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Camminando dal tavolo al gamepad

Oggi si parla spesso di trasposizioni ma troppo poco di quelle non relative a insiemi classici come narrativa-cinema o videogioco-cinema; perchè allora non discutere di tre bellissimi boardgame che avrebbero tutte le carte in regola per diventare bellissimi videogiochi? Sarà divertente immaginare come questa trasposizione potrebbe essere fatta, e anche da chi.
Prima di cominciare, una piccola precisazione: non verranno considerati giochi da tavolo che sono loro stessi trasposizioni di libri, film o videogiochi (Dune o Civilization), o che si ispirano pesantemente a qualche altra opera (come il recente Sanctum). Dunque solo originali; saranno esclusi, ovviamente, anche i boardgame che, magari non ufficialmente, hanno già ricevuto, o stanno ricevendo, una trasposizione (Scythe).
Se non siete interessati ai giochi da tavolo, continuate comunque a leggere: si parla anche e soprattutto di videogiochi.
 

Arkham Horror

Arkham Horror, come il nome fa intuire, è un gioco lovecraftiano ambientato nella città fittizia di Arkham, durante gli anni ’20, dove impavidi investigatori devono fronteggiare orrori cosmici e mali inenarrabili al fine di evitare il risveglio di un Grande Antico.
Arkham Horror – Terza Edizione
Il gioco è uno di quelli che non va per niente per il sottile. Lungo e complesso, è molto punitivo e difficile. I giocatori, impersonando un investigatore, esplorano la città di Arkham, fronteggiando mostri disgustosi ed eventi folli, cercando e chiudendo i portali che il Grande Antico crea agitandosi nel suo sonno. Ma non prima di aver fatto un giretto attraverso i portali, visitando dimensioni famose dell’universo lovecraftiano, come R’lyeh o Yuggoth. Lo scopo è sigillare abbastanza portali da recludere il Grande Antico per sempre e vincere, oppure morire provandoci. Il che è più probabile, sia chiaro.
La componente più importante di Arkham Horror è sicuramente l’esplorazione della città; il gioco è anche molto narrativo e d’atmosfera, ma non disdegna l’uso di una buona dose di piombo quando serve.
 
Come trasporre tutto questo in un videogioco?
Con uno sparatutto in terza o prima persona, story-driven ed open world.
La città di Arkham si mostrerebbe con una mappa liberamente esplorabile, piena di nemici ed eventi casuali, ma anche di negozi ed alleati. Aggirandosi in ogni vicolo ed edificio, si respirerebbe l’atmosfera anni ’20 e la paura dell’ignoto tanto cara al Solitario di Providence. La trama verterebbe sul più famoso dei Grandi Antichi, cioè Cthulhu: per evitare che si risvegli dal suo lungo sonno e distrugga il mondo, la main quest ci porterebbe in diverse location iconiche come la Miskatonic University o la Loggia del Crepuscolo d’Argento, magari con qualche sezione scriptata e intensa o enigmi per arricchire il lato adventure.
 
 
 
Un portale verso R’lyeh ci condurrebbe in sezioni più meramente sparatutto e lineari, mentre ci meravigliamo dell’ambientazione “non euclidea” che ci circonda. Inoltre dei mini portali potrebbero crearsi in giro per la città, fungendo da quest secondarie. Un’epica boss fight finale, dopo la quale sigilleremmo Cthulhu per sempre, chiuderebbe degnamente il gioco.
Vista che gli investigatori hanno tutti caratteristiche diverse, un editor del personaggio potrebbe completare l’opera. Sarebbe necessaria anche una grande disposizione di armi e oggetti, sia nomali che “magici”. Il tutto per una durata dell’esperienza di circa una trentina d’ore.
Non sarebbe male nemmeno una modalità online cooperativa, riprendendo la meccanica di vittoria del gioco originale e il suo aspetto collaborativo. Girovagando per Arkham tra orde di nemici, ritornerebbe la già citata meccanica di chiusura dei portali. Hanno un’ora per riuscirci o Cthulhu si risveglierà e sarà Game Over.
Le strade di Arkham sono sicurissime, perfette per una vacanza rilassante
 

