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Oltre Evangelion c’è Love & Pop

29 settembre 2021

L’anno è il 1997, il giorno il 19 luglio, un placido sabato d’estate. La giovanissima studentessa Hiromi Yoshii (Asumi Miwa) si sveglia in un piccolo appartamento a Tokyo, dove vive con la sua famiglia. Hiromi è ignara della giornata che sta per iniziare. Andrà a Shibuya, dove incontrerà le sue amiche; ed è in quel quartiere che Love & Pop, adattamento cinematografico del racconto Topaz II (Ryū Murakami, 1996), troverà centralità.

Qualche informazione didascalica. Love & Pop è il primo lungometraggio non animato di Hideaki Anno (Gunbuster, Neon Genesis Evangelion, Shin Godzilla). Uscito nel 1998, rappresenta un tassello fondamentale nel percorso di crescita personale del regista giapponese e, allo stesso tempo, ne conferma il marchio di fabbrica. Infatti, partendo dal cosiddetto enjo-kōsai, un fenomeno sociale nipponico della seconda metà degli anni Novanta, Anno è capace di intrecciarsi continuamente con un discorso orizzontale cucito sin dall’inizio della sua carriera e imperniato attorno ai temi dell’incomunicabilità, dell’escapismo e dell’esistenzialismo, al cospetto di crisi individuali e collettive.

Hideaki Anno (al centro). Da sinistra verso destra: Kirari Toyomoto, Yukie Nakama, Asumi Miwa, Hirono Kudo.

Ma andiamo con ordine e torniamo all’enjo-kōsai. Lasciando perdere il manierismo definitorio, parliamo sostanzialmente di prostituzione minorile, praticata spesso da studentesse per poter acquistare beni di consumo e concedersi sfizi vari. Il contesto, ancora una volta, è importante. Siamo nel 1997, in pieno “decennio perduto”: a causa di una profonda contrazione economica, il Giappone ha subito delle grosse ripercussioni sul piano sociale, generando un’umanità crepuscolare e decadente. L’opera – nel termine più vasto possibile – di Hideaki Anno si rivolge proprio all’analisi delle ricadute emotive del periodo sulle fasce più sensibili della popolazione (adolescenti e giovani adulti), a cui lui forse sentiva di appartenere. 

Probabilmente Anno all’epoca non poteva sapere che il senso di instabilità e distacco si sarebbe acutizzato e di lì a poco esploso nell’intero Occidente, rendendo il suo linguaggio universale e apprezzato, quale manifesto non solo di una fascia anagrafica specifica – che arrivava fino agli allora trentenni giapponesi – ma di una generalità di persone. In effetti, la capacità del racconto di Anno di comunicare agli ultimi e di descriverne con minuziosità sensazioni e sentimenti lo rende un autore fondamentale; e Love & Pop si innesta perfettamente nel solco della sua produzione.

Love & Pop tra forma e sostanza

Torniamo alle vicende della nostra Hiromi. Per raccontarle, Hideaki Anno sceglie di impostare il racconto per immagini in maniera particolare: l’intero film è ripreso con delle telecamere digitali portatili, che danno a tratti l’impressione di una falsa amatorialità, sentendosi quasi vicini a un mockumentary nelle fasi più strettamente dialogiche della pellicola. Lo spettatore non si pone come elemento neutro e distaccato ma, nelle intenzioni del regista, sembra quasi un personaggio centrale e fisicamente presente nello svolgimento dei fatti, il cui punto di vista spesso viene sovrapposto a quello di Hiromi, soprattutto nei momenti chiave.

Un esempio è quello della violenza sfiorata nell’Hotel, vero climax di Love & Pop. Qui gli accadimenti vengono proposti in prima persona, facendo combaciare la prospettiva di Hiromi con quella dello spettatore, e dunque rivolgendosi direttamente a quest’ultimo, che si suppone possa essere invischiato in un’equivalente spirale degradante. In altri casi, Anno lavora invece sull’aspect ratio, variandolo a seconda delle esigenze comunicative, passando dal 4:3 al widescreen nei momenti più squisitamente riflessivi del film; o, ancora, utilizza il grandangolo e posizioni particolari della macchina per le sottolineature del caso.

