione neoliberista.

Il romanzo di Conrad è stato di ispirazione per tutta una serie di testi post-coloniali come Aspettando i barbari di J.M. Coetzee, Ritorno a Babilonia di David Malouf, Tornare a galla di Margaret Atwood.  Pur con le loro differenze culturali questi autori, come lo stesso Conrad, esprimono l’importanza di sviluppare un pensiero anti-imperialista all’interno di un contesto personale e geograficamente specifico. Un processo che dà risalto all’esperienza di sentirsi estranei in terra natia, al fine di mettere in discussione, analizzare, negoziare e ridefinire le supposizioni sull’identità. E anche Cuore di Tenebra presenta il dilemma della doppia frontiera, delle domande sull’estraneità e sull’alterità in conflitto con l’identità e le responsabilità individuali, politiche e nazionali.

Nonostante questa riconosciuta eredità o, forse, proprio per questo, il libro è stato preso a esempio su come non fare critica postcolonialista. Edward Said, autore di uno dei saggi fondamentali sull’argomento, commenta:

[Conrad] scrive come un uomo il cui punto di vista occidentale sul mondo non occidentale è così radicato da renderlo cieco di fronte ad altre storie, altre culture, altre aspirazioni. Tutto ciò che Conrad riesce a vedere è un mondo totalmente dominato dall’Occidente atlantico, in cui ogni opposizione all’Occidente conferma solo il malvagio potere dell’Occidente. Ciò che Conrad non riesce a trovare è un’alternativa a questa crudele tautologia.

Said E., “Cultura e imperialismo. Letteratura e consenso nel progetto coloniale dell’Occidente”, Feltrinelli, 2023, XIX

Said vuole porre l’attenzione su come, con il semplice atto di raccontare la storia, Marlow in realtà ripeta e confermi l’azione di Kurtz, il che implica di per sé il ripristino dell’egemonia europea in Africa enfatizzando e narrando il suo essere altro. Un essere umano migliore che può liberarsi dall’influenza del continente misterioso e primitivo tornando in seno alla civiltà colonizzatrice.

Ancora più feroce è il giudizio di Chinua Achebe che, nel suo controverso “An Image of Africa: Racism in Conrad’s Heart of Darkness”, definisce Conrad come un razzista conclamato. Basandosi su questo brano tratto da Cuore di Tenebra

Quella terra non aveva più nulla di terrestre. Noi siamo abituati a contemplare la forma ormai doma di un mostro soggiogato, ma laggiù — laggiù ci si trovava alla presenza di qualcosa di mostruoso e di libero, qualcosa che non aveva niente di terrestre. E gli uomini… no, non erano inumani. Ma proprio questo, ve l’assicuro, era il peggio: questo sospetto che lentamente si faceva strada, che non fossero inumani. Quella gente urlava, saltava, piroettava, faceva smorfie orrende; ma ciò che dava i brividi era precisamente il senso della loro umanità — non diversa dalla nostra — il senso di una remota parentela fra noi e quel selvaggio tumulto appassionato. Una cosa sgradevole, sì, davvero sgradevole. 

Conrad J., “Cuore di Tenebra”, Einaudi, 2015

Achebe si chiede perché proprio l’Africa debba essere il luogo in cui mettere in scena la degenerazione della civiltà occidentale o la spersonalizzazione dell’individuo, e perché Marlow provi orrore davanti a quelle creature per lui così bizzarre. La sua è anche una contestazione verso i lettori del romanzo e le istituzioni accademiche che lo hanno canonizzato, che non considerano l’opera come un racconto sull’Africa, ambientato in quel continente, in una zona precisa, in un momento storico ben inquadrato, bensì la ritengono una storia sulla caduta morale dell’impresa imperialista. L’Africa diventa il veicolo della follia dell’uomo bianco che non riesce a domare il territorio selvaggio e ne rimane intrappolato come Kurtz, il quale torna a uno stato ferino, simboleggiando l’assimilazione alle abitudini native tanto temuta dagli europei. Inoltre Achebe si chiede perché la propria cultura debba essere utilizzata come termine di paragone con quella occidentale, dichiarando:

You will notice that the European traders have “tainted” souls, Marlow has a “pure soul”, but I am to accept that mine is “rudimentary” […] Towards the end of the 19th century, there was a very short-lived period of ambivalence about the certainty of this colonising mission, and Heart of Darkness falls into this period. But you cannot compromise my humanity in order that you explore your own ambiguity. I cannot accept that. My humanity is not to be debated, nor is it to be used simply to illustrate European problems.9

Chinua Achebe

E in tutto questo, Far Cry 2?