 

Chi potrebbe realizzarlo?
Vista la somiglianza di alcune meccaniche con giochi come Oblivion, forse Bethesda potrebbe fare al caso nostro. I loro giochi propendono sempre più verso l’action, mentre sull’open world “esplorativo” non hanno davvero rivali. Un’altra papabile è Bioware: nonostante di solito realizzino RPG, anche loro si sono dati molto all’adventure sparatutto con saghe come Mass Effect. Ultima candidata, Ubisoft. Giochi come i Far Cry ricadono pienamente nella tipologia descritta, nonostante la qualità sia spesso altalenante.
 

Descent: Viaggi nelle Tenebre

I più anzianotti ricorderanno HeroQuest, che portò il fantasy e l’avventura di altri giochi, quali Diablo o D&D, in versione da tavolo; Descent ne è il diretto discendente (il gioco di parole non è voluto).
Descent: Viaggi nelle Tenebre – Seconda Edizione
High Fantasy fino al midollo (dopotutto l’ambientazione è quella di Runebound), Descent cala i giocatori in scenari pieni di mostri da picchiare selvaggiamente. Dopo aver scelto razza e classe del personaggio, deciso chi controllerà i mostri, preso uno scenario tra quelli disponibili – e perso millenni a costruire la mappa relativa – finalmente si parte.
Il gioco è di fatto un dungeon crawler, dove bisognerà risolvere un determinato obiettivo, diverso da scenario a scenario, per vincere. Mentre si cerca di realizzare il compito, è obbligatorio che volino frecce, spadate e magie da tutte le parti, che gli scrigni venganoo saccheggiati e dadi di ogni colore vadano lanciati. Gli scenari possono essere giocati in fila per creare una avventura unica, con tanto di livelli e ricompense; oppure singolarmente, per una partitina più breve.
Una delle peculiarità importanti di Descent è il suo alto livello tattico: gli eroi devono giostrarsi tra il rimanere vivi e completare la missione, mentre i nemici giungono da ogni lato della mappa. Le meccaniche utilizzate richiamano gli scacchi, con l’attenta pianificazione per la vittoria che assurge a una posizione di centralità nell’esperienza. Anche la narrazione è presente, seppure in maniera non molto preponderante, quasi un pretesto per menare le mani.
 

 

Come trasporre tutto questo in un videogioco?
Essendo un dungeon crawler, il pensiero va subito sui classici del genere: Diablo, Sacred, Dungeon Siege. Ma a mio parere la componente frenetica ed action di questi titoli rovinerebbe la parte più intrigante del gioco: la componente tattica. Personalmente opterei per un bell’isometrico a turni, diviso a scenari. Alla X-COM, insomma.

 

 
Picchiare draghi è normale routine per due baldi eroi fantasy
Le meccaniche base risulterebbero perlopiù inalterate. La campagna sarebbe una lunga serie di mappe sempre più complesse e mostri sempre più potenti. Perdere lo scenario non significherebbe rifarlo da capo, ma alterare la storia, prevedendo dei bivi narrativi, con good e bad ending. Rimarrebbe la griglia a quadri per le regole di movimento e obiettivi diversi per ogni scenario; i dadi andrebbero sostituiti con le percentuali, gli eroi sarebbero tutti controllati dal giocatore e i mostri dal gioco. Nemici dalle abilità particolari e verticalità delle mappe potrebbero essere ripresi direttamente da gioco originale.
Per finire, il party si amplierebbe man mano che si prosegue e
si potrebbe applicare il concetto di morte perenne sui personaggi. Un ultimo scenario con il classico drago finale (Valyndra?) rappresenterebbe la degna conclusione di un gioco che potrebbe tranquillamente durare una ventina d’ore.
 

