NORCO: un “petroleum blues” tra psicogeografia e letteratura
Con sempre maggiore frequenza giornalisti, creator e critici tendono a comparare con troppa facilità e immediatezza i videogiochi che analizzano. Se questo atteggiamento da un lato è comprensibile, data la mole di contenuti che esce periodicamente, si rischia però di fare un torto a quei titoli che solo in apparenza e a uno sguardo superficiale paiono riprendere esperienze simili.
NORCO ne è il classico esempio. Subito paragonato a Disco Elysium e a Kentuky Route Zero, è stato solo scalfito da quell’approfondimento critico che, da opera unica nel suo genere, meriterebbe. Come Elden Ring ha rivisitato il romanticismo e portato il Sublime nel medium, NORCO incorpora con estrema naturalezza generi letterari ben codificati riuscendo a rielaborarli come nuova fonte di ispirazione. Non solo raccontando una storia di grande attualità politica attraverso un percorso di crescita sia umana che di consapevolezza, ma anche seguendo una tendenza di graduale distacco dal cinema come linguaggio, che per troppo tempo ha condizionato in modo esclusivo il videogioco.
“Creative Energy: The Rhythm of Louisiana” – Shell Oil Company
There was no such thing as silence. The noise never went away. The refinery exhaled an endless sigh.
Per capire NORCO bisogna prima di tutto conoscere Norco, Louisiana. Si tratta di una comunità suburbana sorta ai confini della New Orleans Refining Company e da cui prende il nome. I suoi abitanti sono operai della Shell, proprietaria della raffineria che si estende per chilometri, lavoratori dell’indotto ma soprattutto “Fenceline peoples” cioè persone che vivono nei pressi di pericolosi complessi industriali per indigenza e che vengono in qualche modo sfruttati per mantenere bassi i costi dei terreni, permettendo così alle aziende stesse di avere delle opzioni di acquisto soddisfacenti qualora avessero bisogno di espandersi1.
Aree di questo tipo sono come Stati all’interno di Stati dove i servizi, compresi quelli di sicurezza, sono spesso forniti esclusivamente dalle multinazionali di riferimento.
In questo contesto nasce Yuts, lead e game designer del gioco. Originario proprio di Norco, dopo un periodo di attivismo legato a un movimento di giustizia abitativa post uragano Katrina si laurea in “Urban and regional planning”, con una tesi sul sistema di “città petrolifere” parallele sorte in Louisiana. Comincia a lavorare per il G.I.S di New Orleans, un dipartimento dedicato alla ricerca storico-geografica atto a tracciare i cambiamenti territoriali in seguito all’antropizzazione e contestualmente forma un collettivo artistico, Geography Of Robots, per utilizzare questi dati in varie installazioni.
Presto Yuts si rende conto che il materiale prodotto non lo soddisfa, lo considera didascalico, ma sente l’esigenza di condividere l’incredibile ecosistema in cui vive2 e decide di usare il videogioco per porre questa domanda: cosa significa amare un territorio che sta pianificando la propria distruzione?
Refinery Eyes
You thought the ghosts of the lowlands wouldn’t find you hiding along the road.
In un 2017 distopico, Kay torna a Norco dopo aver scoperto la morte della madre Catherine, deceduta per colpa di un tumore legato con altissima probabilità al forte inquinamento della zona3. Ha girato gli Stati Uniti per trovare se stessa, periodo descritto in poche ma talmente incisive righe da valere tomi di world building (che non a caso ricordano le prime battute di “1997: Escape From New York”, battute che hanno ispirato William Gibson, uno degli autori preferiti di Yuts, nella sua visione autoriale).
Suo fratello Blake, unico familiare rimastole essendo orfana anche del padre Blue perché scomparso in un’esplosione avvenuta alla Raffineria nel 19884, è introvabile. Comincia così, con una classica e pretestuosa ricerca, un carosello di personaggi e situazioni talmente irrazionali dall’essere reali, o almeno reali come lo sono nei ricordi degli sviluppatori. È lodevole come ogni tematica trovi riscontro in ognuno di essi, riuscendo a contestualizzare una storia sì fantastica ma dolorosamente “normale”.
Il 2017 di NORCO ha poche differenze con il nostro, con degli elementi Cyberpunk che rendono finalmente giustizia non solo al genere ma al movimento, cioè una convivenza forzata tra uomo e tecnologia vecchia e nuova da parte di chi non se la può permettere ma che non può farne a meno, e non dalla quantità di led messi a schermo.
L’esempio più calzante è Million5, ex androide di sicurezza della Shield Company (l’equivalente Shell di questo mondo), ospitata e tenuta al sicuro da Catherine qualche anno prima e intenta a riparare un pickup degli anni novanta. O i richiami alla gig economy, alla bolla delle crypto e al riversamento di coscienze umane come costrutti per intelligenze artificiali, funestate però da una serie di pop-up pubblicitari e da funzionalità limitate a seconda del piano di abbonamento pre morte sottoscritto.