1. Tokyo viene presentata come immersa nel deprimente e grigio cemento armato.

Tutta questa forma è messa al servizio di una sostanza che si potrebbe definire quasi neorealistica. L’enjo-kōsai trova come cuore pulsante il quartiere di Shibuya, uno dei più rappresentativi della capitale giapponese. Questa volta, l’occhio cinematografico ce lo restituisce non come un centro dinamico e culturale di un paese moderno, ma come un susseguirsi continuo di grigiore del cemento, apatia, spazi senza identità. Azzardando un paragone forte, queste anime perse che vagano in un centro commerciale alla ricerca di un senso perduto in un anello o in un costume da bagno ricordano vagamente i loro corrispettivi tedeschi di “Noi, ragazzi dello zoo di Berlino”, con l’oggetto che ha funzione di distogliere dal malessere sociale, riempiendo di significato ciò che in quel momento non ne ha.

In effetti, Love & Pop è un film sulle pulsioni. Ciò che spinge Hiromi verso l’anello è il desiderio di colmare istantaneamente una mancanza di prospettiva a lungo termine, dandosi un obiettivo alla portata per gestire la difficoltà del passaggio del tempo. Hiromi è l’anello; tutto quello che serve per colmare la distanza è solo un gesto di concessione, che in effetti lei elabora nel corso di un’unica giornata. 

2. La prospettiva è quella dell’anello, realizzata con il fish-eye.

Dicevamo poco sopra della spirale. Organizzata la struttura del film come un girone dantesco, in cui ci si immerge sempre di più nell’oscurità, gli incontri di Hiromi saranno simbolicamente sette. Iniziano in una cabina telefonica, con la giovane che prende appuntamento senza però rispettarlo; continuano in un ristorante, in un’abitazione privata, al karaoke, in videoteca, in un love motel e, infine, in una caffetteria. Passo dopo passo, la ragazza riduce le proprie resistenze, passando dal non presentarsi all’offrire sesso a pagamento. E non è un caso che, a chiudere il cerchio, ci sia la restituzione del telefono cellulare – vero e proprio strumento di perdizione – allo stesso uomo cui era stata negata la presenza fisica inizialmente. Il primo della lista, in un misto di casualità e metafore.

Grande importanza rivestono i tre incontri centrali, in cui è il cibo a essere posto in risalto. Anche in questo caso, c’è una discesa: ci si muove da un pranzo offerto in un ristorante a uno cucinato in casa, fino al karaoke come esperienza di gruppo, momento in cui le studentesse lasciano all’uomo un chicco d’uva masticato; non solo quindi prendono, ma danno, con la frutta schiacciata che assurge al ruolo di gusto dell’altro. L’ambiente diventa sempre più privato e viene evidenziato il collegamento tra la sessualità e il mangiare, entrambi come atti del corpo e bisogni primari. E si torna quindi alla pulsione, e alla condivisione della pulsione come atto intimo. La sacralità violata del pasto non è che l’anticamera della prostituzione.

3-4. La condivisione del cibo mima la sfera sessuale.

La regia di Anno rende visivamente questo paradigma attraverso la ripresa dei dettagli fisici durante i pasti, concentrandosi sulle gambe o le calze di Hiromi e compagne. Sono sotto lo stesso tavolo dei loro clienti, vicini, in posizioni rilassate e in una tensione costante alla soddisfazione del bisogno altrui, dipinte plasticamente attraverso inquadrature pruriginose.