 

Chi potrebbe realizzarlo?
Beh, abbiamo nominato X-COM prima, quindi come primi citerei proprio i Firaxis, software house eccellente in materia, autori dei due più recenti capitoli della serie. Oppure Snapshot Games, dove Jullian Gallop in persona lavorerebbe al progetto, il creatore degli originali X-COM. Infine i Larian, farebbero faville nel creare varietà di scenari e combattimenti a turni, nonostante qui non si tratti di un RPG. Piccolo rammarico per i Pyro, ormai relegati al mobile: ai tempi dei primi tre Commandos, sarebbero stati forse perfetti per questo genere di gioco.
 

Terra Mystica

La terraformazione è una tematica da sempre legata alla fantascienza; con arroganza,  Terra Mystica se ne infischia e la rende la sua meccanica principale di gioco, nonostante sia un fantasy. Controllando uno dei numerosissimi popoli presenti, i giocatori dovranno contendersi dei territori, ma non solo. Ogni popolo ha una sua tipologia di bioma preferito, e può vivere solo lì. Sarà quindi necessario trasformare i territori inadatti in ideali, prima di poterli colonizzare. In quest’ottica ogni popolo ha diverse caratteristiche e ogni territorio ha un costo e un tempo diverso in base a cosa vogliamo trasformare in cosa; meccaniche di contorno come costruzione di edifici e piazzamento lavoratori chiudono il cerchio di questo gioco.
Terra Mystica
Da notare che l’ambientazione è quanto di più basilare ci possa essere: dopo pochi minuti la fragile atmosfera fantasy non sarà che un ricordo. Terra Mystica è, infatti, un gioco che guarda quasi esclusivamente alle meccaniche e al bilanciamento.
 

 

Come trasporre tutto questo in un videogioco?
 
La particolarità di Terra Mystica è il suo concetto di trasformazione dei biomi; non è peregrino pensare di adattarlo nella forma di un gioco di strategia in tempo reale.
In base al popolo scelto, si dovrebbe terraformare la mappa per convertirla ai nostri bisogni, ricordando che ogni popolo debba necessariamente costruire e proliferare solo sul suo terreno ideale. La battaglia sarebbe quindi più incentrata sul cambiamento della mappa che sul combattimento a raid tipico degli RTS; aspetto che – nonostante sia assente nel gioco originale – potrebbe comunque trovare una dimensione propria in misura ridotta.
La terraformazione potrebbe essere anche usata in battaglia. Basti pensare a come la modifica del terreno sotto i piedi di un’armata in una palude melmosa possa rallentarli: e questa è solo una delle possibilità che una cospicua varietà di terreni porterebbe, soprattutto se ogni bioma avesse delle caratteristiche proprie di base, oltre a malus e bonus in base al popolo e al suo ambiente preferito.
La modalità skirmish sarebbe già da sola veramente interessante, ma sarebbe opportuna una breve campagna per ogni popolo, oltre che una componente online.
Questo nano non vede l’ora di terraformare tutto

 

Chi potrebbe realizzarlo?
Visto che parliamo di RTS, direi che la Blizzard potrebbe rendere appieno un concept simile. Anche i Creative Assembly gli renderebbero giustizia; nonostante la serie Total War non appartenga propriamente a questo genere, hanno già mostrato di saper lavorare su RTS più classici, come Halo Wars 2. I Relic sono la terza software house che potrebbe realizzare egregiamente il progetto.
 

 

Finisce qui il viaggio di sogni e speranze. Forse un giorno qualcuno creerà davvero uno di questi titoli; nel frattempo non rimane altro da fare che apprezzarli nuovamente sul tavolo, sperando che un creativo di una software house sopra citata passi di qui e dica Wow, i ragazzi di Pop-eye hanno ragione, facciamo subito questo videogioco!.
No, probabilmente non succederà.
 
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