Possono quindi queste considerazioni valere per un’opera derivata? A differenza di Achebe non vogliamo dare nessun giudizio sugli autori, forti della lezione di Barthes. Va comunque specificato come Hocking non abbia mai nascosto le proprie inclinazioni politiche e che, nonostante l’Africa non sia stata la prima scelta come ambientazione, una volta decisa sia nata in lui la forte intenzione di dare un’impronta postcolonialista al gioco10.

La storia di Far Cry 2 si svolge in un indefinito paese africano in cui è in atto una sanguinosa guerra civile. Il giocatore, impersonando uno dei mercenari messi a disposizione, ha il compito di assassinare – non si sa per conto di chi – un trafficante conosciuto come lo Sciacallo, responsabile di essere il principale fornitore di armi del conflitto.  Le due fazioni coinvolte, il Fronte Unito per la Liberazione e il Lavoro (UFLL) e l’Alleanza per la Resistenza Popolare (APR), non sono che una rielaborazione di entità realmente esistite come All People Congress (APC) della Sierra Leone – certamente non rappresentativo di “Tutti i Popoli” durante la guerra civile durata undici anni tra National Provisional Ruling Council (NPRC) e Revolutionary United Front (RUF). I comandanti dell’UFLL e dell’APR rispecchiano anche alcuni tra i tiranni tristemente noti per le loro lotte di potere, i quali hanno sviluppato un culto della personalità promuovendo una consapevole, onnipotente immagine di loro stessi11. Oliver Tambossa, il leader dell’APR, è sempre in uniforme e adornato di medaglie, a costante monito del suo status e della sua autorità. Un probabile riferimento a personaggi come Idi Amin, ex dittatore dell’Uganda, che raramente appariva se non in alta uniforme e che giustificava il suo controllo spietato attraverso la propaganda militare, incluse frequenti parate in suo onore.

Oliver Tambossa.

Far Cry 2 quindi attinge alla realtà politica contribuendo alla percezione soggettiva di matrice occidentale del continente africano. Lo stesso scenario, ostile e respingente, non è che uno stereotipo intimamente associato all’idea Africa. Secondo Redding questa scelta ha permesso a Ubisoft Montreal di realizzare

a modern day shooter – this isn’t a sci-fi warrior, armoured-thing – this is real.12

Patrick Redding, intervista di Luke Guttridge, “Patrick Redding on Far Cry 2”, play.tm, 2008

e questo implica un forte contrasto con l’intenzione di inserire tematiche postocoloniali nel testo.

Come ossa schiarite dal sole

La trama del gioco è estremamente essenziale, riassumibile nelle poche righe espresse nel paragrafo precedente, perché come già dichiarato il fulcro è la costruzione di un proprio viaggio attraverso gli strumenti ludici messi a disposizione dell’utente. Il viaggio è comunque guidato da alcuni concetti fondamentali come l’assoluta amoralità di ogni individuo incontrato – e interpretato – e la spietatezza delle azioni che si dovranno commettere per proseguire.

Si prenda ad esempio la meccanica legata all’usura delle armi. A differenza di altri FPS, dove sono l’unico modo di interagire col mondo circostante e simboleggiano il potere del giocatore, qui sono strumenti inaffidabili che hanno una valenza narrativa. Innanzitutto la loro gestione spinge ad assumere un approccio da predatore, a simboleggiare il dover abbandonare la propria umanità per adattarsi al contesto feroce dell’ambiente al pari della caduta che affligge Kurtz in Cuore di Tenebra. In più fungono da principale elemento di progressione delle capacità del personaggio, in quanto è sì possibile ottenerne di migliori, anche se sempre soggette a malfunzionamenti, ma solo pagando e alimentando quindi il commercio che si è stati chiamati a fermare. Sono “semplici” oggetti che sono stati usati in conflitti e che, per esigenze di sopravvivenza, uccidono noi e gli altri in una spirale di violenza senza fine.