Di affinità e divergenze tra Love & Pop ed Evangelion

[DISCLAIMER: SONO PRESENTI SPOILER DI NGE E REBUILD]

Il primo elemento simbolico che lega Love & Pop ed Evangelion è rappresentato sicuramente dall’immagine del treno, presente in diverse fasi del film. Il padre di Hiromi è intento a costruire un plastico sin dal primo momento della giornata, riversando tutte le attenzioni su quest’attività tanto da non rispondere alla chiamata della figlia; Hiromi incontra il suo ultimo cliente presso un cavalcavia di una stazione ferroviaria, un altro nel sottopassaggio della metropolitana; il film accoglie dei momenti metanarrativi in cui un carrello viene fatto correre nel set cinematografico spoglio, passando tra le gambe delle ragazze e rassomigliando quindi a una locomotiva sui binari. In Evangelion, i momenti maggiormente introspettivi sono spesso visualizzati all’interno di un vagone, in cui l’io del presente si scontra, visivamente, con i conflitti passati, propri e altrui.

Binari e treni vengono immediatamente identificati nel tema del viaggio. Al contrario del trasporto aereo, navale o su strada, quello su rotaia manca però di arbitrio: può andare su e giù, ma muovendosi in un percorso già individuato. Quindi, è predeterminato e comune: tutti ci muoviamo verso certe mete, ma spesso non riusciamo a condividerci durante il percorso.

Insomma, è una metafora della vita e dell’incomunicabilità di chi si muove attraverso essa. Alla luce di ciò, la figura paterna di Hiromi appare concentrata su un simulacro personale di esistenza (il plastico, appunto), totalmente distaccato e insensibile al momento di crescita della figlia. L’incontro tra cliente e prostituta avviene fuori dai binari, in entrambi i casi. Il carrello che si muove tra le gambe delle ragazze non è altro che la restituzione iconografica della vita che perde di significato, sfuggendo dalla disponibilità personale (e diventando quindi finzione).

5. Il papà di Hiromi costruisce un plastico, Shinji aspetta alla stazione ferroviaria.

In un certo senso, il fatto che la conclusione di Evangelion 3.0+1.0 abbia luogo in una stazione ferroviaria, alla luce della presenza di questo tema in una parte consistente della filmografia di Anno, può avere un significato che va oltre quello della rinuncia all’escapismo, e all’ossessione degli appassionati verso Evangelion stesso. È un riappropriarsi della propria vita, fuori anche dai binari che l’autore aveva previsto per il suo spettatore, che quindi torna a guadagnare interezza dopo un percorso condiviso. Shinji non prende il treno, ma lascia la stazione.

Un altro elemento ricorsivo tra Evangelion e Love & Pop è rappresentato dalle mani. Le mani come strumento di connessione per eccellenza, prima parte del corpo altrui che si conosce. Mani sporche di sangue, mani che si toccano, mani che feriscono. A Hiromi non piacciono le proprie mani, e spende parte dei soldi guadagnati con la prostituzione per una manicure. Per presentarsi meglio agli altri. E, in entrambe le opere, sono feticcio sessuale.

6. Binari e finzioni.

La famosa scena di End of Evangelion (1997) in cui Shinji si masturba davanti a una comatosa Asuka è rielaborata in Love & Pop l’anno successivo. Sebbene dal punto di vista visivo le due sequenze siano gemelle, la chiave di lettura è invece opposta: in Love & Pop, Hiromi è forzata all’erotismo dell’altro, in End of Evangelion Shinji compie autoerotismo sull’altro. L’immagine delle mani inondate di liquido seminale ha un valore quindi speculare, quello di violenza subita e violenza prodotta. In questo modo, Hideaki Anno chiude un cerchio che va oltre i concetti espressi nelle singole pellicole.

L’ultimo aspetto di convergenza tra Love & Pop ed Evangelion è sicuramente quello relativo alla scarsa reattività della famiglia e del ruolo dei genitori nell’assorbire le nevrosi dettate dal cambiamento della società intorno al nucleo della stessa. I ragazzi, ovviamente, sono molto più sensibili alla percezione del mutamento delle cose; e, in questo senso, l’immobilismo di tali figure, quelle di riferimento per eccellenza, risulta in un’incomunicabilità di fatto tra le generazioni.