Forte anche l’accostamento a Jaques Derrida, per il quale
l’insegna suprema del potere è il potere di vedere senza essere visti.
Jaques Derrida, “Spectres de Marx”, 1993; trad. it. di G. Chiurazzi, “Spettri di Marx”, Cortina, Milano 1994
e nello Stato tecno-capitalista Shield si vive alla mercé di forze invisibili al di fuori del proprio controllo, non solo umane.
Southern Gothic
You wonder if such memories hide behind her constellation of eyes.
Oltre a queste contaminazioni e per rimarcare la propria appartenenza a uno specifico territorio, Geography Of Robots decide di utilizzare gli stilemi della letteratura “Southern Gothic” per raccontare la mitologia nascosta tra le nebbie dei bayou. Questo genere letterario ha origini importanti, riconducibili a William Faulkner e ai suoi scritti ambientati nella fantastica Contea di Yoknapatawpha ed è molto affine al realismo magico sudamericano.
Si tratta di lavori che hanno una forte caratterizzazione legata agli ambienti che poi si risolvono con interventi spesso mitici o fantastici, nel caso specifico con l’Hodoo ovvero una religione sincretica che unisce Cristianesimo, Islamismo e Animismo africano con lo spiritualismo autoctono.
Catabasi
Se la ricerca di Kay è un pretesto per rivivere la propria infanzia e cristallizzare nel tempo personaggi e situazioni care a Yuts, così come si era prefissato con l’inizio del progetto GoR, la sua risoluzione lo porta inevitabilmente a scavare nel presente della comunità e a porsi domande su capitalismo e ambientalismo.
Ispiratosi già ai tempi della tesi all’ecologista marxista Mike Davis, il giudizio espresso è molto vicino a quello del suo mentore e ripetuto in varie forme durante tutta l’esperienza di gioco. Nel 1992 in “City of Quartz”, due anni prima le rivolte di Los Angeles per Rodney King e anticipando di decenni le banlieue parigine, Davis descrive come le città e più in generale i siti economicamente rilevanti non siano altro che prigioni post-liberali, con piani di urbanizzazione controllati da pochi per i pochi (come già visto nei richiami a Derrida).
In una delle sue ultime interviste si esprimeva così:
I’m a wild, extreme leftist, but to me it’s clear that global capitalism can no longer guarantee the survival of the human race, in three ways, […] It can’t generate jobs. It cannot guarantee the public health of the world. And it cannot decarbonize the economy or transfer the resources to adapt the countries that bear the brunt of greenhouse gases. […] This seems an age of catastrophe, but it’s also an age equipped, in an abstract sense, with all the tools it needs. Utopia is available to us. If, like me, you lived through the civil-rights movement, the antiwar movement, you can never discard hope. I’ve seen social miracles in my life, ones that have stunned me—the courageousness of ordinary people in a struggle. Eleven years ago, Bill Moyers brought me on his show and presented me as the last socialist in America. Now there are millions of young people who prefer socialism to capitalism.
Dana Goodyear, “Mike Davis in the Age of Catastrophe“, The New Yorker, 24 Aprile 2020
Per questo motivo una storia famigliare si trasforma in una storia di ribellione a un “sistema-ambiente” da troppo tempo controllato da colletti bianchi che sono loro stessi vittime di un meccanismo collassato, con individui che praticano atti sovversivi e sabotaggi considerati quasi etici come unica risposta a un’alienazione che ha portato al disfacimento di ogni rapporto umano per colpa del capitale e della “white supremacy”.
This algorithm is the poetry of capital: we require semiotic weapons.
Con una maturità inusuale, Yuts non si limita però solo a questo, ma analizza anche la posizione anarco-nichilista che hanno molti degli abitanti di Norco. Paragonandoli ai sopravvissuti all’olocausto pone ai suoi personaggi la proverbiale domanda: ”Perché vi siete fatti condurre al massacro senza ribellarvi?”. E per caratterizzazione non sarebbe strano sentire Le Blanc, un investigatore privato con la passione per la clownerie che aiuta la protagonista e che per la natura della sua professione conosce benissimo tutto l’ethos del territorio, rispondere come Sopinsky nel suo “Blessed is The Flame”:
Sebbene abbiamo ereditato molte idee su come affrontare il dominio, sappiamo che nulla è scolpito nella pietra. Dagli strumenti e dalle ossa frantumate dei nostri predecessori, creiamo le nostre armi. Niente è garantito per funzionare, eppure attacchiamo a prescindere. Lo facciamo nudi, dopo aver gettato gli stracci della morale, dell’ideologia e della politica che si erano accumulati nel tempo. Affrontiamo questo mondo crudo, in tutta la sua orribile gloria. Neghiamo ogni verità e regola e procediamo con spirito di sperimentazione incendiaria. Sogniamo in grande, ci aspettiamo poco e celebriamo ogni momento di rottura. Cogliamo ogni opportunità per garantire che chi è al potere perda il sonno e che i suoi funzionari abbiano lavori miserabili. Dedichiamo le nostre vite a strappare i gerani che fiancheggiano i sentieri del campo di sterminio, a pisciare negli ingranaggi dei macchinari della società, e quando tutto il resto fallirà, seguiremo le orme di coloro che hanno trascorso i loro ultimi minuti nelle camere a gas cantando e scopando.