Questo circolo vizioso però, a differenza del romanzo, non viene imputato solo alla natura ostile dell’Africa. Il territorio funge da acceleratore, dato che gli attori stranieri del conflitto non sono visitatori inconsapevoli ma sono già infettati dalla violenza e assuefatti a essa per il perseguimento di un profitto personale. È interessante notare come molti degli stessi mercenari che si è chiamati a impersonare provengano da altri teatri di guerra coloniali, a voler indicare le colpe dell’occidente e il suo coinvolgimento nello sfruttamento delle risorse altrui con la sopraffazione. Questo però implica anche la considerazione che gli indigeni non siano in grado né di gestirsi né di governare la loro patria. I leader dell’UFLL e dell’APR sono rappresentati come marionette senza altra agenda che non sia la soddisfazione del proprio ego, in balia dei loro consiglieri militari provenienti da paesi che una volta erano Imperi.

Anche i membri delle milizie, seppur composte da autoctoni e da contractor di diverse etnie, agiscono senza che vengano mai spiegate le loro motivazioni o il loro coinvolgimento nel conflitto. Qui ritorna Achebe che, pur facendo riferimento al lavoro di Conrad, fornisce un’importante chiave di interpretazione:

Africa as a setting and backdrop which eliminates the African as human factor. Africa as a metaphysical battlefield devoid of all recognizable humanity, into which the wandering European enters at his peril.13

Achebe C., “An Image of Africa: Racism in Conrad’s ‘Heart of Darkness'”, Massachusetts Review 18, 1977, p. 256

Ciò si evidenzia anche nella rappresentazione della popolazione civile. Nonostante ci siano motivi tecnici e aziendalisti dietro la sua quasi totale assenza – si temeva infatti che l’AI potesse creare problemi durante gli scontri a fuoco e che il suo coinvolgimento portasse ad una classificazione 18+14questa mancanza di umanità rafforza il concetto di un’Africa inscindibile dal concetto di violenza a prescindere dai suoi abitanti, alimentando un mito che ad occhi occidentali appare fin troppo reale.

Miasma

Altro tema che accomuna entrambe le opere è quello della malattia, della contaminazione. Come ormai dovrebbe essere chiaro sia Cuore di Tenebra che Far Cry 2 fanno delle contrapposizioni un elemento centrale: luce e ombra, sia dell’animo che dei luoghi; civiltà e barbarie; noi e gli altri. Ma nel titolo di Ubisoft Montreal c’è un elemento ulteriore che lo discosta dall’opera di Conrad.

Il nostro avatar, pochi minuti dopo il suo arrivo, contrae la malaria. In termini prettamente ludici le ripercussioni sono decisamente ininfluenti, riducendosi a improvvisi attacchi che limitano le capacità di movimento e la vista del giocatore oltre a costringerlo a compiere alcune missioni per procurarsi dei medicinali per tenerne sotto controllo i sintomi. In realtà era previsto un sistema più complesso e punitivo, tagliato nella versione finale ma di cui è rimasto un sistema di progressione che non corrisponde a ciò che accade realmente nel gioco. Ciò che resta invece inalterato è il suo valore fortemente simbolico: la malaria rappresenta un ulteriore indicatore della pericolosità dell’Africa come luogo, del suo respingere ogni tentativo di colonizzazione. Inutile dire che anche questo non è che un altro stereotipo derivante dai resoconti ottocenteschi di Henry M. Stanley e di Richard Francis Burton e che ci siano patologie ben più mortali e diffuse – anche se difficili da rendere in termini ludici – e che ciò indebolisca ulteriormente gli intenti di critica postcoloniale.  

Un interessante spunto di analisi è però fornito da un’altra malattia, quella dello Sciacallo. L’uomo è affetto da un cancro all’ultimo stadio, sovvertendo così la visione orientalista della malaria. Un male associato principalmente all’occidente che non è infettivo ma è un’alterazione del patrimonio genetico, il quale si espande nel corpo fino a ucciderlo. Una cosa non dissimile dai mercenari stranieri che, da presenza estranea, si moltiplicano e si nutrono del paese ospite portandolo alla morte.