Più che identificarlo nel rapporto tra Shinji e Gendo, che non hanno reali momenti di condivisione degli spazi abitativi, in Evangelion questa dimensione è realizzata dalla relazione tra Misato e il pilota dell’EVA-01. 

7. Violenti, seminali, parallelismi.

Misato è una distorsione della madre, inadatta a difendere il proprio bambino perché bloccata in una dimensione egoriferita e determinata dal rapporto disfunzionale con il padre. E quindi gli usa violenza e arriva – secondo l’interpretazione freudiana di alcuni – addirittura a offrirgli sesso per confortarlo: gli unici modi educativi e comunicativi che conosce.

In Love & Pop questo conflitto è plasticamente descritto dalla staticità della casa: Hiromi, tornando al suo appartamento, trova i suoi coinquilini intenti a svolgere le medesime attività del mattino. Compresa la sorella, che sembra non aver cambiato nemmeno posizione.
E dunque non le resta altro che rifugiarsi nella sua stanza, venendo a patti con la giornata appena vissuta.

Rapporti di genere, rapporti di forza

Tu credi che a nessuno importi se sei nuda. Giusto? Sbagliato! Qualcuno sta male di brutto mentre tu sei nuda per qualcun altro.

Captain EO a Hiromi, al Love Hotel.

Love & Pop ha anche il merito di aprire uno squarcio sulla posizione della donna nella società, offrendo spunti che vanno oltre il perimetro giapponese. Hideaki Anno, da sempre poeta del decennio perduto nipponico, si concentra volutamente sul tema della prostituzione femminile minorile per abbozzare un disegno più ampio; come in ogni crisi economica e sociale della modernità, a pagare uno scotto maggiore è la popolazione femminile. Pertanto l’impatto di una depressione finanziaria è tanto più alto quanto più degrada la condizione delle giovani, vera cartina tornasole.

La raffigurazione degli uomini in Love & Pop è grottesca e caricaturale: vengono dipinti attraverso dei canoni tipici dei personaggi anime, rendendoli stilizzati anche nella gestualità. Abbiamo quindi dei kamidere, uomini d’affari che si sentono nella posizione di elargire consigli a delle studentesse “dell’età della propria figlia” dopo averle pagate per un pranzo; degli yandere, come Captain EO (Tadanobu Asano) che nasconde una vena violenta sotto un’apparente calma e fragilità.

8. Anno utilizza la prima persona nella scena clou al Love Hotel.

Al contrario, l’universo femminile appare complesso e multiforme, con un’apparente nota di nostalgia (l’uso della macchina fotografica di Hiromi per immortalare il passaggio del tempo e cristallizzarlo ne è l’esempio); ma, soprattutto, completamente asservito agli insegnamenti dell’altro sesso. Anche quello di Captain EO con cui si apre questo paragrafo, d’altronde, risulta fortemente legato a una dimensione maschilista e oggettivante delle donne, che non sarebbero libere di determinarsi – a margine di ogni riflessione sulla pratica stessa – perché esiste qualcun altro che ne soffrirebbe. E così rimarrebbero bloccate nella non invidiabile condizione di essere sia l’oggetto del desiderio e della perversione che di subire lo stigma sociale nel caso decidessero di assecondarlo per motivi futili. 

Insomma, quella di Hideaki Anno è un’analisi potente che lascia spazio a tante riflessioni esistenzialiste; riflessioni sul rapporto tra la ricerca della propria identità e le eterodirezioni che vengono subite a seconda della congiuntura economica e delle pressioni di genere. 

9. Solitudini e disperazioni femminili.

Love & Pop, sulla scia di Tokyo Decadence, rimane quindi un contributo interessante e universale, perfettamente inseribile tra le maggiori opere del papà di Evangelion; ma, anche e soprattutto, uno spaccato delle miserie umane.

AAS


Se volete saperne di più sul fenomeno dell’enjokōsai e di come sia stato trattato nella cinematografia giapponese, consigliamo quest’ottima carrellata di vari titoli.


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