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Frostpunk trasforma il Videogiocatore nel Leviatano

9 giugno 2021

Nella vita primitiva non vi è la presenza dell’arte; alcuna società costituita; e ciò che è peggio, la paura continua, il pericolo di una morte violenta; la vita dell’uomo è confinata nella solitudine, nella povertà, nella sporcizia, nella brutalità e infine la durata della vita è alquanto breve.

Thomas Hobbes, Leviatano, 1651.

Nel 2018 lo sviluppatore polacco indie 11 bit studios ha dato alla luce Frostpunk, un videogioco gestionale post-apocalittico che parte da una premessa semplice: dopo un importante evento climatico, la Terra è ormai quasi completamente ghiacciata e ci si aspetta che possa andare sempre peggio.

Ambientato in un’età vittoriana alternativa e caratterizzata da una forte dimensione steampunk, Frostpunk vede gli operosi uomini britannici di fine Ottocento affrontare il cataclisma nell’unico modo che conoscono: rimboccandosi le maniche. E così abbandonano le città, edificandone di nuove attorno a un generatore di calore; ciò condurrà alla nascita anche di New London, nuova casa per gli infreddoliti abitanti d’Albione.

La città deve sopravvivere?

Se la premessa di Frostpunk è lontana da un profilo di originalità – trattandosi di un ribaltamento  concettuale di Mad Max, tra i tanti – il modo in cui tale causa di giustificazione si riverbera nelle meccaniche di gameplay e codifica un determinato discorso è tutt’altro che banale.

Frostpunk è un videogioco politico. Ciò non sorprende, poiché 11 bit studios ha già dimostrato di sapersi districare in materie spinose con il precedente This War of Mine (2014), un ottimo survival sorprendentemente ispirato all’assedio di Sarajevo; in un certo senso, però, mentre quest’ultimo si poneva l’obiettivo di spingere il videogiocatore a riflettere delle atrocità nei confronti della popolazione civile perpetrate da un conflitto armato vicino nel tempo, il fine di Frostpunk è più stratificato. Da un lato, infatti, è un gioco dalla meravigliosa estetica che approccia le linee del fantastico e dell’ucronia più pura, insistendo su una chiave prettamente emozionale; dall’altro è un freddo trattato di scienza politica e filosofia del diritto, capace di cavalcare alcune tematiche che fondano la dicotomia Autorità – Libertà.

Videogiocatori e Leviatani, NPC e individui.

Andando in profondità, appare subito chiaro che l’escamotage narrativo – oltre a conferire un’innata dose di fascino da fine del mondo al videogioco – serva come piattaforma concettuale per restituire visivamente l’idea di stato di natura di matrice Hobbesiana (dall’opera di Thomas Hobbes, 1588-1679). Il territorio che si affaccia all’esterno di New London è infatti sconfinato e ferale, dominato unicamente dalla tempesta e dalla roulette biologica. 

Hobbes, Locke e Rousseau. Una comparazione sul contratto sociale.

In effetti, questa visione culturale in cui viene opposta la creazione di una società civile al caos del più forte, ribalta quella aristotelica dell’uomo come animale socievole. L’essere umano viene identificato, piuttosto, come una creatura dall’intrinseca conflittualità senza alternative che sottomettersi a un Sovrano, come moltitudine gommosa, al fine di invalidare le prevaricazioni individuali, dell’uomo sull’uomo. In tali circostanze non può far altro che emergere, maestoso, il mostro marino del Leviatano: un’autorità centralizzata e stabile, con il compito di strutturare un comando positivo sottraendo i destinatari da una condizione di perenne incertezza.
Insomma, è la nascita dello Stato.

In Frostpunk tale avvenimento, nella sua accezione più atomizzata, quella di città-stato, è simboleggiato visivamente dall’accensione del generatore. Il generatore è un fuoco prometeico attorno al quale si crea il pactum unionis, la prima fase di contrattualizzazione sociale. Gli NPC accettano di essere guidati dal Videogiocatore, emerso dal nulla proprio come il Leviatano di Hobbes e nei confronti del quale si sottomettono (pactum subiectionis), affidandogli il potere assoluto.

Non è un caso che il tutorial di Frostpunk presenti immediatamente al Capitano l’utilizzabilità del Codice, una raccolta di editti che modellano la società secondo gli obiettivi fissati di volta in volta. Dal lavoro minorile alla durata dei turni produttivi, la Legge è strumento di garanzia non in termini di appellabilità nei confronti di chi l’ha emanata ma di semplice certezza del diritto e della riconoscibilità autoritativa del redattore.

Una panoramica del Codice. In chiaro gli editti attivati dal giocatore.

La Legge diventa lo strumento del Leviatano-Videogiocatore; gli NPC-cittadini, ognuno con bisogni e compiti individuali, rappresentano invece una metafora del passaggio dalle società armoniche (oggi intese in termini di formazioni sociali dai sistemi costituzionali) all’individuo appropriativo. Una riedizione videoludica della modernità.

Alla base del contratto sociale di Frostpunk c’è la sopravvivenza. La comunità diviene tale perché desidera sopravvivere: solo in base all’incapacità gestionale del leader si potrebbe andare incontro a una forma di recedibilità, nella misura in cui sia Videogiocatore che NPC possono essere allontanati da New London.

Malcontenti e speranze.