Io ero come te

Restando sullo Sciacallo, si potrebbe pensare che incarni l’equivalente della figura di Kurtz. Le premesse del gioco portano d’altronde a questa deduzione. Reuben Oluwagembi, l’unico giornalista rimasto nel paese a documentare la guerra, permette di venire in possesso di alcune interviste fatte al trafficante che assumono lo stesso valore delle lettere lasciate dall’antagonista di Cuore di Tenebra. Ascoltandole si potranno approfondire i punti di vista dello Sciacallo sul conflitto, sulle parti in causa, sull’umanità in generale, creando lo stesso effetto di repulsione e ammirazione che prova Marlow nel romanzo. Eppure, a differenza di Kurtz, il personaggio non è relegato solo a figura mitica da raggiungere ma è un deus ex machina che porta avanti il plot. Apparirà praticamente subito e farà la sua comparsa in tutti gli snodi narrativi, condividendo i propri obiettivi e la propria filosofia.

È durante questi incontri che avviene il più profondo scollamento con l’opera di Conrad e l’abbandono di uno dei suoi fardelli più pesanti, in ottica postcoloniale. Il giocatore si rende conto di non essere Marlow ma di aver invece vissuto il viaggio di Kurtz, avendo commesso ogni tipo di atto immorale per completare la sua missione. Il giocatore quindi non ha più nessuna scusa per giustificare quello che ha fatto, può solo accettare di essere lui stesso il male che è stato chiamato a fermare.

“I used to be you”.

Unendo alcuni punti abbiamo una figura colonizzatrice, già abituata alla violenza, che come un tumore si propaga distruggendo una terra che ritiene senza speranza. Questo non basta però a recuperare una visione dell’Africa fortemente condizionata da una visione occidentale e in conclusione Far Cry 2 fallisce nel suo intento di critica anti-imperialista.  La volontà di ridurre ogni elemento narrativo alle azioni e ai simboli fa cadere l’opera nelle stesse controversie imputabili al romanzo di Conrad.

Tale sinteticità aggiunge però un sottotesto nichilista che in qualche modo si sgancia dal postcolonialismo, per comprendere una riflessione più vasta. Non c’è dissonanza ludonarrativa in Far Cry 2 perché la violenza priva di significato è il giudizio che il gioco dà sul mondo. Non c’è nulla su cui contare. Non c’è il bene e anche il male è solo una conseguenza. Alla fine non si è che piccoli ingranaggi di un problema molto più grande, che a nessuno interessa risolvere. Evitando il moralismo politico postmoderno liberale, fin troppo presente nei videogiochi bellici di oggi, si giunge alla ovvia conclusione che più soldati e più armi non aiutano a portare pace. Le ideologie sono obsolete, tutto riguarda il solo potere.

Pur con tutti i suoi difetti Far Cry 2 resta un titolo che non ha avuto paura di osare, affrontando tematiche cariche di tanti, troppi significati. Come scritto in apertura fa della sovversione uno dei suoi cardini, e ha ogni diritto di essere considerato un classico come Cuore di Tenebra. Rotto, sbagliato, ma accecante nella sua cinica visione del mondo.

Maybe 80% of our players are just like, ‘Yes, this is great fun! I’m blowing stuff up and burning things.’ Maybe only a small piece of that message gets through. And if that’s the case, that’s fine. We’ve still built a really good shooter. But what we’re saying is, for that percentage of gamers who are affected by these things, and who think about these things, we want it to be there.15

Patrick Redding intervistato da Chris Remo and Brandon Sheffield, “Redefining Game Narrative: Ubisoft’s Patrick Redding on Far Cry 2”, gamedevoloper.com, 2010

EF


NOTE:

1 Come accuratamente riportato in questo articolo di Lewis Gordon, “The Subversive Genius of Far Cry 2, 15 Years Later”, The Ringer, 2023.