Che il godimento sia la fiamma benedetta che ci guida nel vuoto.
Sopinski, “Blessed Is the Flame: An Introduction to Concentration Camp Resistance and Anarcho Nihilism”, Public Domain Mark 1.0, citazione tradotta dal redattore
Anabasi
[DISCLAIMER: da qui in poi ci saranno alcuni SPOILER sul finale]
Dopo essere quindi sceso nuovamente all’inferno, Yuts è pronto a risalire grazie all’Hoodoo, al mistico e nello specifico grazie a un Ophanim, una ruota celeste o angelica che in alcuni libri dei Profeti trasportano il carro di Dio.
Sarà proprio l’apparente connessione con questa entità, forse dovuta all’essere dirette discendenti di Gesù Cristo, a spingere Catherine prima e Kay dopo a una scelta, ovvero se abbandonare questo piano terreno ascendendo tramite un razzo [sic] o continuare una (r)esistenza a oltranza. Le due donne però sono molto diverse, come a sottolineare un inevitabile distacco generazionale. Se Cat è mossa dal bisogno di lasciare un’eredità, Kay deve ancora capire chi è e abbandona NORCO, o ciò che ne resta, nella bruma mistica e sognante della palude.
You start toward the refinery that burns on the horizon.
Anche in questo caso ci sono molte citazioni legate all’infanzia dell’autore e a una scrittrice in particolare, Octavia E. Butler, che nel suo “Ciclo delle Parabole”6 racconta la storia di una ragazza che in seguito a un’apocalisse ambientale guida un gruppo di sopravvissuti dal sud degli Stati Uniti verso un futuro extraterrestre, mossa da una iper-empatia quasi messianica in pieno stile Southern Gothic.
NORCO è quindi tre storie in una: quella di un autore che volendo illustrare uno specifico momento del suo passato si rende conto che è impossibile, finendo invece per fotografare lo stato attuale delle cose. Quella di una comunità che è quasi inevitabilmente destinata a scomparire per colpa di poteri troppo radicati, poteri a loro volta giunti a una prossima decadenza. Ed è la storia di una famiglia perduta e ritrovata, che fa da collante politico in quanto sottolinea il riscatto attraverso la discendenza e le radici, così come fa la natura stessa del bayou tramite l’esistenza di forme di vita che si innestano su ciò che muta continuamente.
Luca 8, 17
Non c’è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce
Dal Vangelo di Luca, capitolo 8 versetto 17, C.E.I/Gerusalemme
La spiritualità contro un totalitario sistema economico disumanizzante, l’importanza di essere comunità. Questo è ciò che tiene insieme un gioco che, purtroppo, paga lo scotto di essere nato inizialmente come altro ed è, per quanto graziato da una bellissima pixel art, abbozzato e imperfetto in diverse sue parti. Però pochi prodotti di intrattenimento al giorno d’oggi offrono una così chiara visione politica: basti pensare al pur incensato Citizen Sleeper, che vorrebbe affrontare tematiche simili ma riesce appena a scalfirle, e tanto basta per renderlo degno di essere giocato e approfondito.
Sperando, in qualche forma, di ritrovare noi stessi.
EF
Si ringrazia Francesco Farina per la consulenza sull’Ophanim e per il contributo generale.
NOTE:
1 Rachel Massey, “Environmental Justice: Income, Race, and Health”, Tufts University Global Development and Environment Institute, 2014.
2 Marisa Clogher, “No Place Like Home a Q&A with Norco’s Yuts”, Antigravity, ottobre 2021.
3 “Enviromental Racism in Death Alley, Louisiana”, Forensic Architecture, 28 giugno 2021.
4 Qui il gioco fa un riferimento all’incidente avvenuto all’impianto nel 1988 “canonico”, incidente in cui persero la vita sette persone e al quale assistette lo stesso Yuts. “Inspection: 100478866 – Shell Oil Company”, United States Department Of Labor.
5 Come Molly Million, coprotagonista del racconto Johnny Mnemonic di William Gibson.
6 “Parable of the Sower”, Four Walls Eight Windows, 1993; “La parabola del seminatore”, trad. it. Anna Polo, Solaria 4, Fanucci Editore, 2000.
“Parable of the Talents”, Seven Stories Press, 1998;” La parabola dei talenti”, trad. it. Anna Polo, Solaria Collezione 4, Fanucci Editore, 2001.