I due indicatori che governano la partita e ne determinano l’eventuale game-over sono quelli del malcontento e della speranza. Solo apparentemente sovrapponibili, il malcontento riguarda l’insofferenza verso le politiche sociali ed economiche del Leviatano, mentre la speranza afferisce al considerare New London più vivibile del mondo che i coloni si sono lasciati alle spalle. Ci sono numerose interazioni tra le due grandezze e differenti modi in cui alcuni parametri possono variarle in meglio e in peggio: scarsezza di cibo, lontananza o spegnimento del generatore – e quindi mancanza di fonti di calore – condizioni lavorative e sanitarie. Al Leviatano è lasciata la possibilità di effettuare un fine tuning tra le necessità, individuali e collettive, degli NPC per stabilire dei punti di ottimo ed evitare il tracollo della città.

Ordine o Fede?

Ovviamente, il giocatore potrà costruire delle attività ludiche allo scopo di mitigare situazioni difficili. In questo caso, le parole di Etienne De La Boétie risultano quantomai attuali per descrivere le scelte di game design:

Ma l’astuzia dei tiranni nell’abbruttire i propri sudditi si dà a vedere nel modo più chiaro in quel che Ciro fece ai Lidi […] escogitò un grande espediente per assicurarsela: fece aprire bordelli, taverne e sale da gioco, emanando un’ordinanza che obbligava gli abitanti a frequentarli.

Etienne De La Boétie, Discorso sulla servitù volontaria, 1576.

L’elemento post-apocalittico di Frostpunk sembra quasi risolvere l’elemento ostativo che aveva caratterizzato la dottrina filosofica di La Boétie, incapace di scovare il perché degli uomini liberi decidano volontariamente di sottoporsi a un sovrano, in una elegante commistione di necessità narrative e richiami intellettuali. Questo modus operandi costituisce un elemento di distinzione rispetto ad altri gestionali di grande successo come – ad esempio – la serie Tropico.

Un po’ di fascismo…

Non solo. A circa metà dello scenario principale “A New Hope”, che funge come campagna vera e propria, Frostpunk introduce un bivio politico, con il Videogiocatore-Leviatano che viene chiamato a scegliere tra Ordine e Fede. Per risolvere una crisi interna, New London potrà diventare una distopia religiosa oppure paramilitare, optando per una gestione dell’ordine pubblico sacerdotale o affidata a una milizia direttamente dipendente dal Capitano. 

E così, giungendo alla fine dei rispettivi percorsi, il Capitano si trasformerà in un Fuhrer ante-litteram o nel supremo sacerdote della sua personale religione, adottando in ogni caso delle politiche potenzialmente repressive. In questo caso è abbastanza palese l’influsso che potrebbe aver avuto BioShock Infinite sullo sviluppatore polacco: soprattutto nella ramificazione teocratica, New London sembra quasi indossare i panni di Columbia, con una spruzzatina steampunk in più e Art Noveau in meno.

…e un’esecuzione teocratica.

Dopotutto il generatore, appunto simbolo del potere costituito, veste le insegne religiose o squadriste del Capitano a seconda della scelta fatta in principio o dell’andamento all’interno del percorso; una volta concluso, sarà possibile ottenere perfino un comodo patibolo su cui eseguire condanne capitali e diminuire il malcontento, mentre la speranza si trasformerà in obbedienza o devozione. Chiudendo definitivamente quel pactum subiectionis, che diventa ora sostanzialmente non recedibile.

Moralità e necessità.

Survival’s not fair. No, it’s shit. It’s fear, and it’s greed. Fate pushed through the bowels of men.

Dunkirk, di Cristopher Nolan (2017).

Sebbene le coordinate ideologiche di Frostpunk rimangano quelle appena descritte, è necessario specificare come una partita permetta di modulare notevolmente l’intervento del Leviatano nella società, giungendo addirittura a una struttura più simile al pactum societatis tipicamente ricondotto all’opera di John Locke (1632-1704), in cui il Capitano assume i compiti di un regolatore e non di un tiranno. O almeno di un buon tiranno.

In generale, Frostpunk mette in continuazione il Videogiocatore di fronte a scelte morali che permettono di interpretare un determinato ruolo nella conduzione della società, un ruolo che si muove da quello del malleabile sindaco a quello dell’inflessibile generalissimo. Si potrà decidere se accettare o meno un numero sempre più alto di rifugiati; se investire in protesi oppure in eutanasia; se automatizzare i processi produttivi o delegarli al fattore umano; se esplorare i dintorni o risparmiare forza lavoro, tenendo sempre a mente la scarsità delle risorse, la progressiva diminuzione della temperatura e dello spazio, l’inesorabile passaggio del tempo. Oltre alla difficoltà intrinseca alla gestione di una città sempre più grande e con bisogni diversi, s’intende.

Sopravvivere ha un costo.

Frostpunk è un gioco complesso, un gioco che non fa sconti. E che, alla fine, tra i tanti pensatori utilizzati per costruirne il complesso substrato culturale, pare inserire anche Nietzsche. In particolare 11 bit studios pare citarlo nel momento in cui, al termine di ogni partita portata a termine, tirerà le somme sull’operato del Leviatano e su quanto sia costato far sopravvivere la comunità e se ne sia valsa la pena.

Frostpunk è uno specchio. E ci ricorda – collegandosi spiritualmente alla citazione di Dunkirk in apertura di paragrafo – quale sia il prezzo della sopravvivenza.

AAS


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