Alfredo Savy
Più attaccato alla poltrona di Casini, scrive principalmente di videogiochi mentre fa finta di dirigere questa catapecchia. Trovate i suoi contributi qui.
Edmund Burke would play Elden Ring
The Sublime and aesthetic criticism, for its inherent ability to combine ludological and narratological aspects, turns out to be an interpretative synthesis of Elden Ring and Disco Elysium. And not only: of the whole video-game, as language and art form.
Ciao, di nuovo
Talvolta, prendendo la metropolitana. Anzi no. Ricominciamo, ché sono arrugginito.
Robert Nozick avrebbe giocato a Starfield
C’è un nonsoché di intrinsecamente libero nello spazio – per sua stessa natura res nullius, frontiera, dimensione troppo grande per essere assoggettata alle leggi che generalmente regolano l’acquisizione dei beni nell’attualità umana. Un luogo che non può essere raccontato attraverso la pietra angolare di ogni grande teoria liberale, cioè la proprietà privata, perché incapace di essere da essa contenuto a livello concettuale.
Edmund Burke avrebbe giocato a Elden Ring
“Salisbury Cathedral from the Meadows” è un quadro del 1831 di John Constable, meraviglioso paesaggista inglese. La scena che si presenta agli occhi del moderno visitatore del Tate Britain, uno dei più grandi musei di Londra, è di controversa ricezione: se da un lato non è replicabile nell’uggiosa modernità di cui tutti – chi più e chi meno – siamo quotidiani spettatori, dall’altro è capace di evocare nel piccolo uomo una sensazione di impotenza che forse ha già avvertito in passato e che, confrontandosi con altri piccoli uomini, capirà essere addirittura comune
Dieci anni di Hotline Miami
Raccontare oggi Hotline Miami è compito arduo. Del lavoro di Dennaton Games esistono, infatti, innumerevoli letture, susseguitesi nel corso degli anni, e ciò rende nondimeno complesso sia aggiungere qualcosa al discorso che evitare di sporcare irrimediabilmente il foglio, nel tentativo maldestro di innovare il dibattito intorno a questo straordinario videogioco.
Cosa ci rimane di Horizon Forbidden West
Cinque anni: questo è il tempo trascorso tra i due Horizon, Forbidden West e Zero Dawn. Di acqua ne è passata sotto i ponti – compreso il lancio di una nuova generazione di console – e soprattutto è cambiato chi concorreva, nella finestra di uscita, proprio con il lavoro di Guerrilla.
L’amore ci farà a pezzi: da Solanin a Florence, sola andata
Che poi, alle volte, è veramente solo questione di lampi notturni. Di quelle immagini che ti prendono, e non ti lasciano; o almeno non lo fanno per tutto il tempo che si dovrebbe dedicare al sonno. Il problema è il giorno dopo, quando le idee si schiariscono: ciò che era presente alla mente, quel collegamento così palese, non c’è più.
Di regole, meccaniche e agenzie investigative a Singapore
Uno dei temi più caldi della conversazione videoludica contemporanea, che coinvolge nelle sue premesse anche “Chinatown Detective Agency” (General Interactive co., 2022), riguarda la ripetitività di certi schemi, tanto frequenti da diventare immediatamente riconoscibili ai fruitori.
Ci siamo dimenticati troppo presto di Deathloop
La religione dell’istante è un problema della modernità. E pure piuttosto serio.
Ormai almeno una volta al mese fagocitiamo un videogioco, un libro, una serie, un fumetto, un film che viene trattato a destra e a manca come se fosse l’opera definitiva, quella che può avere un lascito fondamentale sia all’interno delle rispettive industrie che nell’immaginario collettivo.
The Batman: un nuovo pipistrello, per una nuova epoca
Batman (senza The), quello del 1989 con Michael Keaton diretto da Tim Burton, inizia con una scena iconica, un inganno: allo spettatore viene mostrata una famigliola in pericolo che sta per essere derubata e uccisa. Ovviamente la mente va subito all’omicidio di Martha e Thomas Wayne, e tutti sono convinti che stiano venendo rivelate proprio le origini del supereroe.
Amare, ancora, Mass Effect 2
Lo sguardo di Shepard è rivolto allo spazio profondo. Cerca di raggiungerlo aguzzando la vista, ma è inutile; sono separati dai freddi vetri della Normandy SR2, ancora abbellita dall’araldica del gruppo sovranista umano Cerberus. E da svariate tonnellate di buio, che si esprime – non senza umorismo – attraverso una distanza calcolata in anni luce.
Racconti dal loop videoludico
L’eccidio di cicogne perpetrato da Filippo Fontana (Antonio Albanese) in È già ieri (Manfredonia, 2004), è figlio di una crisi che va avanti da un po’. Filippo rivive sempre la stessa giornata, un caldo 13 Agosto; e non potrebbe essere altrimenti, visto che parliamo del remake tricolore di Ricomincio da capo (Groundhog Day, Ramis, 1993), film per eccellenza sul loop temporale.
Unpacking non è solo la storia di una vita
Gli oggetti che un individuo ha scelto di esporre, conservare, utilizzare, dicono molto sul suo carattere, sul suo passato e sul suo presente. Le foto di famiglia, i libri sulle mensole, persino la disposizione degli effetti personali nel bagno ci raccontano qualcosa.
INSIDE, tra sogno lucido e sogno ludico
Il bambino ruzzola dalla montagna sulla sinistra, e il videogiocatore si ritrova improvvisamente nell’incubo. Immediatamente, dall’altra parte dello schermo, viene percepita la sensazione di minaccia, la necessità di correre verso destra.
Oltre Evangelion c’è Love & Pop
L’anno è il 1997, il giorno il 19 luglio, un placido sabato d’estate. La giovanissima studentessa Hiromi Yoshii (Asumi Miwa) si sveglia in un piccolo appartamento a Tokyo, dove vive con la sua famiglia. Hiromi è ignara della giornata che sta per iniziare. Andrà a Shibuya, dove incontrerà le sue amiche; ed è in quel quartiere che Love & Pop, adattamento cinematografico del racconto Topaz II (Ryū Murakami, 1996), troverà centralità.
Amare, ancora, The Witcher 2
Analizzare The Witcher 2 dopo un decennio dall’uscita è un compito arduo. La principale ragione di tale difficoltà è la presenza di un successore tanto acclamato da pubblico e critica da averlo oscurato, relegandolo spesso al ruolo di “fratello di mezzo” tra il primo capitolo, che ha avviato la leggenda videoludica di Geralt e soci, e il famoso terzo.
Frostpunk trasforma il Videogiocatore nel Leviatano
Nel 2018 lo sviluppatore polacco indie 11 bit studios ha dato alla luce Frostpunk, un videogioco gestionale post-apocalittico che parte da una premessa semplice: dopo un importante evento climatico, la Terra è ormai quasi completamente ghiacciata e ci si aspetta che possa andare sempre peggio.
Il decostruzionismo supereroistico inizia e finisce con Miracleman
Non ce la fa.
L’angoscia cresce nel lettore, scandita dal tempo di un tamburo in un rito tribale. Gli stessi che poi risuoneranno più tardi durante la corsa disperata di Evelyn Cream.
Non ce la fa.