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100 di questi articoli, Pop-Eye

Cucù.

Questo è un pezzo un po’ particolare rispetto a quelli che normalmente leggerete su Pop-Eye (o avete già letto). È dedicato a noi, ma anche a voi affezionati lettori di questo piccolo blog, un sito che cerca di migliorarsi giorno dopo giorno e che oggi ha raggiunto un grande traguardo: quello di aver pubblicato, silenziosamente e ordinatamente, cento articoli.

In realtà, come potete vedere, differisce anche nella forma. Sto scrivendo in prima persona, il che è un’eccezione visto che la nostra regola è di utilizzare la terza praticamente sempre, mantenendo un tono quanto più possibile formale e distaccato; però oggi no. Oggi si festeggia.

Cento prime volte di Pop-Eye, dicevo. In realtà, quando l’abbiamo aperto non pensavo di celebrare qualcosina. Era niente più che un gioco, qualcosa che ci piaceva avere sottomano e mediante il quale parlare liberamente delle cose che più ci aggradavano. All’inizio eravamo solo in tre: io, Mario e Federica. Poi si sono aggiunti nel corso del tempo Giacomo, Beatrice, Cristina, Vincenzo, Agostino, Simona, Anna, Erika, Francesco, Vito ed Eleonora. Qualcuno ci ha lasciato, qualcun altro è arrivato dopo, ma siamo comunque riusciti a mantenere un livello di scrittura che consideriamo soddisfacente, insieme a un buon ritmo di pubblicazione (sì okay, oste com’è il vino?).

In effetti, il punto di forza di Pop-Eye è nel fatto che spariamo nello spazio internettiano dei longform solo perché ci va di farlo. Nessuno di noi viene retribuito per ciò che scrive, gli stessi costi di esercizio del blog sono in negativo ma finché si potrà noi saremo qui, tirando fuori contributi che speriamo possano interessare il lettore. D’altronde noi abbiamo sempre guardato un po’ all’eredità di quel gran blog che era Prismo, non colmata a sufficienza da altri nel periodo posteriore alla sua scomparsa.

La nostra prima home. Non era storta. l’immagine di copertina scorreva.

Che poi questa è una parte del problema, volendo. In Italia, si legge poco e nulla, preferendo dei metodi più immediati per affrontare le discussioni, tra cui video e streaming. Per ragioni di tempo, Pop-Eye non è ancora attivo in prima persona su questi canali, e preferiamo appoggiarci ad amici che, come noi, lo fanno per piacere (chi sono? Basta dare un’occhiata alle nostre collaborazioni). Ma qualcosina potrebbe cambiare nel prossimo futuro – tempo di tutti permettendo – rielaborando i nostri contenuti come podcast da inserire sui vari servizi.
Potrebbe funzionare? Vedremo. 

Come dicevo poco più sopra, il cuore, il manifesto di Pop-Eye è sempre stato nel credere nella circolazione della cultura. L’inserimento di Pop nel nome non vuole richiamare Braccio di Ferro, ma identificarci come un collettivo di critica e analisi transmediale di fenomeni più o meno popolari. Non siamo degli elitisti, non lo saremo mai; crediamo che più interlocutori si abbiano meglio è per l’accrescimento di tutti, e che la solitudine conduca solo a rabbia e distacco, anche nelle passioni. Siamo a favore della condivisione e della comunicazione, e se talvolta la nostra lente d’ingrandimento è (o sarà) puntata verso un tema poco eviscerato non è per snobismo, ma perché crediamo nella necessità di renderlo conoscibile e di generare attorno ad esso un confronto.

A volte sbagliamo, siamo pretenziosi o troppo banali: sbaglieremo ancora. Abbiamo vissuto in questi quasi due anni momenti piacevoli e altri meno, come quando abbiamo deciso di rinnovare l’aspetto visivo del sito agganciandoci a una piattaforma moderna e quando ci hanno hackerato, lasciandoci credere per qualche ora che la nostra esperienza fosse conclusa.

E però non è stato così; e tra i momenti belli c’è sicuramente l’inaugurazione del forum Off-Popic, un simpatico gioco di parole rispetto al nome del blog. Anche qui, c’è una storia da raccontare, una storia che nasce dalla nostra impossibilità di accettare ulteriormente dei meccanismi distorti (in questo caso, il riferimento è alla console war) e di voler creare un angolo dove tutti potessero sentirsi liberi e tutelati. Al momento mi sento di dire che ci siamo riusciti, nonostante questo tipo di piattaforme siano state ampiamente superate dai social. Però noi siamo dei romantici, che ci volete fare? O forse il tifo da stadio ci ha davvero rotto le palle. Basta contenitori, parliamo di contenuti.

Tornando allo Statuto del blog, anche quello è romantico. Un collettivo, appunto: ci diamo un’organizzazione interna basata su un calendario e delle consegne precise, con delle revisioni dei contenuti pre-pubblicazione. A nessuno è imposto un argomento o una sezione, ma solo di aver qualcosa da dire. Ecco: se la si ha, Pop-Eye è il posto giusto, in un mare del web insozzato di news e spazzatura, con provocazioni, clickbait, mode del momento. A noi questa roba non piace, e sono sicuro che se sei arrivato a leggere fino a qui sarai d’accordo (o magari ti sarà venuta voglia addirittura di partecipare!).

Okay, divertente.

Diamine. Mi ero ripromesso di tagliare corto, ma sta venendo su un caffè molto lungo. Poi è semplice cadere nei ricordi, diventare patetici. Però ci sono davvero troppi momenti speciali: il mio esordio con Death Stranding, il gatto (alza gli occhi!) che serviva a coprire lo stato in lavorazione del sito nato da uno sticker di Telegram e riadattato per Cyberpunk, le conversazioni con Enzo sull’Arte, Beatrice che fa il botto con Pieces of a Woman e i seguenti complimenti, la sobrietà di Cristina conosciuta anni fa grazie a The Witcher Italia (che è stato un po’ l’antesignano di Pop-Eye), l’energia di Simona, i piani commerciali di Carlo, gli audio di Vito che poi sono dei podcast, la compostezza di Anna, la precisione di Agostino, i litigi con Giacomo su Red Dead Redemption 2, la straordinarietà di Federica e Mario nel tenere su la baracca che fosse per me sarebbe caduta da un pezzo, l’entusiasmo di Eleonora nell’unirsi alla nostra famiglia.
Pop-Eye mi ha dato un sacco, e credo l’abbia dato a ciascuno di noi.

E tutto ciò mi porta a capire che questo blog è bello ma fragile, che se lo trovate interessante non è mai troppo tardi per consigliarlo a qualcuno, che viviamo in un periodo delicato e ogni voce libera va incentivata. Ecco: se pensate che la nostra valga qualcosa (e io, senza falsa modestia, lo credo per ognuno che scrive su Pop-Eye), sapete cosa fare. 

Non c’è nulla di più importante della Cultura, e non c’è nulla di più bello che trasmettere una parte di noi attraverso ciò che ci piace, alle persone che ci piacciono. Da soli non siamo niente, è quando ci tocchiamo a vicenda che diventiamo qualcosa di più.

Brindo a noi, a voi. E ad altri 100 pezzi così, Pop-Eye.
Grazie per ieri, oggi e domani. Giuro che la prossima volta quell’articolo su Evangelion lo faccio.

AAS