2 “Il significato del gioco non poteva essere un semplice elenco di punti ben scritti sul retro della scatola. Per tornare al modello MDA – le Meccaniche danno origine alla Dinamica del gioco, che a sua volta viene vissuta dal giocatore come un’esperienza di Estetica – qualsiasi cosa il giocatore portasse con sé come messaggio alla fine della sua permanenza nel nostro piccolo mondo doveva essere un risultato diretto di questi ricchi sistemi che stavamo progettando. Il significato doveva essere presente, anche se non avessimo mai detto esplicitamente di cosa si trattava (o, più verosimilmente, se il giocatore non si fosse preoccupato di ascoltare ciò che gli stavamo “dicendo” (traduzione di LAra Dal Cappello), Redding P., “Do, don’t show! – Narrative design in Far Cry 2”, GDC, 2008

3 Conrad J., Cuore di Tenebra, edizione con testo a fronte a cura di Giuseppe Sertoli, traduzione di Alberto Rossi e Giuseppe Sertoli, Einaudi, 2015, p. 11, ISBN 8806177036

4 “the book deals with issues such as imperialism, capitalism, race, and gender that were very much at the forefront of the turn-of-the century European mind. Conrad’s ambivalent treatment of these issues is extremely representative of the way they were treated in any number of European discourses of the time.” – Booker M. K., “A Practical Introduction to Literary Theory and Criticism”, New York: Longman Publisher, 1996, p. 217, ISBN 0801317657

5 “colonialist ideology […] was based on the colonizers’ assumption of their own superiority, which they contrasted with the alleged inferiority of native (indigenous) peoples, the original inhabitants of the lands they invaded.” – Tyson L., “Critical Theory Today”, New York: Routledge, 2023, p. 419, ISBN 9780367709426

6 “were considered ‘other’, different, and therefore inferior to the point of being less than fully human.” – ivi, p. 420

7 Said E. W., “Orientalismo, L’Immagine Europea Dell’Oriente”, Feltrinelli, 2013, ISBN 9788858807545

8 Boehmer E., “Colonial and Postcolonial Literature”, Oxford University Press, 2005, ISBN 9780199253715

9 “Noterete che i mercanti europei hanno un’anima “contaminata”, Marlow ha “un’anima pura”, ma io devo accettare che la mia sia “rudimentale” […] Verso la fine del XIX secolo, ci fu un periodo molto breve di ambivalenza sulla certezza di questa missione di colonizzazione, e Cuore di tenebra rientra in questo arco temporale. Ma non potete compromettere la mia umanità per esplorare la vostra ambiguità. Non posso accettarlo. La mia umanità non va discussa, né deve essere usata semplicemente per illustrare i problemi europei.” (traduzione di Lara Dal Cappello), Phillips C., “Out Of Africa”, The Guardian, 2003

10 “The original Far Cry is The Island of Dr. Moreau, a story of a mad scientist that has unlocked the inner savagery in man and created literal monsters. But at the same time H.G. Wells was writing Moreau, Joseph Conrad was writing Heart of Darkness, which actually has very similar themes. It’s about someone in the jungle that has discovered and is leveraging man’s inner madness, and become a metaphorical rather than literal monster. This is Far Cry 2.”, intervista a Clint Hocking, “FEATURE: Far Cry 2’s Heart of Darkness”, EDGE Magazine, 2008

11 Chabal P., Daloz J., “Africa Works: disorder as political instrument”, James Currey Publishers, 1999, p. 50, ISBN 9780852558140

12 “è uno shooter moderno – non c’è un soldato fantascientifico, corazzato – questo è reale.” (traduzione di chi scrive)

13 “L’Africa come scenario e sfondo che elimina l’Africano come fattore umano. L’Africa come campo di battaglia metafisico privo di qualsiasi umanità riconoscibile, in cui l’europeo errante entra a suo rischio e pericolo” (traduzione di Lara Dal Cappello)

14 da un commento di Clint Hocking al post “Lions & Jackals”, Experience Points Blog, 2009

15 “Forse l’80% dei nostri giocatori pensa semplicemente: “Oh sì, (questo gioco) è uno spasso! Faccio esplodere e brucio tutto”. Probabilmente solo una piccola parte del messaggio viene recepita. E se è così, ci sta bene. Abbiamo comunque costruito un ottimo sparatutto. Ma quello che vogliamo sottolineare è che, per quella percentuale di giocatori che sono interessati e riflettono su certi elementi, vogliamo che questi siano presenti.” (traduzione di Lara Dal Cappello)


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